RUFFINELLI, Venturino
– Originario di Brescia, cominciò a esercitare l’arte tipografica a Venezia nel 1534. La nascita bresciana si ricava da un avviso da lui stampato a Mantova nel 1546, nel quale è definito Brixiensis (Ascarelli - Menato, 1989, p. 184, ma senza indicazione dell’esemplare), e dal fatto che nella sua attività risulta di frequente collegato a personaggi provenienti da quella città.
Fino al 1544 il suo nome è associato a quello di Giovanni Padovano. Poiché la produzione di quest’ultimo anteriormente al 1534 è attestata in maniera assai incerta (due sole stampe non datate, ma dopo il 1531, secondo EDIT16), è probabile che l’attività iniziasse per entrambi quando strinsero sodalizio e pubblicarono solo nel primo anno 16 edizioni. La prima stampa certa sono i Dicta notabilia, et in thesaurum memoriae reponenda, Platonis, Aristotelis, commentatoris Porphirii, Gilberti Poretani, Boetii, Senece, Apuleii (maggio 1534). In EDIT16 risultano con i loro nomi congiunti 67 edizioni fino al 1543.
La maggior parte non reca indicazione dello stampatore. L’esistenza di una stamperia gestita congiuntamente è dichiarata solo di rado e a partire dal 1536: nel De officiis di Cicerone impresso per Lucantonio Giunti («Venetiis, in officina Ioannis Patavini et Venturini de Roffinellis, sumptibus Luceantonii Iuntae, 1536 mense Maio») e nel Commentarium de vino di Antonio Fumanelli («Venetiis, in officina Ioannis Patavini, et Venturini Roffinelli, 1536 mense Septembri»). Ma, poiché i due soci pubblicarono anche ciascuno con il loro nome da solo, è probabile disponessero almeno di un torchio proprio o altrimenti che stampe con sottoscrizioni differenti uscissero dalla stessa officina. Neppure si può dire, allo stato delle ricerche, se per le edizioni in cui è presente soltanto la dicitura «per Ioannem Patavinum et Venturinum de Ruffinellis» (o simili) ciò significhi che essi fossero anche gli stampatori o solo gli editori, e il nome dello stampatore fosse taciuto per ragioni commerciali. Certamente si servirono di altre officine e impressero su committenza altrui. Come editori figurano solo agli esordi, nella Historia naturale di Plinio tradotta da Cristoforo Landino, stampata da Tommaso Ballarino (1534), in sette opere di Girolamo Savonarola stampate per loro da Bernardo Stagnino tra il 1535 e il 1536 e nei Municipalia Cremae (gli Statuti municipali di Crema) impressi da Aurelio Pinzi con data di fine stampa 30 luglio 1537. Sono invece tipografi nei Soliloquia del giureconsulto Giovanni d’Arnono, «ad instantiam Petri Facoli ditto dal cavallo» (1536).
Il catalogo Ruffinelli-Padovano si presenta alquanto eterogeneo e non orientato nelle scelte editoriali. Offre tuttavia titoli importanti, specie nei primi anni: il Libro del famoso cavallero Palmerin de Oliva, in spagnolo (agosto 1534), Giovanni Antonio Tagliente, Formulario nuovo che insegna dettare lettere missive (1535), Galeno nella traduzione latina del polacco Józef Struś (1535), gli Epistolarum Leonis decimi Pontifici Max. nomine scriptarum libri sexdecim di Pietro Bembo (23 luglio [1536]).
I primi libri sottoscritti da Ruffinelli da solo risalgono al 1538 (un Cicerone, La oratione XIII, Filippica seconda nel volgarizzamento di Giovanni Giustiniani il 18 settembre) e si intensificano negli anni successivi. Poiché dallo stesso anno risultano pure stampe «ad istanza di», egli disponeva almeno da allora di un’officina propria, con la quale si propose sul mercato librario veneziano con un’offerta indipendente da Padovano, caratterizzata da apertura anche maggiore di quella della società con quest’ultimo. Alcune edizioni sono ristampe di opere già edite insieme, ma ragguardevole è la presenza di classici, in latino: Terenzio (1539, 1542, 1543), Ovidio (1540), Orazio (1540), Cicerone (1540, 1542); e volgarizzati: Svetonio (1539), Luciano (1542), Plutarco (1543). Inoltre Giovanni Gerson, De imitatione Christi (1542), i Discorsi di Niccolò Machiavelli (1543), la Historia omnium aquarum e la Nomenclatura omnium plantarum del medico e botanico olandese Remacle Fuchs (1542), Andrea Fulvio, Delle antichità della città di Roma (1543).
Ruffinelli stampò per altri soggetti presenti sulla piazza veneziana: Curzio Troiano Navò, Andrea Arrivabene, Giovanni Farri, Francesco Di Leno, Paolo Gherardo; e per committenti occasionali: per Mattiolo Padovano (forse un parente di Giovanni) eseguì la commedia Amaranta di Giovan Battista Casali (1538), per «Andrea Pegolotto libraro» La vita di Merlino con le sue profetie (1539), per il «nobel huomo messer Matheo Morelli» la Rituum archiepiscopalis et metropolitanae Ecclesiae Neapolitanae interpretatio del giureconsulto napoletano Alberico Oliva (1542), per «Francesco Maron detto il Faventino» l’Opera nuova d’un gentil’huomo fiorentino chiamato Tibaldo Eliseo (1540 circa), per «Thomaso Bottietta al segno del Leone et del Orso» le Prediche quadragesimali di Girolamo Savonarola (1543 e 1544), per «maestro Bastiano Vinitiano et Beneto cieco conpagni» l’Opera nuova chiamata Pantheon di Eustachio Celebrino (1544).
Nel 1543 risultano due committenze da parte del matematico bresciano Niccolò Tartaglia. In febbraio l’Euclide Megarense philosopho, solo introduttore delle scientie mathematice, diligentemente reassettato, et alla integrita ridotto per il degno professore di tal scientie Nicolò Tartalea, stampato «ad instantia e requisitione» della società editoriale formata da Tartaglia con lo stampatore Guglielmo da Fontaneto e il libraio Pietro Facolo. In aprile, per la stampa dell’Opera di Archimede da lui curata, Tartaglia si rivolse direttamente a Ruffinelli e nel luglio del 1546 gli fece imprimere i suoi Quesiti, et inventioni diverse, coperti da ampio privilegio, con un elegante ritratto dell’autore nel frontespizio e numerose incisioni di strumenti e di disegni geometrici che illustrano il testo.
Sempre nel 1543, per interessamento del cardinale Ercole Gonzaga, reggente del ducato dopo la morte del fratello Federico II (28 giugno 1540) per il nipote Francesco III allora settenne, Ruffinelli trasferì la tipografia a Mantova, interrompendo dunque il sodalizio con Padovano (che rimase attivo da solo fino al 1553).
Si compiva così il disegno dei principi Gonzaga di installare una stamperia nella città, che finora era stata sprovvista di officine stabili e si era servita di stampatori itineranti o si era rivolta al mercato veneziano, e dal 1519, data di morte del marchese Francesco, era rimasta silente in campo tipografico. Nel negozio si adoperò anche la duchessa vedova Margherita Paleologo, che si rivolse a Gabriele Giolito, ma il maggiore editore veneziano del momento declinò rispettosamente l’invito con una lettera del 2 giugno 1543. Le trattative non si interruppero e già il 20 ottobre successivo il residente gonzaghesco a Venezia Benedetto Agnello annunciò al segretario ducale Sabino Calandra il prossimo arrivo a Mantova di un tipografo e che due torchi erano stati già spediti da Venezia. Da una lettera di Agnello a Calandra del 15 marzo 1544 risulta che nel frattempo il tipografo in questione aveva fatto un sopralluogo e aveva «già inviato il torchio et una cesta grande di caratteri de l(itt)ere» (Pellegrini, 2007, p. 234, la discrepanza sul numero dei torchi è imprecisione di Agnello: il torchio era certamente uno).
Il decreto ducale in data 8 novembre (in B. Osanna, Informatione vera..., 1598, poi a cura di F. Ferrari, 2008, p. 169) concesse ampi privilegi. A Ruffinelli e ai dipendenti della stamperia, fino al numero di dodici, erano garantiti, finché la tipografia fosse stata in attività, l’esenzione dal dazio sul grano e sul vino e da ogni altro dazio, gabella o gravame, il diritto di importare dall’estero tutto l’occorrente per sé e per la stamperia senza pagare tasse, l’uso di un’abitazione per Ruffinelli e per i dipendenti e dei locali dell’officina. Il decreto proibiva infine che altri stampatori si installassero a Mantova e vi esercitassero l’arte (non però nei domini).
Ruffinelli mantenne un’officina a Venezia, che almeno fino al 1547 (alcune stampe recano la doppia data 1546 e 1547), produsse, per sé e per altri editori, complessivamente 26 opere (comprendendo anche quelle con data 1544), nessuna delle quali con Padovano. Oltre ai citati Quesiti di Tartaglia, videro la luce nel 1545 un Ricettario di Galeno, le Lettere di Falaride, una raccolta di opere di Giovanni Sulpizio da Veroli; nel 1546 un Orazio, un Terenzio (colophon 1547), un Valerio Massimo, il Viaggio da Venetia al Santo Sepolchro e al monte Synai, tipico prodotto della fiorente produzione di guide e relazioni di viaggio, ampiamente illustrato; nel 1547 un Sallustio.
La prima edizione mantovana accertata risale all’agosto 1544: Comedia nuova intitolata Disiderato fine: composta per un gentilhuomo Mantovano, opera anonima dedicata dallo stampatore al cardinale Gonzaga.
Per il frontespizio fu impiegata una xilografia (Zappella, 1986, II, fig. 875) che rappresenta il monte Olimpo, nel contorno la frase «Levavi oculos meos in montem» (Salmi, 120, 1). L’immagine è una celebre impresa di Federico II legata alla concessione del titolo ducale da parte di Carlo V nel 1530: il significato è insito nell’espressione di fede e di lealtà, di cui il monte Olimpo è un simbolo, poiché le ceneri dei sacrifici celebrati su di esso non vengono intaccate dagli agenti atmosferici. Figura, senza il motto, soltanto in altre tre stampe concentrate nel primo biennio di attività a Mantova: nei Cicalamenti del Grappa intorno al sonetto “Poi che mia speme è lunga à venir troppo”, nella Lettura sopra un sonetto della Gelosia di mons. Della Casa (il sonetto Cura che di timor mi nutri e cresci) di Benedetto Varchi (entrambe 20 luglio 1545), nelle Informationes in causis marchionatus et status Montiferrati, per [...] dominos Hieronymum de Medicis [...] et Ioan. Baptistam Albrisium... (1545, colophon 1546).
La presenza dei Cicalamenti, dell’altra opera comico-esegetica attribuita allo sconosciuto Grappa, il Comento nella canzone del Firenzuola in lode della salsiccia (1545, in parallelo con i Cicalamenti, ma senza il frontespizio xilografico) e della Lettura di Varchi, letta nell’Accademia degli Infiammati a Padova presumibilmente tra il settembre e l’ottobre 1541, costituiscono una singolarità, poiché si tratta di opere riconducibili alla realtà culturale padovana, tra lo Studio e l’Accademia degli Infiammati, che non avevano a che fare con il mondo culturale mantovano, a cui Ruffinelli avrebbe dovuto fare riferimento.
Nella produzione degli anni successivi (38 edizioni censite in EDIT16) è evidente l’orientamento verso autori locali o dei domini (N. Arco, Numeri, 1546; G.G. Bottazzo, Epithalamium illustriss. Francisci Ferdinandi Davali Piscariae Marchionis, et illustriss. Isabellae Gonzagae, 1554; Id., Argo navis in laudem Argonautarum Accademiae Casalensis, 1555; G.B. Bertani, Gli oscuri et difficili passi dell’opera ionica di Vitruvio, 1558) e opere istituzionali legate alle necessità del governo ducale, all’amministrazione della diocesi, alla riforma liturgica avviata dal cardinale Gonzaga. Del 1547 è l’importante raccolta Delle lettere di diversi autori, dedicata al segretario ducale Endimio Calandra, che travalica lo spazio strettamente mantovano. Esterne a tale ambiente sono anche la commedia Altilia di Anton Francesco Raineri (1550) e il Ragionamento nel quale brevemente s’insegna a giovani huomini la bella arte d’amore di Francesco Sansovino (1555). Altre stampe sono la riproposizione di opere impresse da Ruffinelli a Venezia; la comunità ebraica finanziò la stampa del Liber gramaticae dictus Bachur videlicet electus magistri Eliae Levitae Hebraei Germani (27 ottobre 1556), in cui Ruffinelli figura come editore e il tipografo è Jacob ben Naftali ha-Kohen da Gazzuolo.
L’ultima stampa sottoscritta da Ruffinelli è del 1559: il modesto Recettario di Galeno, in ottavo, opera assai nota di medicina popolare del medico piemontese Giovanni Saracino. La morte deve essere sopraggiunta quello stesso anno.
Il figlio di Ruffinelli, Giacomo, cominciò la sua attività nella tipografia mantovana. Sottocrisse per la prima volta nel 1547 (N. Franco, La Philena, dopo il 4 aprile; G.G. Bottazzo, Dialogi maritimi; la Dichiaratione di Pier Adamo sopra l’Orologio di Mantova). Dopo la morte del padre rilevò l’azienda (Rhodes, 1956, p. 168, ritiene possibile che abbia allestito una sua officina indipendente, ma pare improbabile) e proseguì l’attività, ma il privilegio non gli fu rinnovato.
Le vicende della tipografia sotto la sua direzione sono in parte ricostruibili, con la necessaria cautela, attraverso la Informatione vera di quanto sin’hora è occorso fra Giacomo, e Tommaso Ruffinelli, et Francesco Osanna intorno alla stampa, un memoriale di 8 carte (un esemplare conservato nella Biblioteca comunale di Mantova) scritto e stampato dal figlio di Francesco Bernardino Osanna, Benedetto, nel 1598, con l’intento di mettere in cattiva luce Giacomo (allora già morto) e il figlio Tommaso, che aveva ereditato l’azienda.
Il 28 febbraio 1576 Giacomo inoltrò una supplica al duca Guglielmo affinché il privilegio gli fosse concesso di nuovo, dopo che una richiesta precedente era stata respinta, e dichiarò che nel frattempo aveva allestito altri tre torchi, fidando nella conferma del privilegio e della sua estensione a libri a carattere prettamente commerciale («che niuno potesse vendere Donati, Regole, Grammatiche, Dottrinali, Salteri, Tavole da putti, Abachini, Institution christiana, Prencipe Christiano, et i sette Salmi, se non quelli che fossero stampati nella sua stampa», B. Osanna, Informatione vera..., cit., p. 170). La supplica fu accolta, ma con fideiussione di 300 scudi e obbligo del fisco a esigere la somma se Giacomo non avesse stampato, come promesso, con quattro torchi. Sebbene avesse ottenuto un semplice rescritto e non un decreto, Giacomo fece valere i diritti acquisiti intimando ai librai in città di non vendere le opere di cui egli riteneva di avere avuto la privativa. Certamente dietro segnalazione degli Osanna, attivi a Mantova come librai almeno dal 1570 (dal 1577 anche come tipografi), Guglielmo venne a sapere che Giacomo stampava con un solo torchio e il 20 ottobre 1584 diede ordine di esigere la fideiussione, ma Giacomo si difese argomentando che non aveva violato la legge perché non era stato emesso il decreto e la pena fu condonata. Il duca ordinò tuttavia di riscuotere una somma uguale per l’affitto della casa e dell’officina, di cui Giacomo aveva goduto senza titolo dalla morte di Venturino.
Morto Guglielmo (14 agosto 1587), Giacomo tornò all’attacco con Vincenzo I, che l’8 novembre con un rescritto gli permise di tornare a esercitare la stampa, ma con fideiussione di 100 scudi se avesse impresso opere per cui il privilegio stava per essere concesso agli Osanna, come in effetti avvenne il 13 gennaio 1588: tutti i benefici di cui la tipografia Ruffinelli aveva goduto in passato furono trasferiti a loro. La concorrenza tra le due tipografie proseguì con reciproci attacchi; il 10 luglio 1590 Giacomo inoltrò una supplica perché non si proseguisse contro di lui con una pena pecuniaria di 2600 scudi (così B. Osanna, Informatione vera..., cit., p. 173) per avere stampato un Lunario ebreo e «un’historietta di ciarlatani d’un foglio». La querela era stata sporta dagli Osanna, ma Giacomo si difese asserendo che egli aveva usufruito dei privilegi di cui gli ebrei godevano per la stampa dei loro libri e che l’altra opera non rientrava nel privilegio dei concorrenti. Un estremo tentativo di riottenere il privilegio fu fatto dal figlio di Giacomo, Tommaso, nel 1598 con una supplica di cui Benedetto Osanna riporta il testo al termine della sua Informatione e che fu certamente all’origine della composizione da parte sua del pamphlet antiruffinelliano.
Con Giacomo si intensificò l’orientamento verso autori mantovani e dei domini gonzagheschi, di cui la tipografia Ruffinelli era divenuta il riferimento più accessibile per chi non potesse rivolgersi a imprese prestigiose all’estero: il suo catalogo ospita Ludovico Arrivabene, Curzio Gonzaga (Il Fido amante, 1582), Federico Pendasio (De natura corporum coelestium, 1555), Giulio e Camillo Capilupi, Ascanio Pipino de’ Mori da Ceno, Ercole Gonzaga. Rilevanti sono il Dioscoride di Pietro Andrea Mattioli (1549), le Institutiones grammaticales di Guarino Veronese (1578); inoltre avvisi, ordini, statuti, orazioni di ambito locale. La collaborazione avviata da Venturino con la comunità ebraica proseguì con Giacomo: nel 1560 Jacob ben Naftali ha-Kohen da Gazzuolo eseguì nella sua officina il Pirke᾿ Abôt (Capitoli dei padri). Numerose le stampe con false indicazioni per aggirare i vincoli imposti dal privilegio concesso agli Osanna (ad esempio, Disputa contra gli Hebrei; approbandogli per tutte queste profetie, il vero Messia esser venuto, «Stampata in Milano, in Brescia et ristampata in Mantova, per Giacomo Ruffinello, ad instanza d’Iseppo de’ Fideli hebreo fatto christiano in Venetia, 1587», un solo esemplare a Bergamo, Biblioteca civica).
Le ultime stampe sottoscritte da Giacomo risalgono al 1590, perciò è probabile che la morte risalga a quell’anno (dopo il 10 luglio) o poco dopo.
L’azienda passò quindi a Tommaso (di cui si ignorano le date di nascita e di morte), che era stato coinvolto nella conduzione già da prima, come si ricava da una nota in calce alla Informatione: «Avertisca il Lettore, che non senza ragione habbiam favellato de’ Ruffinelli padre, et figliuolo indifferentemente, percioche tutto ciò che uno di essi faceva, era dall’altro approvato: anzi, che Giacopo il padre, quasi nulla s’impacciava nella stamperia, lasciando il carico di lei a Tomaso suo figliuolo: il che viene affermato da gli stessi lavoranti suoi, per leggittima depositione in giudicio» (B. Osanna, Informatione vera..., cit., p. 178).
Tommaso continuò la produzione di libri di base di facile smercio, affiancando a quella di stampatore l’attività di libraio, come si ricava dall’Avvertimento: «lui stesso andava a Brescia a fornirsi di Salteri, Donati, et simili, per la sua bottega» (ibid., p. 175). Firmò poche opere. Si conferma la collaborazione con la comunità ebraica, che serviva ad aggirare il privilegio degli Osanna. Nel 1593 maestranze ebraiche provenienti da fuori impressero nella sua stamperia Seper se’erît Yôsef (Libro del resto di Giuseppe) di Josef ibn Verga (eseguito da Moseh Elisama ben Israel da Guastalla) e il Seper darkê ha-gemarah (Libro delle vie della gemara) di Isaac ben Jacob Canpanton (eseguito da Moseh Weisswascher). Al 1594-95 risalgono tre opere provenienti da una committenza autorevole, evidentemente tollerata dal potere ducale: I sette salmi penitentiali ridotti in rime italiane del teologo di corte Lauro Badoaro (1594), la Oratio in lode del generale dei francescani Bonaventura da Caltagirone del mantovano padre Ippolito Donesmondi (1594), gli Ordini, privilegi, et indulgenze della venerabile Compagnia della Santissima Croce di Mantova (1595). È probabile però che Tommaso proseguisse la produzione paterna di opere popolari, per lo più anonime e di basso livello, con note tipografiche contraffatte o sine notis per difendersi dalla posizione egemone assunta dagli Osanna. Censire questa tipologia libraria, destinata al consumo e non alla conservazione, è molto difficile, per cui la produzione sia di Giacomo sia di Tommaso si sottrae a una conoscenza esatta.
Il nome di un Giacomo Ruffinelli risulta in una ventina di edizioni stampate a Roma tra il 1584 e il 1591, in prevalenza associato a stampatori attivi nell’Urbe, e un tipografo dello stesso nome lavorò a Perugia nell’officina domestica del medico e letterato Giovan Bernardino Rastelli, del quale nel 1579 impresse il De ratione atque emendatione anni et Romani kalendarii opusculum, sottoscrivendosi nel colophon con l’appellativo di Brixiensis. Poiché Brixiensis è anche il Giacomo Ruffinelli romano in un rogito con cui il 3 ottobre 1572 il tipografo Giuseppe De Angelis da Spilimbergo lo costituì procuratore per il recupero di suoi crediti (Masetti Zannini, 1980, pp. 168, 193; Franchi, 2002, p. 125), è questo un indizio per concludere che il Giacomo Ruffinelli attivo a Perugia e quello a Roma sono la stessa persona. È invece dubbio che egli sia da identificare con Giacomo di Venturino e che questi abbia stabilito solidi contatti con l’ambiente romano già parecchi anni prima che la stamperia mantovana chiudesse i battenti (egli si professa peraltro «venetiano» almeno in due sottoscrizioni: N. Franco, La Philena, 1547; G.G. Bottazzo, Dialogi maritimi, 1547). In questa direzione vanno però alcuni documenti, come il Libro de decreti overo constitutioni della Compagnia et fraternita della Santissima Trinita cognominata del Sussidio (la Confraternita, istituita da Filippo Neri il 16 agosto 1548, accoglieva i pellegrini venuti a Roma a visitare i luoghi santi e i convalescenti che uscivano dagli ospedali di Roma, un solo esemplare a Mantova, Biblioteca comunale), recante la doppia sottoscrizione: «In Mantova, per Giacomo Ruffinello, 1575», e nel colophon: «Stampato in Roma et ristampato in Mantova, per Giacomo Ruffinello, 1575».
A Roma fu attivo come libraio dal 1586 al 1624 anche un Giovanni Angelo Ruffinelli, che però è nominato milanese in numerosi documenti. Giacomo e Giovanni Angelo figurano insieme in una stampa del 1586 (F. de’ Vieri, Liber in quo a calumniis detractorum philosophia defenditur). Le indagini archivistiche (Masetti Zannini, 1980; Franchi, 2002) hanno mostrato il radicamento di questi Ruffinelli nel mondo dei tipografi dell’Urbe, ma resta non dimostrato che si tratti della stessa dinastia di stampatori attivi a Venezia e Mantova.
Fonti e Bibl.: B. Osanna, Informatione vera di quanto sin’hora è occorso fra Giacomo, e Tommaso Ruffinelli, et Francesco Osanna intorno alla stampa (1598), ed. anast. in Le cinquecentine mantovane della Biblioteca Comunale di Mantova, a cura di F. Ferrari, Firenze 2008, pp. 167-178 (alle pp. 179-188 la trascrizione).
D.E. Rhodes, A bibliography of Mantua, III. V. R., 1544-1558, in La Bibliofilia, LVIII (1956), pp. 167-175, IV. Giacomo Ruffinelli, 1547-1589, ibid., LIX (1957), pp. 23-34; A. Pescasio, L’arte della stampa a Mantova nei secoli XV-XVI-XVII, Mantova 1971, pp. 157-170 (Venturino), 171-179 (Giacomo); G.L. Masetti Zannini, Stampatori e librai a Roma nella seconda metà del Cinquecento, Roma 1980, pp. 168, 184, 193 e ad ind.; E. Vaccaro, Le marche dei tipografi ed editori italiani del secolo XVI nella Biblioteca Angelica di Roma, Firenze 1983, pp. 114 s., 204-206 (Giacomo), 184, 309, 315, 331 (Venturino) e ad ind.; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, I-II, Milano 1986, ad ind.; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del ’500 in Italia, Firenze 1989, pp. 184 s. (Giacomo e Tommaso), 184, 364 s. (Venturino) e ad ind.; G. Nova, Stampatori, librai, editori bresciani in Italia nel Cinquecento, Brescia 2000, pp. 89-91 (Venturino e Giacomo), 91 (Tommaso); S. Franchi, Le impressioni sceniche. Dizionario bio-bibliografico degli editori e stampatori romani e laziali di testi drammatici e libretti per musica dal 1579 al 1800, in collab. con O. Sartori, II, Roma 2002, pp. 124-128; P. Pellegrini, A bibliography of Mantuan imprints: further documents. Gabriele Giolito, V. R., Benedetto Agnello (and Ludovico Tridapale), in La Bibliofilia, CIX (2007), pp. 221-238; Le cinquecentine mantovane..., a cura di F. Ferrari, Firenze 2008 (in partic. A. Nuovo, Mantova, i Gonzaga e la stampa, pp. XXIX-XXXII; Catalogo, passim); A. Catastini, I libri ebraici della Biblioteca universitaria di Pisa, I, Incunaboli e cinquecentine, Roma 2011, pp. 99, 121, 141; EDIT16. Censimento nazionale delle edizioni italiane del XVI secolo, a cura dell’Istituto centrale per il Catalogo unico, http:// edit16.iccu.sbn.it/ web_iccu/ihome.htm.