FLAMINIA, VIA
. Come la via Appia era la principale via del Mezzogiorno, così la Flaminia era considerata come la grande arteria di comunicazione del Nord e dell'Est della penisola. Essa infatti attraversava territorî ricchi e popolosi come l'agro Falisco, l'Umbria, il Piceno, e quindi scendeva al litorale adriatico a Fano, proseguendo fino a Pesaro e Rimini.
Le principali stazioni sono così indicate dall'itinerario di Antonino, con le rispettive distanze da Roma: Villa Rostrata (Casale di Morolo) miglia 23; Ocriculum (Otricoli), m. 44; Narnia (Narni), m. 56; Interamna (Terni), m. 65; Spolitium (Spoleto), m. 83; Forum Flaminii (S. Giovanni Profiamma), m. 101; Helvillum (Sigillo), m. 128; Calle (Cagli) m. 151; Forum Sempronii (Fossombrone) m. 169; Fanum Fortunae (Fano) m. 185; Pisaurum (Pesaro) m. 193; Ariminum (Rimini) m. 217. Gli altri itinerari che ci sono conservati, cioè la Tabula Peutingeriana, l'itinerario Gerosolimitano e le celebri coppe votive di Vicarello, ci dànno presso a poco le stesse stazioni, ma la distanza varia da miglia 215 nei vasi di Vicarello a m. 223 nell'itinerario Gerosolimitano. Che questa ultima indicazione sia più corrispondente alla verità lo attesta un cippo miliare trovato nei pressi di Rimini che porta il n. 222. Tale differenza degl'itinerarî si spiega col fatto che in una certa epoca, forse dopo la distruzione di Carsulae, all'antico percorso per Bevagna e Foligno, un po' disagevole, fu preferito l'altro più lungo, ma più comodo, per Terni, Spoleto e Trebiae, fino al Forum Flaminii.
Il costruttore della via fu il censore Caio Flaminio, che l'iniziò nel 220 a. C. e l'ultimò nel 219, cioè poco prima della calata di Annibale in Italia. Non dobbiamo credere che i numerosi manufatti che si trovano lungo il percorso risalgano tutti a Caio Flaminio. Questi deve avere soltanto riuniti alcuni tratti di strade gia esistenti fra le principali città in un unico percorso, provvedendo alla selciatura nei punti più cedibili del terreno. Forse alle origini risale il taglio della rupe presso Narni, ove due falli abbinati, scolpiti nella roccia viva, come scongiuro, avvertono i viandanti del pericolo che li minaccia se non prestano attenzione al precipizio che è sul fianco verso il fiume; ma tutti i ponti ad arco, come anche il famoso tratto di viadotto, noto col nome di Muro del peccato, presso la stazione ferroviaria di Civita Castellana, sono opera più tarda, forse del tempo di Augusto, che restaurò a sue spese tutta la via (Suet., Aug., 30, 1). La via guadagnò in splendore ed ebbe opere colossali, come il citato Muro del peccato, lunga sostruzione attraverso una valle, per evitare il dislivello di essa, il famoso ponte di Narni, che è incerto se fosse a tre o quattro arcate, di cui le mediane raggiungevano l'altezza di circa trenta metri, altri ponti presso Otricoli, (pile di Augusto), Carsulae (Ponte Calamone e Ponte Cardaro) Calle e il famoso traforo detto Ad intercisa o Petra Pertusa (Passo del Furlo) tra i monti di Fabriano.
La via Flaminia usciva dalle mura serviane per la Porta Fontinalis, situata nella depressione fra l'arce capitolina e il Quirinale, e presso la quale sorgeva il sepolcro di Bibuln, ancora oggi conservato in parte a fianco del monumento a Vittorio Emanuele; quindi in linea retta traversava il Campo Marzio, rasentando le pendici del Pincio, usciva dalle mura di Aureliano per la porta omonima (oggi Porta del popolo) e quindi, sempre nella stessa direzione, passava il Tevere nella grande ansa che esso forma fra i colli dei Parioli e quelli di Tor di Quinto: il ponte Milvio, mirabile opera romana fondata cento anni circa avanti l'era volgare, serviva al passaggio del fiume per essa e per la via Cassia, che si biforcava subito dopo, proseguendo in direzione nord, mentre la Flaminia voltava ad est per riprendere poco dopo il suo percorso verso nord a fianco del Tevere. Nella località detta Prima Porta si staccava a destra la via Tiberina che costeggiava il Tevere passando per Procoio, Fiano e Ponzano, e si ricongiungeva alla Flaminia a sud di Otricoli. Sulla collina che domina il Tevere si vedono ancora gli avanzi della villa ad Gallinas albas che fu già di Livia, moglie di Augusto: in essa desta particolare ammirazione una stanza adorna con pitture di giardini, di raro pregio artistico. Nella località adiacente verso Roma, detta ad Saxa rubra, avvenne la celebre battaglia fra Costantino e Massenzio (312).
Il tracciato della via è chiaramente indicato dagli antichi sepolcri, tra cui quello dei Nasoni presso Grotta Rossa, ed altri anonimi, lungo quasi tutto il percorso. Al XII miglio si trova l'arco quadrifronte, oggi trasformato in casale di Malborghetto, eretto da Costantino in ricordo della sua vittoria; un altro bell'arco è ancora in piedi fra le rovine di Carsulae e celebri sono i due di Fano e di Rimini. Rovine medievali interessanti sono presso Civita Castellana, chiamate il Borgo di S. Leonardo, antico castello edificato forse dagli abati di S. M. di Falleri nel sec. XII. Questo tratto della via fu più volte restaurato dai papi: Paolo V, Urbano VIII e Clemente XI rifecero il tratto lungo la valle del Treia; Sisto V iniziò la costruzione del grande ponte Felice sul Tevere sopra Orte, ultimato nel 1603 da Clemente VIII; Clemente XI eresse nel 1709 il ponte Clementino sul Rio maggiore, Benedetto XIV restaurò la via nei pressi di Narni, conducendola per mezzo di grandi costruzioni lungo il bordo della Nera, e Paolo V rifece il ponte sullo stesso fiume prima di entrare in Terni.
A Narni avveniva la già detta biforcazione dei due rami che si riunivano a Foro Flaminio, mentre a ponente partiva un braccio traverso per Amelia (via Amerina) e all'altezza della stazione ad Martis (Massa Martana) un altro per Todi. Al passo della Somma, fra Terni e Spoleto, la via raggiungeva la massima altezza del suo percorso (m. 869). Da Bevagna si avevano comunicazioni dirette per Bettona e la via Amerina, e da Foligno per Spello, Assisi e Perugia. Dopo la valle del Clitunno cominciava la traversata dell'Appennino, che avveniva all'altezza di Nocera, Gualdo Tadino, Sigillo, donde partivano bracci secondarî, verso il litorale adriatico; al passo della Scheggia, la via scendeva l'opposto versante della catena, percorrendo le valli dei torrenti Burano e Candigliano fino alla confluenza di questo col Metauro. Varî ponti si notano in questa parte del percorso (ponte di Scheggia, ponte Voragine, ponte Grosso, ponte Alto, ponte Taverna, ponte Mallio, ecc.) che si svolge quasi sempre a mezza costa e quindi su una spalla artificialmente sostruita da un muro in opera quadrata. Il punto più difficile e più pittoresco è al passo del Furlo, in cui la via corre incassata nel monte a notevole altezza sul burrone, finché, non avendo più spazio per passare all'aperto, entra in una galleria detta Intercisa, o Petra Pertusa, o Forulum, che fu restaurata da Vespasiano, come attesta l'iscrizione che si legge sull'imboccatura orientale. Poco dopo comincia la discesa verso il piano: sul Metauro la via passa sopra un grande ponte romano a 3 fornici, detto ponte di Calmazzo; qui avvenne la battaglia fra i Romani e i Cartaginesi di Asdrubale. Seguendo sempre il corso del fiume la via giunge a Fano (Fanum Fortunae). Quivi un arco commemorativo ricorda l'epoca del grande imperatore che nel 10 d. C. compì il restauro della via. Da Fano a Rimini, lungo il mare, la via moderna segue il tracciato dell'antica, ed è notevole solo per l'attraversamento di Pesaro e per un ponte a tre archi poco prima di Rimini, sul fiume Ansa. Quivi un altro arco, di elegante fattura, segna il termine della via, portando sull'attico un'iscrizione dedicata dal Senato ad Augusto, il restauratore delle "celeberrime vie" d'Italia.
V. tavv. CXI e CXII.
Bibl.: A. Martinelli, Descrizione di diversi ponti esistenti sopra li fiumi Nera e Tevere, Roma 1676; F. Gori, La via Flaminia fino a Capena e al Fano di Feronia, in Annali Inst., 1864, p. 117 segg.; L. Masetti, Memoria storico-critica delle poche colonne miliari spettanti alla via Flaminia, ecc., Fano 1829; P. L. Montecchini, La strada Flaminia detta del Furlo e i luoghi da essa attraversati nel tratto da Ponte Voragine alla città di Fano, Pesaro 1879; E. Bormann, De viae Flaminiae cursu medio, in Variae Observationes, Marbugro 1883-84; G. Tomassetti, La Campagna Romana, Roma 1913, III, p. 199 segg.; Th. Ashby e... Fell, The via Flaminia, in Journal of Roman Studies, 1921; E. Martinori, Le vie maestre d'Italia - Via Flaminia, R 1929.