pronominali, verbi
Verbi pronominali è un’etichetta generica che indica tutti i verbi nella cui forma di lemma appare un pronome clitico (➔ clitici), sia esso intrinsecamente legato al lemma (come in accorgersi, pentirsi) o in alternanza con forme prive di clitico (rivolgere ~ rivolgersi, riempire ~ riempirsi). Alcuni di questi verbi incorporano due clitici (andarsene, intendersela, prendersela, ecc.). A dispetto delle loro somiglianze, i verbi pronominali possono essere articolati in classi, distinte per il tipo di clitico coinvolto e per il significato (Lepschy & Lepschy 19863; Sabatini 1988; Salvi 1988; Serianni 1988; dal punto di vista storico, Rohlfs 1966-1969; tra i numerosi studi in prospettiva moderna: Napoli 1976; Castelfranchi & Parisi 1976; Lo Cascio 1970; Nocentini 1977; Manzini 1986; Cinque 1988; Cennamo 1993; Wehr 1995; Centineo 1995; Jezek 2004).
L’italiano ha una fitta serie di verbi che si costruiscono (obbligatoriamente o facoltativamente) con il clitico -si, forma atona del pronome tonico sé, coniugato alle varie persone (mi, ti, ecc.). Questo pronome è un’eredità del latino (sē), dove aveva la funzione principale di indicare che l’evento espresso dal verbo era riflessivo (➔ riflessivi, verbi). Nell’italiano moderno il pronome ha una gamma più ampia di funzioni (Cennamo 1993), come appare dal fatto che è impossibile sostituirlo con la forma tonica sé rafforzata dall’intensificatore stesso (cioè sé stesso; ➔ intensificatori) in tutti i suoi usi (tale sostituzione è ammessa soltanto con gli usi riflessivi, come in 1 a.):
(1) verbo + sé stesso
a. lavarsi → lavare sé stesso
b. ammalarsi → *ammalare sé stesso
Non rientrano tra i verbi pronominali le costruzioni pronominali impersonali (si parte alle due; ➔ impersonali, verbi) e passive (qui si vendono libri usati; ➔ passiva, costruzione), in cui il si non è parte del verbo (non sono infatti possibili le forme con clitico: *partirsi alle due, *vendersi libri usati).
In base allo specifico significato di -si è possibile distinguere sei classi principali di verbi pronominali, illustrate qui di seguito.
I verbi riflessivi (➔ riflessivi, verbi) descrivono un’azione intenzionale che il soggetto compie trattando sé stesso come oggetto:
(2) allontanarsi, asciugarsi, coprirsi, guardarsi, pettinarsi, vestirsi, voltarsi
Il -si è argomento del verbo (➔ argomenti) e realizza il complemento oggetto (➔ oggetto). Che -si sia un argomento è evidenziato dal fatto che, se è omesso, la frase è incompleta, poiché manca di un partecipante (*Marco pettina). Si tratta tuttavia di un argomento particolare, in quanto ha lo stesso referente di quello realizzato come soggetto. Nello stesso partecipante coesistono dunque due ruoli tematici (agente e tema) (➔ tematica, struttura).
Possono essere usati riflessivamente solo i verbi che descrivono un’azione intenzionale compiuta prendendo un altro ente come oggetto (cioè verbi transitivi, come appunto asciugare, vestire, nascondere, guardare, ecc.; ➔ transitivi e intransitivi, verbi).
Con questi verbi l’oggetto non è la persona in generale ma alcune sue pertinenze tipiche, come, ad es., una parte del suo corpo (3), un oggetto che indossa o possiede (4), un oggetto che ha a che fare con la sua sfera personale (5):
(3) rompersi il braccio; tagliarsi i capelli; limarsi le unghie
(4) aggiustarsi la cravatta; spazzolarsi la camicia
(5) prepararsi la cena
Benché il referente dell’oggetto non coincida con quello del soggetto, quest’ultimo è il partecipante investito intenzionalmente dagli effetti dell’evento, come nel caso dell’uso propriamente riflessivo, esaminato sopra.
Dal punto di vista argomentale, il -si è argomento del verbo perché indica il beneficiario dell’evento e realizza il complemento indiretto (detto anche complemento di termine o dativo: a sé). Se è omesso, dev’essere sostituito da un altro destinatario per evitare che la frase risulti incompleta (*Luca aggiusta la cravatta).
Va sottolineato che, per le pertinenze specifiche e in particolare per le parti del corpo, il verbo in -si è in italiano l’unica maniera grammaticale per indicare il possesso o la relazione personale:
(6) si è rotto il braccio → *ha rotto il suo braccio
(7) si toglie l’appendice → *toglie la sua appendice
Ciò non vale nel caso che ci siano motivi di contrasto: ha rotto il suo braccio non il mio; ha stirato la sua cravatta non la mia.
Il verbo in -si può essere usato per indicare una più intensa partecipazione del soggetto al processo descritto: per es., farsi una mangiata, leggersi un romanzo, bersi una birra, vedersi la partita. In questi casi, propri specialmente della ➔ lingua parlata, il clitico non è argomento del verbo: ciò appare dal fatto che è facoltativo, cioè può essere omesso senza che la frase risulti incompleta (si può avere dunque anche leggere un romanzo, vedere la partita). La sua presenza però, ha conseguenze sul significato dell’espressione, poiché pone l’accento sul coinvolgimento (interesse, danno, ecc.) che il soggetto ha nell’evento e ne sottolinea la partecipazione (➔ dativo etico; ➔ diatesi; ➔ lingue romanze e italiano).
Va sottolineato che con questi verbi possono aversi ambiguità di interpretazione: vedi la richiesta (per es., in autobus) per favore mi apre davanti? o il bambino non mi mangia, ecc.
Sono verbi (➔ reciproci, verbi) che descrivono eventi in cui partecipano insopprimibilmente due o più soggetti, ognuno dei quali promuove e insieme riceve gli effetti dell’evento stesso: aiutarsi, incontrarsi, picchiarsi, mettersi d’accordo, salutarsi, fidanzarsi, sposarsi. Perché l’interpretazione sia reciproca (e non d’altro tipo), il referente del soggetto deve essere necessariamente plurimo: i ragazzi si incontrano (il ragazzo si incontra avrebbe tutt’altro senso).
Come nell’uso riflessivo, anche nel caso dell’uso reciproco il clitico è argomento e realizza il complemento oggetto. Anche in questo caso soggetto e oggetto hanno lo stesso referente, però costituito da più entità. A rigore, gli effetti dell’azione non ricadono sul soggetto che la compie, ma si ha uno scambio reciproco di effetti. Si tratta quindi di un caso di riflessività incrociata: «io faccio qualcosa con te e tu fai la stessa cosa con me».
Come nel caso dell’uso riflessivo indiretto, anche per questi verbi l’oggetto dell’azione non è la persona in generale ma sue pertinenze, ad es., una parte del corpo (stringersi la mano), un oggetto posseduto (farsi un regalo), un oggetto che appartiene alla sua sfera personale (scambiarsi l’indirizzo), ecc.
Sono un’ampia classe di verbi che, pur avendo il -si, non esprimono un evento riflessivo. Tra questi rientrano svariati verbi psicologici (➔ psicologici, verbi): ingelosirsi, innamorarsi, intristirsi, immalinconirsi, ecc. Diversi di questi verbi hanno sintassi inaccusativa (➔ inaccusativi, verbi) ed esprimono eventi non intenzionali, con alcune eccezioni. Il -si non è un argomento (non può essere sostituito da sé stesso) e il suo contributo semantico è controverso: alcuni lo intendono marca di perdita di transitività o di riduzione di valenza, ecc. (per una rassegna delle proposte teoriche, ➔ ergativi, verbi).
I verbi in -si non esauriscono la gamma dei verbi pronominali dell’italiano. Infatti altri pronomi clitici (ci, la, le, ne) si saldano al verbo, dando luogo a lemmi, talvolta chiamati verbi procomplementari (per la tradizione lessicografica, GRADIT 1999-2007; Sabatini & Coletti 2007; per gli studi in prospettiva moderna, Russi 2008).
Alcuni esempi sono:
(a) verbi con -ci: andarci, arrivarci (arrivarci a capire), averci (ci ho paura), cascarci, correrci (ci corre una bella differenza), entrarci (non c’entra), esserci, metterci (quanto ci metti?), perderci, rimetterci, ripensarci, scapparci (ci scappa il morto), sentirci, starci, vederci, volerci;
(b) verbi con la: contarla, farla (la fa a tutti), farla franca, finirla, piantarla, spuntarla;
(c) verbi con le: buscarle, prenderle, suonarle;
(d) verbi con -ne: andarne (ne va della vita), farne (farne di tutti i colori), volerne (non volermene).
I clitici si combinano in alcuni casi tra loro dando luogo a verbi con pronome multiplo:
(e) verbi con -cela: avercela (con), farcela;
(f) verbi con -cene: corrercene, volercene (ce ne vuole!).
La classe più numerosa è quella con -si in combinazione con uno dei pronomi di cui sopra:
(g) verbi con -sela: cavarsela, cercarsela, contarsela, darsela (darsela a gambe), farsela (con), filarsela, godersela, intendersela, passarsela (passarsela bene), prendersela (con), ridersela, sbrigarsela, spassarsela, svignarsela, tirarsela;
(h) verbi con -sene: andarsene, fregarsene, intendersene, restarsene, rimanersene, starsene, tornarsene, venirsene (venirsene a casa).
A loro volta, le forme lessicalizzate con pronome, semplice o multiplo, possono occorrere in polirematiche, in cui coinvolgono altri elementi quali avverbi, aggettivi e nomi (➔ polirematiche, parole; ➔ sintagmatici, verbi):
(i) darci dentro, dormirci sopra, mettercela tutta, venirne fuori, prenderci gusto, farsela sotto, vedersela brutta, venirsene fuori (con).
Tali forme, che hanno in genere significato figurato e non composizionale, hanno una sintassi diversa dal verbo base: per es., mentre piantare è un verbo transitivo, piantarla è un intransitivo con un argomento oltre al soggetto. Il clitico non ha valore argomentale:
(8) piantala di lamentarti
(9) adesso piantala con questa storia
In una situazione nota, il secondo argomento può rimanere inespresso (basta, piantala!).
Dai verbi procomplementari vanno distinti i verbi che conservano lo stesso significato con o senza le particelle, le quali quindi sono pronomi di ripresa (o anticipazione) del tema (➔ pronomi di ripresa), con valore locativo, strumentale, finale (rivelato dalle preposizioni che introducono l’argomento: in, con, a) di una normale frase segmentata, anche se il tema è dato da una informazione antecedente, riassumibile in un pronome neutro (questo, quella cosa). Per es., mentre andarci nel senso di «essere necessario» è un verbo procomplementare in quanto la particella è obbligatoria perché il verbo abbia quel significato (10 a.), badarci (10 b.) e tenerci (10 c.) non lo sono in quanto la particella è opzionale:
(10)
a. nella torta ci vanno due uova / *nella torta vanno due uova
c. non badarci, a quello che dico / non badare a quello che dico
b. ci tengo molto, ai miei libri / tengo molto ai miei libri.
GRADIT (1999-2007) = De Mauro, Tullio (dir.), Grande dizionario italiano dell’uso, Torino, UTET, 8 voll.
Sabatini, Francesco & Coletti, Vittorio (2007), Il Sabatini-Coletti. Dizionario della lingua italiana, 2008, Milano, Rizzoli-Larousse.
Castefranchi, Cristiano & Parisi, Domenico (1976), Towards one “si”, «Italian linguistics» 2, pp. 83-121.
Cennamo, Michela (1993), The reanalysis of reflexives: a diachronic perspective, Napoli, Liguori.
Centineo, Giulia (1995), The distribution of “si” in Italian transitive/inchoative pairs, in Proceedings from semantics and linguistic theory V, edited by M. Simons & T. Galloway, Ithaca (N.Y.), Cornell University, pp. 54-71.
Cinque, Guglielmo (1988), On “si” constructions and the theory of “arb”, «Linguistic inquiry» 19, 4, pp. 521-581.
Jezek, Elisabetta (2004), Interazioni tra aspetto e diatesi nei verbi pronominali italiani, «Studi di grammatica italiana» 22, pp. 239-281.
Lepschy, Anna Laura & Lepschy, Giulio C. (19863), La lingua italiana. Storia, varietà dell’uso, grammatica, Milano, Bompiani (1a ed. 1981).
Lo Cascio, Vincenzo (1970), Strutture pronominali e verbali italiane, Bologna, Zanichelli.
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Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.
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