VERNACCIA
Sotto questo nome si coltivano in Italia, da parecchi secoli, diversi vitigni. Già Pier de' Crescenzi al principio del sec. XIV parlava di una vernaccia coltivata nel Bolognese. Altre si coltivano nel Piacentino, in Liguria, nel Trentino, in Toscana e in Sardegna. V'è chi pensa che il nome derivi da Vernazza, uno dei paesi delle Cinque Terre (Liguria), ma la cosa appare poco probabile. Non tutti questi vitigni dànno vini di pregio: i migliori sono quelli di Sardegna e di Toscana (S. Gimignano). La vernaccia più nota e importante è certo quella sarda, coltivata soprattutto nella valle del Tirso (circondario di Oristano), e particolarmente a Solarussa. È vitigno vigoroso, con germogli cotonosi, sfumati di viola; foglie medie, quinquelobate, con seni profondi, stretti, talora chiusi, seno peziolare generalmente chiuso, con pagina inferiore leggermente pubescente, denti minuti, picciolo corto; grappoli medî, conici, alquanto serrati, con acini medî, rotondi, con buccia sottile, giallo-dorata, polpa di sapore semplice. Il vino che se ne ottiene è generoso, alcoolico, asciutto, amarognolo, vellutato; vero vino di lusso.
La vernaccia non acquista tutti i suoi pregi che dopo un invecchiamento di almeno 3-4 anni, ma, a differenza della maggior parte dei vini, l'invecchiamento può essere prolungato anche in botte per molti anni, guadagnando anzi in alcoolicità, oltre che in profumo e morbidezza.
La composizione chimica di solito s'aggira su 15,5-16,5% di alcool; da 5,25 a 6,30‰ di acidità totale; da 20 a 40‰ di estratto; da tracce a 8‰ di zucchero; da 6,5 a 13,4‰ di glicerina; da 1,7 a 2,2‰ di ceneri.