EGNAZIA, VIA
. È una delle poche strade antiche fuori d'Italia che è distinta da un nome, prova questa della sua vetusta origine e della sua importanza. La via Egnazia può infatti considerarsi come la continuazione, al di là dell'Adriatico, della via Appia, e quindi l'arteria di grande comunicazione fra l'Italia e l'Oriente. Il suo nome, più che con quello della città di Gnathia o Egnatia, sulle coste dell'Apulia, di fronte alla quale essa s'iniziava, deve essere posto in relazione con un Egnatius, altrimenti a noi sconosciuto, che per primo la costruì, segnando e rettificando il tracciato d'una più antica via commerciale, lungo la quale i prodotti dell'Adriatico penetravano nell'interno della Penisola balcanica e nell'Oriente, e quelli d'Oriente a loro volta scendevano verso l'Adriatico e l'Occidente (Aristot., Mirab. auscult., 104). La via è ricordata per la prima volta da Polibio (XXXIV, 12): essa pertanto deve essere stata costruita prima della fine del sec. II a. C., ma dopo la conquista e la riduzione della Macedonia a provincia romana (146 a. C.).
Il suo punto di partenza era duplice: ad Apollonia e a Dirrachio: i due bracci si congiungevano a Clodiana. Di qui, attraverso i monti Candavii, la strada giungeva a Lychnidus (oggi Ochrida), passava il confine fra l'Illirico e la Macedonia a Pylon, toccava Heraclea (Monastir), Edessa e Pella e giungeva a Tessalonica. Polibio conosce questa come punto terminale della via, lunga 267 miglia; Strabone (VII, 322) la fa arrivare fino a Cipsela sull'Ebro, per una lunghezza complessiva di 535 miglia. Nel sec. IV d. C. fu continuata fino a Costantinopoli: l'ultimo tratto è variamente indicato dagl'itinerarî: ora passa nell'interno per Adrianopoli, ora lungo la Propontide.
L'ubicazione delle diverse stazioni ha dato luogo a molteplici controversie.
Della via restano alcuni miliarî; nel tratto occidentale di essa ne abbiamo due con la data del 217 d. C. (Corp. Inscr. Lat., III, p. 127, seg.; suppl. p. 2316, 43).
Bibl.: Oberhummer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 1988 segg.; K. Milner, Itineraria Romana, Stoccarda 1916, col. 516 segg.