CAMASSEI, Ventura (Bonaventura)
Nato a Bevagna (Perugia) verso la metà del sec. XIV da un Giovanni, appartenne all'Ordine dei frati predicatori.
La tradizione comune conosce il nome "Bonaventura", ma i documenti hanno costantemente "frater Ventura"; uno di essi (Archivio di Stato di Perugia, Corporazioni religiose..., cass. 3, n. 141) inoltre - del 1413 - forniscetutti gli elementi per la identificazione del C., denominato "magister Ventura Iohannis de Mevania sacre theologie doctor de ordine Predicatorum".
Scarse sono le notizie circa il periodo giovanile della sua vita e la formazione culturale ricevuta. Nel 1379 appare in un documento come "lector" nel convento domenicano di Pisa; nel mese di novembre del 1382 è a Perugia, ma senza tale qualifica; tra il 1388 e il 1393 è di nuovo a Pisa, dove consegue il titolo di "magister" in teologia. Tuttavia, la scarsa documentazione superstite fa supporre che Perugia sia stata più frequentemente il suo campo d'azione, da cui facilmente poteva curare anche gli interessi dei suoi confratelli di Bevagna.
Si sa, infatti, che nel 1354un certo Vannuccio del fu Martino, detto Baldera, cittadino di Perugia, nommava suo esecutore testamentario il priore protempore del convento di S. Domenico; pubblicato il testamento il 23ottobre 1363, si procedeva successivamente ai vari atti esecutivi, tra i quali la distribuzione gratuita ai poveri dei beni del testatore. In un libro di Ricordanze del convento perugino è annotato, sotto l'anno 1405, che tale distribuzione fu fatta dal priore maestro Ventura da Bevagna. Egli assegnò una certa somma al convento di Bevagna per l'acquisto delle Historiae scholasticae, delle Legendae sanctorum, di un messale e di un calice. Poiché l'atto fu rogato dal notaio Pietro di Lippolo, morto nel 1402, questa data e non il 1405 - annoassegnato erroneamente dal Masetti al priorato di frate Ventura - deve essere assunta come terminus ante quem per stabilire il tempo in cui il C. fu priore del convento perugino. Resta bensì problematico, considerato il valore giuridico della insinuatio testamentaria del 1363e la vertenza legale che ne seguì tra gli eredi del Baldera e i domenicani, fissare il terminus a quo del medesimo priorato.
Il C. era a Perugia ancora nel 1413, quando partecipò a un capitolo conventuale di S. Domenico e fu presente come testimone a un atto rogato nel monastero di S. Tommaso, dipendente dai domenicani; morì non molto dopo, e comunque entro il giugno del 1414, probabilmente a Bevagna.
Il Piergili fissò la data della morte a poco prima del 1416, desumendola dalla sottoscrizione del pittore Benedetto di Cesare, autore d'una pala lignea, che sarebbe stata eseguita nel suddetto anno "de eleemosinis relictis per rev. magistrum Venturam...". Ma né della tavola né del suo autore si ha oggi conoscenza, tanto da fare dubitare della fondatezza dell'informazione. La notizia più attendibile sulla data della morte del C. si desume indirettamente da una "ricordanza" dell'archivio domenicano di Perugia, in cui si legge che, nel giugno del 1414, il consiglio conventuale. dava in prestito a maestro Griffolo medico del convento e professore nello Studio di Perugia, una Summa Magistrutii di Bartolomeo Pisano, esemplata da Francesco padre di Griffolo sui codici della biblioteca del convento e data già in prestito a maestro Ventura "in vita sua".
Al di fuori delle suddette attestazioni, il nome e le poche notizie biografiche che riguardano il C. sono noti soltanto in quanto egli è l'autore della Vita del beato Giacomo Bianconi da Bevagna, domenicano, morto nel 1301. Per descrivere l'antica città umbra e i tempi in cui svolse la sua attività il Bianconi, come anche per esporre i motivi edificanti che lo avevano spinto a scrivere la Vita, il C. indulge a qualche particolare autobiografico. Nel 1377, fatto prigioniero durante un'incursione di venturieri contro Bevagna, ordinata da Trincia Trinci signore di Foligno, e poi liberato, si rifugia a Pisa, fermamente risoluto a non mettere più piede nella sua città. Avuta però una visione del beato, che lo risana anche da una grave infermità, ritorna a Bevagna, dove si adopera con tutte le forze per riorganizzare la vita e l'attività del convento domenicano, e per incrementare il culto del suo celeste protettore. Fa parte di questa intensa operosità il disegno di scrivere la vita del Bianconi, messo in atto dopo molte tergiversazioni e una ammonitrice ricaduta nella malattia. Ricercati e compulsati diligentemente vari codici e volumi di cronache, il C. dovette constatare che, alla distanza di circa ottant'anni dalla morte del Bianconi, non esistevano più testimonianze scritte sulla sua vita, tranne un trattatello che, per le sottoscrizioni di testimoni e del notaio, poteva appartenere agli atti del processo di canonizzazione, forse istruito subito dopo la morte. Con quel materiale e con altro che poté raccogliere oralmente, in modo particolare per le grazie ottenute dai devoti, attestanti il culto post mortem nell'ambiente di Bevagna, il C. compose la Vita (un prologo più 34capitoli) ricca di digressioni che, dal punto di vista storico, costituiscono una fonte importante di informazioni sull'ambiente religioso dell'Umbria tardomedievale. Il testo della Vita non ci è pervenuto, purtroppo, quale uscì dalla penna dell'agiografo, poiché le parole "nota quod suprascripta gesta et miracula b. Iacobi accepi de quadam narratione sive libello fr. Venture de Mevania", con le quali Girolamo Borselli spiega l'inserzione della Vita nella sua Chronica, fanno pensare più a un rifacimento o compendio che a una copia fedele. Lo stesso dicasi dell'opera di frate Alberto "Theutonicus" o "de Alemannia" che, nel 1514, trovato il manoscritto del C. gravemente danneggiato, non solo lo copiò ma, a suo dire, "renovavi, stilum mutavi, correxi... et etiam aliqua addidi". Circa le vicende successive dell'autografo del C., non è chiaro se lo Iacobilli, ricordando il codice in folio della Vita conservato nel convento di Bevagna, si riferisse all'originale del C., come vorrebbero J. Quétif e J. Echard, o alla copia di frate Alberto, della quale, per altro, nel 1639era stata eseguita quella ora posseduta dalla Biblioteca Vallicelliana. Negli anni 1672-73il Papebroch, intento alla raccolta del materiale agiografico per gli Acta Sanctorum del mese di agosto, non riuscì ad avere il testo della Vita del beato Giacomo dai domenicani di Bevagna, e non l'ottennero nel 1736 neppure gli altri bollandisti, nonostante le promesse del priore del convento bevanate. Nel 1785la copia di frate Alberto fu estratta dall'urna che conservava le reliquie del beato Giacomo e il sacerdote Carlo Ugolini ne fece una copia nel 1811, da allora si perse ogni traccia anche di quel manoscritto. Molto probabilmente alla copia dell'Ugolini alludeva il Trabalza, quando scriveva che "il manoscritto del C., recentemente ritrovato" si conservava nella Biblioteca comunale di Bevagna; la quale attualmente possiede solo la copia del 1911 e un codice membranaceo del sec. XVI con la Vita del Bianconi, scritta da Lorenzo Fungoli (m. 1635).
Fonti e Bibl.: Roma, Bib. Vallicelliana, ms. H 29, cc. 253r-271v (rifacimento della Vita ad opera di Alberto "de Alemannia"); Bologna, Bibl. universitaria, ms. 1999: G. Borselli, Chronica magistrorum generalium Ord. praedicatoru, cc.339r-342r; Pisa, Seminario di S. Caterina, Perg. (atto datato 16 marzo 1379); Archivio di Stato di Perugia, Consigli e riformanze, 25 (anno 1377), cc. 106v-107r, 216r, 243r-244v, 260v (per le relazioni politiche Perugia-Bevagna-Foligno); Corp. rel. soppresse, S. Domenico, Pergamene, cass. 2, n. 76; cass. 3, nn. 141, 142; Miscellanea, 5 (Ricordanze), cc. 3r, 4r, sr, 6v; Bevagna, Biblioteca comunale, Vita b. Iacobi (copia ms. di C. Ugolini, dell'anno 1811), pp. 5, 47; Cronache e storie inedite della città di Perugia, in Archivio storico ital., XVI (1850), I, p. 225; P. T. Masetti, Monumenta et antiquitates... Ord. praedicatorum II, Romae 1864, p. 178; Registrum Raymundi de Vineis Capuani 1380-1399, a cura di T. Kaeppeli, Romae 1937, pp. 80 n. 196, 110 n. 490; La raccolta di discorsi e di atti scolastici di Simone da Cascina Ordinis praedicatorum, a cura di T. Kaeppeli, in Archivum fratrum praedicatorum, XII (11942), pp. 196, 223, 225, 231, 235-37; Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. latino 9263: G. M. Mazzuchelli, Notizie relative agli scrittori d'Italia, c. 289r; L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae, Fulginiae 1658, p. 74; B. Piergili, Idea del perfetto religioso dimostrata sugli anni santamentespesi dal beato Giacomo Bianconi da Bevagna del Sacro Ord. de' predicatori, Todi 1662, p. 137; Id., Vita del b. Giacomo da Bevagna, Todi 1678, pp. 75, 81, 96; J. Quétif.-J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum I, Lutetiae Paris 1719, p. 720; Acta Sanctorum quotquot toto orbe coluntur..., Augusti, IV, Antverpiae 1739, pp. 721-23; L'Année dominicaine, Août, Lyon 1898, pp. 793-94; C. Trabalza, Studi e profili, Torino 1903, p. 17; G. Lazzaroni, I Trinci di Foligno dalla signoria al vicariato apostolico, Bologna 1969 (rist. anast.), p. 60; M. Gradassi, Vita del b. Giacomo Bianconi patrono di Bevagna, Spoleto 1950, p. 46; P. Romizi Ricci, Il notaio perugino Pietro di Lippolo e le sue "Imbreviaturae" del 1348, in Annali della facoltà di lettere e filos. della univers. degli studi di Perugia, VII (1969-1970), p. 369; T. Kaeppeli, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, I, Romae 1970, p. 249; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclésiastiques, XI, col. 542; Dizionario biografico degli Italiani, X, p. 248, sub voce Bianconi Giacomo.