Marzot, Vera
Costumista cinematografica e teatrale, nata a Milano il 22 giugno 1931. Per il grande schermo ha lavorato con registi come Luchino Visconti, Mario Monicelli e Vittorio De Sica, spesso in collaborazione con Piero Tosi, da cui ha appreso la meticolosità e l'attento studio storico delle forme, ma anche la capacità di uniformare il dettaglio con la visione d'insieme, al fine di rendere 'l'abito' parte integrante e indispensabile del grande 'quadro' cinematografico. Pur prediligendo i film in costume, ha lavorato spesso per opere di ambientazione contemporanea.
Dopo aver frequentato senza diplomarsi il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, debuttò nel cinema come assistente di Beni Montresor in Pia de' Tolomei (1958) di Sergio Grieco, e quindi di Flavio Mogherini in Il magistrato (1959) di Luigi Zampa, di Piero Zuffi in Il generale Della Rovere (1959) di Roberto Rossellini, di Dario Cecchi in I delfini (1960) di Francesco Maselli, e di Pier Luigi Pizzi in Una vergine per il principe (1965) di Pasquale Festa Campanile. Esordì come costumista in Urlatori alla sbarra (1960) di Lucio Fulci; tra i suoi lavori più importanti di questo primo periodo vanno ricordati Un giorno da leoni (1961) di Nanni Loy, L'isola di Arturo (1962) di Damiano Damiani ed Eva (1962) di Joseph Losey, film per il quale disegnò tutti i costumi, eccetto quelli della protagonista Jeanne Moreau curati dallo stilista Pierre Cardin. Nel 1963 iniziò la collaborazione con Tosi, come assistente sul set di due film: Il Gattopardo di Visconti, una delle avventure più suggestive della storia del costume cinematografico, nelle cui scelte stilistiche si avverte un richiamo alla pittura dei Macchiaioli e del migliore Ottocento europeo, in accordo perfetto con le scenografie di Mario Garbuglia; e I compagni di Mario Monicelli, in cui utilizzò abiti smessi e stoffe povere. Firmò poi insieme a Tosi quattro film: La donna scimmia (1964) di Marco Ferreri, per il quale creò costumi ispirati al surreale e folle mondo ideato dal regista; Matrimonio all'italiana (1964) di Vittorio De Sica, in cui gli abiti aderenti e dai colori sgargianti di Sophia Loren, nella prima parte del film, contrastano vistosamente con quelli da lei indossati nella seconda parte, poveri e sciupati, che diventano una sorta di metafora delle sue disillusioni; La caduta degli dei (1969) e Gruppo di famiglia in un interno (1974), entrambi di Visconti, nel secondo dei quali il passaggio dalla realtà al ricordo è sottolineato dal contrasto tra i leggerissimi abiti primo Novecento della madre e della moglie del protagonista, riviste in sogno, e la vistosa eleganza degli abiti del personaggio interpretato da Silvana Mangano, simbolo di un presente privo di poesia. Nel 1973 disegnò i costumi di Il mio nome è Nessuno di Tonino Valerii e di La colonna infame di Nelo Risi. Successivamente ha rivolto la sua attenzione principalmente al teatro, lavorando ancora con Visconti e, tra gli altri, con Luca Ronconi.
S. Masi, Costumisti e scenografi del cinema italiano, 1° vol., Roma 1990, pp. 213-23.