vergognoso
Significa " che prova " o " che dimostra vergogna ". Analogamente a quanto accade per il sostantivo e per il verbo (cfr. VERGOGNA; vergognarsi), tale sentimento può essere determinato dalla coscienza di una colpa oppure dal pudore.
Un chiaro esempio del primo tipo si ha in Vn XXXIX 3 cominciai a pensare di lei [Beatrice] sì con tutto lo vergognoso cuore, che... (D. si era lasciato attrarre dalla vista di una gentile donna [XXXV 2], finché, in seguito a una nuova visione di Beatrice, lo mio cuore cominciò... a pentere de lo desiderio a cui... s'avea lasciato possedere, XXXIX 2. In XVIII 8 v., in funzione predicativa, denuncia l'imbarazzo in cui il poeta si trova per essere stato colto in contraddizione).
L'aggettivo esprime senso di colpa anche nell'Inferno, quando D., impaurito dalle fiere, sente pesare la propria viltà, tanto più in quanto si trova di fronte al ‛ magnanimo ' Virgilio che lo esorta a salire il dilettoso monte (I 77); perciò gli risponde con vergognosa fronte (v. 81; cfr. Scartazzini-Vandelli): " verecundatur enim homo de fallo suo coram suo maiori ", dice Benvenuto.
Sembra questa l'interpretazione più persuasiva, preferibile a quella di chi parla solo di " verecondia avanti a così alto spirito " (Porena), o di " riverenza, o forse anche stupore " (Sapegno, con rinvio a Barbi, Problemi I 202), o " di stupore e insieme di vergogna " (Rossi; e il Momigliano aggiunge " anche... la timidezza che nasce dalla reverenza "), o infine di ‛ umiltà ' (Casini-Barbi, Grabher). Si veda inoltre l'interpretazione del Landino: " vergogna è paura di errare... ma allegoricamente si vergogna D., idest la sensualità, non aver prima conosciuta la ragione ".
In un altro passo il senso di colpa deriva dall'impressione di esser molesto a Virgilio, che ha troncato piuttosto bruscamente il colloquio con il discepolo, lasciandone insoddisfatta la curiosità (If III 76-78): Allor con li occhi vergognosi e bassi, / temendo no 'l mio dir li fosse grave, / infino al fiume del parlar mi trassi (v. 79).
Negli altri casi l'aggettivo indica il disagio del poeta che il delirio della febbre induce a manifestare l'amore per Beatrice (Vn XXIII 19 18; cfr. il § 13 avvegna che io vergognasse molto); o allude a un senso di pudore, qual è - in un contesto metaforico - quello della pulcella nuda [una poesia], / che ven... sì vergognosa, / ch'a torno gir non osa, / perch'ella non ha vesta in che si chiuda, cioè " la musica di cui adornarsi " (Barbi-Maggini, a Rime XLVIII 14: un altro costrutto predicativo, come nei due esempi che seguono). Con riferimento specifico al pudore, alla verecondia propria dei giovani e delle donne, nelle due occorrenze di Le dolci rime (Cv IV). Al v. 107 si legge: E noi in donna e in età novella / vedem questa salute, / in quanto vergognose son tenute, / ch'è da vertù diverso, dove D. afferma lo stretto rapporto tra ‛ vergogna ' e ‛ nobiltà ' (questa salute; cfr. XIX 8 e la spiegazione del passo nella voce vergogna). E più oltre: L'anima... / Ubidente, soave e vergognosa / è ne la prima etate, l'adolescenza (v. 125, ripreso in XXIII 2 e XXVI 2). Una terza citazione del verso ribadisce il rapporto con la nobiltà: Poi quando comincia: ‛ Ubidente, soave e vergognosa ', mostra quello per che potemo conoscere l'uomo nobile a li segni apparenti (XXIII 4).