RESTA, Vermondo
RESTA, Vermondo. – Vermondo, o Bermundo, come si firma nel suo testamento e in alcuni codicilli, fu «natural de la ciudad de Milán», nato «de los difuntos vecinos» della città lombarda Alessandro e da Isabel Milachi, come egli stesso riferisce nelle sue ultime volontà rilasciate a Siviglia il 14 dicembre 1625 (Marín Fidalgo, 1990, pp. 850-853, in partic. p. 850). Dovette nascere intorno al 1555, visto che in un documento del giugno del 1597 legato all’Alcázar di Siviglia sosteneva di avere quarantadue anni (p. 560).
A un ramo secondario dell’antica famiglia decurionale dei Resta appartennero, a Milano, vari architetti e ingegneri della città e del Milanese: fra questi, Cesare ma soprattutto sia il nonno, Francesco, che il padre di Vermondo. Francesco è presente negli elenchi dei Dies utiles degli anni Trenta e Quaranta (che contenevano una sorta di albo degli ingegneri e degli agrimensori) e nel 1541 risulta inoltre «ingegnero de la Cesarea Camera et del Comune di Milano» (Repishti, 1998, p. 31; Id., 2007). Suo figlio Alessandro è a sua volta presente nei Dies utiles tra il 1560 e il 1577 (Repishti, 1998, pp. 31 s.), ma soprattutto lo conosciamo come ingegnere idraulico, architetto, cartografo e livellatore, operativo tra lo Stato di Milano, il Ducato di Piemonte e la Repubblica di Lucca negli anni Sessanta e Settanta del Cinquecento (Natoli, 2007).
In particolare, nel 1562 era in Piemonte quale «di sua altezza serenissima fedele e perpetuo ingegnere», come firmò uno dei suoi tanti disegni di fortificazioni (Promis, 1871, 1973, p. 64), e nel 1566 il duca Emanuele Filiberto I lo menzionò in una patente come «nostro ingegnere, architetto e livellatore» (Lange, 1973-1980, p. 265); anche a Lucca lavorò nelle fortificazioni e disegnò una grande pianta della repubblica, del 1569 (Archivio di Stato di Lucca, Fondo Stampe, n. 464).
Morì nel 1578 in Piemonte, secondo quanto ci indica il documento di una patente relativa a una macchina idraulica (Signorelli, 1975, p. 606; Natoli, 2007, p. 60), ma prima di morire fece iniziare il mestiere a suo figlio, coinvolgendolo in opere in quella regione al servizio del duca tra il 1575 e il 1576 (Signorelli, 1975, p. 606).
Tra le altre, lo stesso Vermondo compare quale disegnatore di una mappa datata 1° novembre 1575 (Archivio di Stato di Torino, Sezione Camera dei Conti di Piemonte, art. 664, fasc. 10; Lange, 1973-1980).
Nella prima notizia documentaria relativa all’attività di Vermondo fuori dall’Italia, nel 1590 egli appare a Siviglia già professionalmente affermato come «maestro mayor de fábricas deste arzobispado» e «residente en casa del cardenal arçobispo desta ciudad», all’epoca Rodrigo de Castro y Osorio (López Martínez, 1932, p. 165). Nell’ambito dell’estesa e ricca arcidiocesi sivigliana – che accorpava le attuali diocesi di Siviglia e Huelva e parte di quelle di Cadice e Málaga – Vermondo fu il massimo responsabile di progetti e opere in edifici ecclesiastici quali chiese, conventi, monasteri e ospedali, e ciò gli permise di imporsi come uno dei più importanti architetti a Siviglia dalla fine degli anni Ottanta.
Il suo ruolo come plenipotenziario del cardinale spagnolo è paragonabile a quello assegnato da Carlo Borromeo a Pellegrino Tibaldi per il rinnovamento architettonico – che a Siviglia pure si realizzò in scala minore – della diocesi milanese da metà anni Settanta. Risulta documentata la progettazione architettonica di chiese, come quella del convento di S. Isabel a Siviglia (1602), ma anche «pasos», «monumentos» – cibori eucaristici – e soprattutto «retablos», includendo il disegno del rimanente programma figurativo per altri scultori o pittori, come nel caso del retablo della chiesa di S. Martín, ancora a Siviglia (1606).
Nell’estate del 1592 Vermondo abbandonò temporaneamente la città, seguendo il cardinale alla corte madrilena e nella città galiziana di Monforte de Lemos. Qui agli inizi di ottobre firmò le dettagliate indicazioni per il suo grandioso progetto del collegio di Nuestra Señora de la Antigua (Cotarelo Valledor, 1945-1946, II, pp. 264-292), costruito dal cardinale sul modello architettonico e programmatico del monastero di S. Lorenzo el Real a El Escorial. In seguito, Vermondo conciliò il lavoro nell’arcidiocesi andalusa con le visite al cantiere del grande edificio ecclesiastico, diretto in loco dal gesuita Andrés Ruiz; più precisamente, il 28 marzo 1594 si trovava al «serbicio del cardenal don Rodrigo de Castro arçobispo de Sevilla a la billa de Madrid y a otras tierras» (López Martínez, 1932, p. 160).
Dopo la morte del suo protettore, nel 1600, Vermondo cominciò ad abbinare l’incarico arcidiocesano con lavori nell’Alcázar di Siviglia. Nel marzo del 1601 valutava interventi realizzati nei giardini, un compito che sarebbe spettato a Lorenzo de Oviedo, allora maestro mayor de los Reales Alcázares y Atarazanas (Marín Fidalgo, 1990, pp. 561 s.). I documenti successivi alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1603, designano Vermondo come l’unico «Maestro Mayor de las Fábricas» e «Cañero Mayor» dell’Alcázar e delle Atarazanas, i cantieri navali sivigliani, incarico da lui ricoperto fino alla morte (Gestoso y Pérez, 1889, p. 468).
A partire dal 1606, nel palazzo reale si inaugurarono importanti cantieri diretti dall’architetto milanese. Nel gennaio realizzò un dettagliato progetto di restauro del complesso palatino, per una spesa di 28.000 ducati (pp. 686-691). Dopo questi interventi di manutenzione e di restauro, il suo primo contributo architettonico di rilievo nell’Alcázar fu il progetto per l’intero giardino detto «de las Damas», le cui prime «condiciones» – i dettagli progettuali – vennero firmate dall’architetto il 7 maggio 1606 (Marín Fidalgo, 1990, pp. 844 s.).
Vermondo avrebbe continuato a progettare gli elementi architettonici di questo giardino per tutto il resto della sua vita, dirigendo inoltre l’équipe di scultori, giardinieri, pittori, idraulici e fabbri che vi lavorarono durante gli anni del suo mandato.
Per il suo progetto dell’«apeadero y zaguán», il nuovo ingresso monumentale al palazzo reale, firmò le «condiciones» dell’opera tra il giugno e il luglio del 1607.
Per questo nuovo corpo di fabbrica fu previsto un ampio atrio a tre navate, separate da arcate con «columnas que han de ser de dos en dos», mentre l’esecuzione del portale in pietra fu contrattata nei giorni a seguire, secondo «la traça» del maestro mayor (Gestoso y Pérez, 1889, pp. 659-662; Marín Fidalgo, 1990, pp. 845-849).
Oltre alla mappa conservata a Torino e già citata e al disegno preparatorio attribuito anche a lui (Lange, 1973-1980), si conoscono altri tre disegni autografi, tutti legati alla sua attività nell’Alcázar: quello del 1608 di tutta l’area dei magazzini tra la torre del Oro e quella de la Plata (Archivo del Real Alcázar de Sevilla; Marín Fidalgo, 1990, p. 339) e i progetti di quello stesso anno per il nuovo carcere della casa de Contratación (Siviglia, Archivo General de Indias, Mapas y Planos, Europa y África, 8 e 8bis; Gil Bermejo, 1973, pp. 716 s.).
Gli vengono inoltre convincentemente attribuiti i disegni dei negozi e dei magazzini del cosiddetto corral de las Herrerías (Pleguezuelo Hernández, 1983), così come molti altri legati al suo ruolo nell’Alcázar (Marín Fidalgo, 1990, pp. 339, 341, 361, 409 s., 575).
Suo ultimo progetto è il grande teatro nel patio de la Montería, ideato nel 1625 «conforme a la planta y montea que para ello está labrada por Bermondo Resta, maestro mayor de los Alcazares» (Pleguezuelo Hernández, 1983, p. 194).
Dopo aver vissuto nel palazzo arcivescovile, in qualità di maestro mayor dimorò nell’Alcázar, secondo la testimonianza di sua figlia Josepha del 1661 (Marín Fidalgo, 1990, pp. 506 s.).
Dal testamento di Vermondo sappiamo che fu un «parrochiano» della chiesa del Sagrario della Cattedrale, quella stessa dove aveva sposato Ana de Ojeda, deceduta poi durante il parto di suo figlio Alexandro nel 1606. Dallo stesso documento apprendiamo che Vermondo ebbe altri due figli naturali, Agustín, nato prima del matrimonio e morto in tenera età, e appunto Josepha, nata nel 1609, e che dispose di essere sepolto vicino alla moglie, presso l’altare maggiore della chiesa del Sagrario (pp. 850-853).
Opere documentate. Come maestro mayor dell’arcidiocesi di Siviglia progettò: la struttura architettonica di un «paso», con colonne e cupole, per la chiesa di Cañete la Real nel 1595 e un «sagrario para el santissimo sacramento» nella chiesa di S. Juan de Marchena nel 1596 (López Martínez, 1932, p. 83); la «traça e modelo de lapis colorado» del ciborio della chiesa di S. Juan de la Palma a Siviglia nel 1598 (López Martínez, 1928b, p. 189); «la traza y condiciones» del «retablo del altar y capilla mayor» della chiesa di Santiago el Mayor a Siviglia nel 1599 (López Martínez, 1932, pp. 94 s.); le porte e cassettiere della sagrestia della chiesa di S. Ana di Siviglia (López Martínez, 1928a, p. 163); un portale nella chiesa del Viso del Alcor (López Martínez, 1928c, pp. 83-85); il corpo superiore della torre campanile della chiesa di S. Marcos a Siviglia nel 1603 e la chiesa del convento di S. Isabel nel 1602 (López Martínez, 1949, p. 68); il retablo della chiesa di S. Martín a Siviglia nel 1606 (López Martínez, 1932, pp. 97-100). Compì anche visite alla villa di Lebrija in relazione alla portata delle acque e alla fabbrica della chiesa maggiore nel 1590 (p. 165).
Come maestro mayor del Alcázar progettò: l’«apeadero» con il suo portale aperto su quello che è oggi conosciuto come patio de Banderas nel 1607; l’intero giardino «de las Damas» dal 1606; la galería del Grutesco e la loggia del Estanque, costruite dal 1612; le nuove stalle dal 1614; il jardín Nuevo o de la Cruz dal 1619; altri interventi architettonici come portali, grotte e logge nei giardini de las Flores, de Troya, de la Danza e alla huerta de la Alcoba (Marín Fidalgo, 1990, pp. 566-578). Con questo incarico ebbe giurisdizione a Siviglia anche su altri edifici legati al potere reale, dove eseguì lavori: progettò il nuovo carcere della casa de Contratación dal 1608 (Gil Bermejo, 1973, pp. 715-726); i magazzini e gli alloggi tra il postigo del Carbón e la torre del Oro dal 1608 (Pleguezuelo Hernández, 1983, p. 145); inoltre diresse interventi nel palazzo reale del Lomo del Grullo dal 1612 (Marín Fidalgo, 1990, pp. 566-571). Inoltre, insieme a Miguel de Zumárraga nel 1614 realizzò il progetto del nuovo teatro Coliseo nel corral de los Alcaides (Pérez Escolano, 1975, II, pp. 388 s.).
Fonti e Bibl.: C. Promis, Gl’ingegneri militari che operarono o scrissero in Piemonte dall’anno MCCC all’anno MDCL, in Miscellanea di storia italiana, 1871, vol. 12, pp. 411-646, rist. anast. Bologna 1973, pp. 64 s.; J. Gestoso y Pérez, Sevilla Monumental y Artística, I, Sevilla 1889; C. López Martínez, Arquitectos, escultores y pintores vecinos de Sevilla, Sevilla 1928a; Id., Desde Jerónimo Hernández hasta Martínez Montañés, Sevilla 1928b; Id., Retablos y escultura de traza sevillana, Sevilla 1928c; Id., Desde Martínez Montañés hasta Pedro Roldán, Sevilla 1932; J. Hernández Díaz, R., V. de, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVIII, Leipzig 1934, p. 184; A. Cotarelo Valledor, El Cardenal Don Rodrigo de Castro y su fundación en Monforte de Lemos, I-II, Madrid 1945-1946; C. López Martínez, El arquitecto Hernán Ruiz en Sevilla, Sevilla 1949; J. Gil Bermejo, La Casa de Contratación de Sevilla (algunos aspectos de su historia), in Anuario de Estudios Americanos, 1973, n. 30, pp. 679-761; A. Lange, Le carte topografiche di Alessandro e V. R., del 1575, per la zona del Gaio fra Carmagnola e Carignano, in Carignano, appunti per una lettura della città..., Carignano 1973-1980, I, pp. 263-267; V. Pérez Escolano, Juan de Oviedo 1565-1625. Arquitecto en la Sevilla de los Austrias, tesi di dottorato, Escuela técnica superior de arquitectura, Universidad de Sevilla, 1975; B. Signorelli, Le lettere missive alla Camera dei Conti presso l’Archivio di Stato di Torino, in Galeazzo Alessi e l’architettura del Cinquecento. Atti del Convegno internazionale... 1974, Genova 1975, pp. 605-612; A. Jiménez Martín, R., V., in Gran Enciclopedia de Andalucía, VI, Sevilla 1979, pp. 2826 s.; A. Pleguezuelo Hernández, V. R., in Sevilla en el siglo XVII (catal.), Sevilla 1983, pp. 143-147, 194; A. Marín Fidalgo, V. R., Sevilla 1988; Ead., El Alcázar de Sevilla bajo los Austrias, II, Sevilla 1990, pp. 339, 341, 361, 409 s., 506 s., 560-581, 844-853; F. Repishti, Architetti, ingegneri e agrimensori a Milano: i «Dies utiles annorum» (1505-1561), in Libri e Documenti, XXIV (1998), 2-3, pp. 27-33; A. Rodríguez G. de Ceballos, V. R. y la fundación del Cardenal de Sevilla, Don Rodrigo de Castro, en Monforte de Lemos, in Archivo hispalense, 2000, t. 83, n. 252, pp. 163-174; C. Natoli, Alessandro Resta fra il Ducato di Savoia e la Repubblica di Lucca, in Gli ingegneri militari attivi nelle terre dei Savoia e nel Piemonte Orientale (XVI-XVIII secolo), a cura di M. Viglino - A. Bruno jr., Firenze 2007, pp. 51-63; F. Repishti, Resta, Francesco [de Restis], in P. Bossi - S. Langé - F. Repishti, Ingegneri ducali e camerali nel ducato e nello stato di Milano, 1450-1706: dizionario biobibliografico, Firenze 2007, pp. 114 s.