VERETO (Ούερητόν; Beretum, Beretus; etnico Veretini)
Città messapica dell'antica Calabria, situata alla punta estrema della penisola salentina, nel territorio dei Salentini, vicino Serra di V. e Madonna di V., non lontana da Patù. Era conosciuta dai geografi (Strab., VI, 281; Plin., Nat. hist., III, 105; Ptol., Geog., III, 1,76). Nel Liber Coloniarum (p. 283) si menziona l’ager veretinus. V. era situata a sei miglia romane dal promontorio iapigio (Capo di Leuca) e a dieci miglia romane da Ugento sulla Tabula Peutingeriana. Strabone (VI, 3, 5 C 281) riporta che la località in antico era denominata Baris; nel passo seguente (VI, 3, 6 C 282), aggiunge: «Quando Erodoto (VII, 170) dice che nella Iapigia c'è una città di Hyria fondata da alcuni Cretesi reduci dalla spedizione di Minosse in Sicilia e dirottati qui, si deve intendere o questa città o Oueretòn (Vereto)».
Il brano di Erodoto narrava come, una volta stabilitisi a Hyria, gli isolani Cretesi, diventati ormai i continentali Iapigi-Messapî, colonizzassero altre città, le stesse che molto tempo dopo i Tarantini, loro agguerritissimi nemici, cercarono di distruggere, ricevendone una terribile sconfitta.
V. vanta quindi origini cretesi, similmente ad altri centri della Iapigia come Oria, Otranto e Brindisi. Tale regione non fu mai colonizzata dai Greci, anche se di certo fu influenzata dalla frequentazione micenea delle coste apule, documentata dalla ricerca archeologica più recente sia per l'Età del Bronzo sia per la prima Età del Ferro. Tali origini devono aver avuto particolare significato a partire dal VI sec. a.C., in funzione antitarentina.
Sul Capo di Leuca, in località Salve, nei pressi di V., prospezioni di superficie hanno rivelato frammenti mediogeometrici greci; il quadro delle importazioni greche in questo periodo è tuttavia concentrato nel Salento meridionale, non sul lato ionico ma in corrispondenza del canale d'Otranto.
L'abitato di 40 ha, documentato dall'estesa cerchia muraria di IV sec. a.C. (lungh. m 2.550) a blocchi isodomi che cinge la collina di V., sorge probabilmente su un più antico insediamento arcaico posto nella zona più elevata, corrispondente alla cappella della Madonna di V., anche se gli elementi sinora raccolti sono piuttosto scarsi. Un sondaggio stratigrafico di limitata estensione condotto in quest'area ha messo in evidenza una serie di livelli di età repubblicana, con strutture corrispondenti alla fase del municipium romano e alla particolare fioritura economica del Salento tra il II e il I sec. a.C. Sotto i livelli repubblicani vi era uno strato arcaico caratterizzato da frammenti di ollette messapiche acrome e di scodelloni a impasto bruno rossiccio. Scodelloni simili sono stati rinvenuti davanti alla Grotta Porcinara, sulla punta Ristola, all'estremità O dell'insenatura di Leuca, in un'eschàra di forma circolare, delimitata da grossi blocchi informi, colma di ceneri di animali sacrificati, soprattutto caprovini, oltre che di frammenti ceramici e pietre. Tale area è designata come luogo di culto dalla metà-fine dell'VIII sec. a.C.; vi era venerata la divinità folgoratrice messapica Batas, in età romana Iuppiter Batius. La grotta assume la funzione di santuario emporico che sovraintende agli scambi fra Greci e Messapî.
L'antico centro di V. dovette comprendere molto probabilmente anche Leuca nel suo territorio; in quest'ultima località si sviluppò un piccolo centro abitato forse da mettere in relazione con i luoghi di culto vicini, intorno ai quali si sarà venuta a insediare una comunità di persone addette alle funzioni dei santuari.
Leuca può essere stata inoltre l'approdo per le importazioni greche a V.; il sistema insediativo messapico consiste principalmente in centri situati in posizione leggermente arretrata rispetto alla fascia costiera, spesso paludosa e malsana, ma collegati a scali marittimi, come Ugento e Torre San Giovanni, Alezio e Gallipoli, Nardo e S. Caterina.
Oltre a Leuca, veniva usata come scalo marittimo anche la cala S. Gregorio, forse un approdo più sicuro e pratico, per la sua posizione molto protetta dai venti e l'abbondanza di sorgenti d'acqua dolce. Qui, intorno alla seconda metà del III sec. a.C., furono realizzate opere portuali. Nel 1971 sono stati esaminati (Pagliara) resti visibili nella baia di S. Gregorio sia sul fondo marino, sia a pochi metri dalla linea di battigia: sott'acqua vi sono i resti di un molo frangiflutti, ottenuto con l'accumulo di pietrame della zona per una gettata di 70 m a partire dalla riva. Oggi il molo, abbattuti completamente i resti antichi emergenti, si presenta come una secca.
Nella parte alta del promontorio prospiciente il molo sommerso, in località Fangara, vi è una vasca rettangolare (4 χ 3 m e profonda 3,5) scavata nel banco di roccia, con uno dei lati corti interrotto da una ripida scala che conduce al fondo; sulle pareti rimangono tracce di intonaco grossolano. Sette massi monolitici formavano copertura.
La Centopietre di Patù è una singolare costruzione, situata di fronte alla chiesa di S. Giovanni Battista, di forma rettangolare (7,20 χ 5,50 χ 2,60 m), composta da 100 grossi blocchi tufacei squadrati, e 26 lastroni tufacei disposti a copertura a doppio spiovente. La Centopietre era stata interpretata come monumento megalitico premessapico e preellenico. Successivamente, però, è stata notata l'analogia di taluni frammenti con un'iscrizione ritrovata a San Giovanni, riferentesi a un magistrato municipale. La Centopietre, pertanto, si conferma come un tipico monumento medievale, una cripta basiliana; da essa inoltre si recupera una serie di conci, probabilmente appartenenti a un monumento funerario con fregio dorico del terzo quarto del I sec. a.C., a cui forse possono attribuirsi anche gran parte dei blocchi o lastre ivi reimpiegati. I conci, multipli del piede di 29,9 cm, tagliati da lapicidi di V., sembrano appartenere a un architrave.
Nel fondo S. Andrea, in località La Cupa, sono presenti resti di una necropoli a incinerazione di età imperiale caratterizzata da contenitori di pietra 0 argilla, posti nel terreno a c.a 60 cm dall'attuale piano di campagna.
La necropoli sarà stata localizzata su un lato della via di congiungimento della città antica al mare, forse diramazione del principale tracciato viario che toccava V. e la univa agli altri centri subcostieri del Salento ionico; lungo questa via dovettero essere allineati i maggiori monumenti funerarî della città antica (base dei Fadii, cippo di Venerius).
Bibl.: In generale: V. Rosafio, Vereto città messapica nel Basso Salento, Lecce 1968; F. D'Andria, L'esplorazione archeologica, in AA.VV., Leuca, Galatina 1978, pp. 47-90; id., Messapi e Peuceti, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Italia omnium terrarum alumna, Milano 1988, pp. 653-715; C. Daquino, I Messapi e Vereto, Lecce 1991. - Fonti: G. Susini, Fonti per la storia greca e romana del Salento, Bologna 1962; C. Pagliara, Fonti per la storia dt Veretum: iscrizioni, monete, timbri anforari, in Annali dell'Università di Lecce, V, 1969-1971, pp. 121-136; id., Fonti epigrafiche per la storia di Veretum e della Centopietre di Patù, in AnnPisa, VI, 2, 1976, pp. 441-451; M. Lombardo, I Messapi e la Messapia nelle fonti letterarie greche e latine, Galatina 1992.