VERNAGALLI, Domenico beato
– Nacque verosimilmente a Pisa, attorno al 1180, come ipotizzato recentemente sulla base di una ricognizione antropologica svolta sui suoi resti ossei, cui è attribuibile un’età di circa trentotto anni (Zaccagnini - Mallegni, 1996, p. 62).
Non si conoscono i nomi dei genitori, tuttavia egli è considerato membro dalla famiglia Vernagalli, uno dei molteplici rami dell’antica domus dei Casalei. Si è ipotizzato infatti che egli fosse il quarto figlio di Ranieri, detto Vernagallo (1160-1188), capostipite della famiglia ed esponente della militia cittadina, eletto quattro volte console del Comune di Pisa fra il 1154 e il 1178. Tuttavia le fonti a disposizione attestano tre figli noti di Ranieri (Filippo, Ugo e Ildebrandino), mentre non risulta menzione esplicita per Domenico.
La sua appartenenza ai Vernagalli è stata proposta dall’erudizione di età moderna, dapprima da Fortunio nelle Historie Camaldulenses, successivamente riprese da Giovanni Benedetto Mittarelli e Anselmo Costadoni negli Annales Camaldulenses (1759) e da Daniel Papebroech in una breve nota negli Acta Sanctorum (1675). Nella storiografia contemporanea la circostanza è stata ribadita da Laura Rege Cambrin e avallata recentemente da Maria Luisa Ceccarelli Lemut: secondo questa studiosa un console pisano attestato nel 1211 (Robertino Presbiteri) sarebbe il figlio del beato Domenico che – rimasto vedovo – avrebbe scelto di farsi prete, entrando poi come converso nel monastero di S. Michele in Borgo a Pisa (Ceccarelli Lemut, 2011, p. 50).
Vernagalli fu certamente un sacerdote («Christi sacerdos») e fece precisa scelta di prestare obbedienza all’abate del monastero camaldolese pisano di S. Michele in Borgo («loco isti se subiugavit»). Senza prendere i voti monastici, divenne dunque – con una scelta precoce e anomala per un presbitero – un ‘sacerdote converso’ (Zaccagnini - Mallegni, 1996, pp. 22-29).
L’informazione sul suo status di sacerdote proviene dall’epigrafe funeraria (perduta, incisa forse già in occasione della sua sepoltura), ricostruita attraverso testimonianze seriori e da una copia su lamina plumbea. All’epoca non era inconsueto il ricorso a chierici (normalmente non sacerdoti) conversi che, dopo aver prestato obbedienza all’abate, si occupavano di garantire la «cura animarum» (attività di norma preclusa ai monaci) nelle cappelle dipendenti dai monasteri, ed erano rettori di tali chiese, ovvero anche cappellani del monastero.
Sulla base degli estremi cronologici individuati, Vernagalli è citato il 6 luglio 1199 semplicemente come Domenico presbitero e cappellano del monastero, insieme con un Guido, a una locazione effettuata da Guido abate di S. Michele in Borgo, alla presenza anche di sette monaci. Pure quattro anni più tardi, il 22 giugno 1203, l’abate Guido agì alla presenza e con il consenso dei monaci, di Domenico presbitero e cappellano e di Gerardo, entrambi conversi del suddetto monastero; Vernagalli dunque divenne converso fra il 1199 e il 1203. Infine, un ultimo documento, ricordato da Giovanni Benedetto Mittarelli e Anselmo Costadoni, potrebbe essere una donazione alla chiesa dei Ss. Iacopo e Verano di Calci (Pisa) di febbraio del 1209, ma l’identificazione non è certa. In data imprecisata inoltre Vernagalli fu promotore (come segnala l’epitaffio) di un ospedale, configurato, molto probabilmente sin dalla fondazione, come un brefotrofio, ubicato tra l’abbazia e l’Arno nelle vicinanze di S. Michele (successivamente trasferito nei pressi di S. Marco sulla via Calcesana). L’istituzione è documentata dal 1256; da uno statuto dei Brevi del Comune del Popolo di Pisa del 1287 risulta stabilita un’assegnazione annua per l’ospedale «trovatellis sancti Dominici».
Una tradizione successiva (attestata da un messale oggi perduto) afferma che Domenico Vernagalli avrebbe dotato la recente fondazione di una sua casa posta presso la chiesa di S. Iacopo de Mercato, abituale residenza della famiglia Vernagalli, e stabilito una dote per il mantenimento dei bambini di circa 200 lire annue (G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses..., 1759, pp. 255 s.). Secondo un atto del 1278, l’«hospitale Trovatellorum» era gestito da un rettore la cui nomina, insieme alla rappresentanza giuridica, spettava all’abate di S. Michele in Borgo (Patetta, 2001, pp. 141-144). Dunque è possibile che già al momento della fondazione Vernagalli avesse scelto di assegnare all’abate ogni diritto relativo all’ospedale, rinunciando al giuspatronato che la sua famiglia avrebbe potuto esercitare sull’ente.
Morì il 20 aprile 1218 (1219 dello stile pisano), come documentato dall’epitaffio.
Dopo la sua morte, o forse già in precedenza, la fama di santità di Vernagalli dovette diffondersi rapidamente: il suo corpo fu solennemente posto in un sepolcro marmoreo all’interno della chiesa di S. Michele. Nel corso dei secoli l’arca marmorea che custodiva le sue spoglie (un sarcofago databile alla fine del III secolo d.C.) fu più volte spostata per consentire i lavori all’interno della chiesa abbaziale (G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses..., cit., 1759, pp. 255 s.); fu traslato intorno al 1810-12 presso il camposanto Monumentale di Pisa dove si conserva ancora. Negli anni Venti del Novecento sopra il sarcofago fu posta una lapide in cui si ricorda che in esso vennero riposte le spoglie del beato Domenico Vernagalli per 592 anni.
L’attestazione più significativa del culto è certamente quella presente nel celebre sermone dell’arcivescovo di Pisa Federico Visconti (Les sermons..., a cura di N. Bériou - I. le Masne de Chermont, 2001, sermone LXXXVI, databile presumibilmente al 21 gennaio 1286). Il presule ricorda le figure dei santi pisani, menzionando insieme ai coevi Ranieri, Bona e Ubaldesca, «sanctus Dominicus monasterii Sancti Michelis de Burgo». Un’attestazione del suo culto al di fuori della diocesi di Pisa fu segnalata da Mittarelli e Costadoni (pp. 254 s.), che riportano la presenza all’interno di un necrologio di S. Cristina di Bologna, ora perduto, della menzione «obiit beatus Dominicus Pisanus ordinis nostri», al dì 20 aprile.
La beatificazione avvenne soltanto nel 1854, a opera di Pio IX, secondo quanto riportato dall’unica opera a carattere agiografico dedicata a Domenico e pubblicata nel 1896 da Giuseppe Sainati. Vernagalli rientra nel novero di quelle figure di santi, laici e cittadini, che André Vauchez ha individuato come primi esempi di una nuova religiosità, più sensibile ai temi della predicazione e alle opere di misericordia (Vauchez, 1981, pp. 235-236).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pisa, Diplomatico S. Michele in Borgo, 215 «1199 luglio 6»; 1105 «1203 giugno 22»; 238 «1210 febbraio 18»; Diplomatico Primaziale, 166, «1212 maggio 14» (per Robertino, detto «presbiteri»); A. Fortunio, Historiarum Camaldolensium, pars posterior. Ubi ab origine templi..., II, Venetiis 1579, pp. 66 s.; Acta Sanctorum, Aprilis, II, Antuerpiae 1675, p. 791; G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses ordinis sancti Benedicti..., IV, Venetiis 1759, pp. 185 s. e 254-257; G. Sainati, Vita del beato Domenico Vernagalli e del beato Agnello da Pisa, Monza 1896; F. Nuti, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1200 al 1204, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 1965-66, pp. 227-230; M.P. De Paola, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1198 al 1201, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 1966-67, pp. 110-115; P.A. Arias - E. Cristiani - E. Gabba, Camposanto Monumentale di Pisa. Le antichità, I, Pisa 1977, pp. 102 s. con fotoriproduzione del sarcofago a tavola XLIII; M.L. Ricci, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1208 al 1213, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 1980-81, pp. 206-208; I Brevi del Comune e del Popolo di Pisa dell’anno 1287, a cura di A. Ghignoli, Roma 1998, p. 119; O. Banti, Monumenta epigraphica pisana saeculi XV antiquiora, Pisa 2000, p. 62 (testo dell’epitafio); Les sermons et la visite pastorale de Federico Visconti archevêque de Pise (1253-1277), a cura di N. Bériou - I. le Masne de Chermont, Rome 2001, p. 103 e sermone LXXXVI, pp. 965-969.
M. Ronzani, L’organizzazione della cura d’anime nella città di Pisa (secoli XII-XIII), in Istituzioni ecclesiastiche della Toscana medioevale, Galatina 1980, pp. 35-85; A. Vauchez, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Age, d’après les procés de canonisation et les documents hagiographiques, Rome 1981, pp. 234-236; L. Rege Cambrin, La famiglia dei Casalei dalle origini alla metà del XIII secolo, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 1988-89, pp. 111-143 (in partic. pp. 119-122); G. Zaccagnini - F. Mallegni, Il beato Domenico da Pisa, converso del monastero di S. Michele in Borgo. Indagine storica e antropologica, Pisa 1996; A. Patetta, Gli ospedali di Pisa. Santità ed assistenza nei secoli XI-XV, Pisa 2001, pp. 141-144; G. Garzella, L’immagine di Pisa nei sermoni dell’arcivescovo Federico Visconti (1253-1277), in Bollettino storico pisano, LXXII (2003), pp. 31-45; G. Zaccagnini, I ‘santi nuovi’ della devozione pisana nell’età comunale (secoli XII-XV), in Profili istituzionali della santità medioevale. Culti importati, culti esportati e culti autoctoni nella Toscana occidentale e nella circolazione mediterranea ed europea, a cura di C. Alzati - G. Rossetti, Pisa 2008, pp. 301 s.; M.L. Ceccarelli Lemut, La città e i santi: Pisa tra XII e XIII secolo, in Intercessor Rainerius ad patrem: il santo di una città marinara del XII secolo, Pisa 2011, pp. 33-52; Ead., Intorno al monastero: il vescovo Pietro, l’abate Eginone, il prete D. V., in San Michele in Borgo. Mille anni di storia, a cura di M.L. Ceccarelli Lemut - G. Garzella, Pisa 2016, pp. 55-62.