VERITAS
Come termine critico-letterario si contrappone all'artificio; la causa forense "vera" si contrappone all'esercitazione (eiusmodi studia ad delectationem quam ad veritatem videntur accomodatiora: ad Her., iv, 22); la ἀλήϑεια si oppone alla τέχνη e ai πλάσματα.
Vitruvio, confondendo in parte il concetto di v. con quello di mimesis, dice "che non possono essere approvate quelle parti che non sono simili alla verità, neppure se esse sono presentate elegantemente dall'arte" (vii, 5, 4); pertanto anche gli elementi di un edificio debbono rispondere ad rationem veritatis per impedire che una ratio falsa vincat veritatem (vii, 5, 7). Nelle quali espressioni sembrerebbe che Vitruvio adombrasse anche il moderno concetto di funzionalità dell'arte, concetto che d'altra parte esisteva fin dal V sec. in Grecia, trattato e discusso nelle scuole dei sofisti (per esempio Xen., Mem., iii, 8, 6; iii, 8, 10); una sfumatura di funzionalità è certo nella frase vitruviana in veritatem rationem habere facti (vii, 5, 6) che vale "trovare nella realtà naturale la giustificazione di un fatto strutturale" (v. mimesis). Una accezione speciale di v. è nel multiplicasse veritatem di Mirone, secondo Plinio (Nat. hist., xxxiv, 58), dove il multiplicare rappresenta lo sforzo di Mirone di riprodurre la naturale disposizione di parti staccate dal corpo umano senza riuscire ad amalgamarle; forse Mirone ha voluto espressamente rappresentare il corpo atletico come somma intellettualistica di segmenti corporei veri, naturali, copiati dalla realtà naturale.
Bibl.: S. Ferri, in Rivista Ist. Arch., VII, 1940, p. 144.