VERSO LIBERO
. Nome assai controverso col quale si sono designati nelle letterature moderne (da circa il 1887 in poi) i tentativi di rendere nel movimento verbale l'esaltazione lirica in tutte le sue sfumature più squisitamente individuali, risalendo talora inconsapevolmente, talora deliberatamente, alle origini prime della poesia che sono confuse con quelle della musica. Il ritmo poetico dotato, grazie ai suoi movimenti ricorrenti, di potere suggestivo o ipnotico, e al tempo stesso di forza sintetica, facendo intravvedere l'unità in una molteplicità di elementi, si separò a poco a poco dalla musica, con la quale formava un tutto nelle melopee primitive, e passò sotto il controllo dei grammatici che l'intellettualizzarono in schemi e lo identificarono col verso o linea: venne così a cristallizzarsi una teoria delle forme metriche, con precise e meccaniche leggi, a cui si reagì da parte dei poeti in modi più o meno arditi, talora limitandosi a variare cesure e pause (tale, per es., l'innovazione introdotta dal Della Casa nel sonetto; v. sonetto), talora introducendo irregolarità nelle strofe, soprattutto a imitazione, come si credeva, della poesia pindarica (il Tasso in Italia, il Cowley in Inghilterra, ecc.); e appunto vers libre si chiamò la strofa, liberata dalle regole tradizionali della simmetria, del La Fontaine. La ribellione alla tirannia della rima portò a varie riprese, nelle letterature occidentali, a conati di metrica quantitativa sui modelli classici; la ribellione alla versificazione sillabica produsse raccostamenti alla metrica popolare per accenti (per es., nella Rime of the Ancient Mariner del Coleridge, arieggiante le antiche ballate): tentativi che sono sporadiche rivendicazioni, basate sull'appello a qualche autorità - metrica classica, tradizione popolare -, dell'essenziale libertà del poeta di adeguare il verso al suo ritmo interiore, che è manifestazione vitale connessa con la circolazione e la respirazione quali risultano dominate dall'emozione lirica. La storia del vero e proprio verso libero - a parte quegli sporadici e timidi tentativi - comincia con Walt Whitman, non senza, anche in questo caso, un richiamo a una tradizione: i versetti della traduzione inglese della Bibbia: l'adeguamento del Whitman ai profeti per il suo messaggio etico portò con sé anche l'adeguamento alla loro forma espressiva, a gruppi ritmici asimmetrici.
Ma se il verso libero viene dall'America, il suo nome e la sua teoria nacquero in Francia, dove si disputò se l'inventassero Jules Laforgue, Arthur Rimbaud, Gustave Kahn o Francis Vielé-Griffin, o se non si dovesce risalire alle fantasie di Aloysius Bertrand (Gaspard de la Nuit) e ai Petits poèmes en prose (soprattutto Bienfaits de la lune) del Baudelaire. Se precedenti di metrica libera possono trovarsi in varî (Catulle Mendès credette perfino di scoprirne le origini nel tentativo del peruviano Della Rocca de Vergalo di adattare, in Poétique nouvelle, 1880, prosodia e grammatica peruviane al francese, e nei capricci della slava Marie Krysinska, che avrebbe meritato nientemeno che il titolo di "sainte Jeanne-Baptistine de l'école verslibriste"), il primo ad adottare di proposito il verso libero fu Gustave Kahn (1859-1936), in Palais Nomades, 1887: nella Revue Indépendante del 1888 egli formulava brevemente ma nettamente la teoria del nuovo verso che doveva "permettere a ogni poeta di concepire in sé stesso il suo verso o piuttosto la sua strofa originale, e di trascrivere il suo ritmo proprio e individuale, invece d'indossare un'uniforme tagliata in precedenza che lo riduce a non essere che il discepolo di qualche glorioso predecessore" (vedi anche la prefazione ai Premiers Poèmes, 1897). Fecero seguito al Kahn: Francis Vielé-Griffin con Joies (1888-89) e Henri de Régnier con Poèmes anciens et romanesques (1890), perfezionando notevolmente la tecnica del nuovo verso, o meglio periodo ritmico. Caratteristiche, in proposito, le parole del Vielé-Griffin nella prefazione a Joies: "Il verso è libero, ciò che non vuol dire che il vecchio alessandrino a cesura unica o multipla con o senza rejet e enjambement sia abolito; ma, più largamente, che nessuna forma fissa è più considerata lo stampo necessario all'espressione del pensiero poetico; che ormai, come sempre, ma consapevolmente libero questa volta, il poeta obbedirà al ritmo personale al quale deve il suo essere, senza che Théodore de Banville o altro legislator del Parnaso abbia a intervenire, e che il genio dovrà risplendere altrove che nelle tradizionali e illusorie 'difficoltà superate' della poetica dei retori. L'arte non s'impara soltanto, si ricrea incessantemente; non vive solo di tradizione, ma di evoluzione": dove l'ultima frase rispecchia curiosamente e la dottrina positivista e l'idealismo rinascente alla fine dell'Ottocento. Il Vielé-Griffin crea il suo ritmo con la ripetizione di certe figure accentate, non simmetriche - il che costituirebbe un metro e una nuova monotonia -, mescolate ad altre figure accentate di movimento simile, che assicurano la varietà senza rompere l'ordinanza, questa ottenendosi per mezzo di una dominante.
Tale carattere ha anche il verso libero di Gabriele d'Annunzio, il primo ad adottarlo in Italia, dapprima in In Memoriam delle Odî Navali, poesia che prende l'abbrivo dal Whitman, poi nelle Laudi, soprattutto nella Laus Vitae che è come lo sviluppo della prosodia "barbara" carducciana nel senso del verso libero, e nelle odi d'Alcyone (La poggia nel pineto, Il Novilunio, ecc.) che ormeggiano le melodiosissime strofe libere di Henri de Régnier. L'influsso della tecnica del verso libero può dirsi universale sui poeti contemporanei; per usare le parole di uno di essi, T. S. Elio, "allontanata la rima, molta eterea musica balza dalla parola": il verso libero ha reso i poeti più attenti alle sottili inflessioni musicali delle parole, arricchendo così infinitamente la loro gamma.
Bibl.: Oltre alla prefazione dei Premiers poèmes di Gustave Kahn, 1897, importante per la genesi storica del verso libero, si veda il cap. III del terzo libro di J. de Coura, Francis Vielé-Griffin, Parigi 1930 (Le vers libre), la sezione sui verslibristes (parte IV, 2), in A. Barre, Le Symbolisme, ivi 1911; G. P. Lucini, Il verso libero, Milano 1908; M. M. Dondo, Vers libre, in Publications of the Modern Language Association of America, XXXIV (1919); T. S. Eliot, Reflections on Vers Libre, in The New Statesman, 3 marzo 1917.