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VENEZUELA

di Daniele Dottorini - Enciclopedia del Cinema (2004)
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Venezuela

Daniele Dottorini

Cinematografia

La storia del cinema in V. si interseca in profondità con lo sviluppo politico e culturale del Paese e con le fasi economiche che lo hanno attraversato. La prima proiezione pubblica avvenne il 28 gennaio 1897 a Maracaibo dove, insieme a un programma di corti Lumière, furono presentati anche due film girati in V., Un célebre especialista sacando muelas en el Gran Hotel Europa e Muchachos bañándose en la laguna de Maracaibo, entrambi attribuiti a Manuel Trujillo Durán. Nonostante il successo, l'evento non fu l'inizio di una produzione nazionale: nel Paese, sostanzialmente agricolo e controllato da pochi grandi latifondisti, nonché attraversato da colpi di stato e dittature militari (dal 1908 al 1935 il V. venne governato dalla dittatura del generale J.V. Gómez che mantenne l'economia del Paese legata ai grandi latifondi) non si verificarono le condizioni per la nascita di un'industria del cinema né per un interesse forte nei suoi confronti da parte dello Stato. Quella del cinema in V. fu agli inizi una storia frammentata ed episodica: M.A. Gonhom e Augusto González Vidal realizzarono con il sistema Lumière due film sui festeggiamenti del carnevale a Caracas, Carnaval en Caracas, (1909), e Carnaval en Caracas de 1911, (1911); nel 1913 uscì La Dama de las Cayenas o Pasión y muerte de Margarita Gutiérrez di Enrique Zimmermann, primo film a soggetto, mentre Edgar J. Anzola, Jacobo Capriles e Juan Iturbe realizzarono il primo documentario a carattere scientifico, El tripanosoma venezolano (1921). Anzola e Capriles fondarono nel 1924 la casa di produzione Triunfo Film, per la quale diressero La trepadora (1924), considerato il primo lungometraggio a soggetto, e Amor, tú eres la vida (1925).Nel 1927 venne creato il Laboratorio Cinematográfico de la Nación (LCN), ente statale (che durò sino al 1937) teso a incentivare la realizzazione di film prodotti direttamente dallo Stato, tra cui La venus de nácar (1932) di Efraín Gómez, primo tentativo di realizzare un film sonoro. Da annoverare tra i primi cortometraggi sonori Taboga e Hacia el calvario, entrambi di Rafael Rivero e del 1938, mentre il primo lungometraggio sonoro fu El rompimiento (1938) di Antonio María Delgado Gómez. Caratteristica di questi primi esperimenti sia nel muto sia nel sonoro fu la volontà dei vari autori di imitare stili e linguaggi del cinema europeo trasferendoli all'interno di una società poco urbanizzata come quella venezuelana. La ricerca di una strada autonoma per il cinema in V. spinse lo scrittore Ròmulo Gallegos a fondare la casa di produzione Avila Films, in cui riunì alcuni giovani registi e tecnici per creare le basi di un cinema nazionale. Dopo alcuni cortometraggi finanziati dallo Stato, la Avila produsse Juan de la Calle (1941) di Rivero, su soggetto originale dello stesso Gallegos: il film, andato perduto, era incentrato sulle vicende dei bambini abbandonati. La Avila Films fallì e il suo fondatore, dopo l'instaurazione della giunta rivoluzionaria di R. Betancourt nel 1945, fu eletto presidente della Repubblica nel 1947; l'anno successivo un colpo di stato militare lo destituì e impose di nuovo la dittatura nel Paese.

Per incentivare la produzione nazionale, la Bolívar Films, nata nel 1942, iniziò una politica di coproduzioni con la ben più avanzata industria cinematografica argentina: il regista argentino Carlos Hugo Christensen diresse El demonio es un ángel (1949) e La balandra Isabel llegó esta tarde (1950; L'amante creola), premiato a Cannes per la migliore fotografia nel 1951. Gli anni Cinquanta si aprirono nel segno di una maggiore apertura nei confronti del mercato cinematografico e nella capitale nacquero cineclub e associazioni culturali legate al cinema. César Enríquez realizzò La escalinata (1950), che tentò una strada nuova per il cinema venezuelano. Anche nel documentario si sperimentarono in questi anni nuove strade: nel 1958 uscì Araya della regista Margot Benacerraf, sulle miniere di sale del V., opera premiata dalla critica internazionale al Festival di Cannes nel 1959. Nello stesso anno debuttò nel lungometraggio uno dei registi più significativi degli anni Sessanta e Settanta, Román Chalbaud (con Caín adolescente), mentre, nel 1961, Chimichimito di José Martín vinse l'Orso d'argento al Festival di Berlino. Gli anni Sessanta videro un rilancio del cinema: la Benacerraf fu tra le fondatrici della Cinemateca Nacional e nel 1967 uscì la rivista "Cine al día", luogo di dibattito delle poetiche del nuovo cinema latinoamericano. Una nuova generazione di cineasti ‒ tra cui Jesus Enrique Guédez, Nelson Arrieti, Carlos Rebolledo, Jacobo Borges, Alfredo Anzola, Donald Myerston, gli uruguaiani Ugo Ulive e Jorge Solé ‒ diede vita a un cinema militante e di denuncia sociale. La ciudad que nos ve (1965) di Guédez e Pozo muerto (1966) di Rebolledo sono tra gli esempi più riusciti del nuovo documentario politico. L'interesse per il documentario sfociò anche nell'organizzazione (a partire dal 1968) del Festival del cinema documentario a Mérida e nella creazione del dipartimento di cinema dell'Universidad de los Andes. La crisi petrolifera del 1973 favorì l'industria del V. (tra i maggiori produttori latinoamericani di petrolio) che vide decuplicare il proprio fatturato e lo Stato iniziò allora una politica di investimenti anche nel cinema, mediante la creazione di strutture idonee, tanto che la produzione aumentò considerevolmente. Chalbaud diresse El pez que fuma (1977); Mauricio Wallerstein con film come Cuando quiero llorar no lloro (1973), Crónica de un subversivo latinoamericano (1975) e La empresa perdona un momento de locura (1978), esplorò in chiave realistica i luoghi della contraddizione sociale; Alias, el Rey del Joropo (1978) di Rebolledo e Thaelman Urguelles svelò un meccanismo stratificato tra realtà e finzione vicino a certi esiti più interessanti del cinema contemporaneo, così come La boda (1982) di Urguelles e Se llamaba S.N. (1977) di Luís Correa si proposero come tracce della memoria storica del Paese, rievocando eventi e tragedie legati alle dittature militari.Alla fine degli anni Settanta, la crisi economica legata al riequilibrio del prezzo del petrolio mostrò i suoi effetti anche nell'ambito della produzione cinematografica: cessati i contributi statali, la produzione crollò. Nel 1981 fu istituito il Fondo de Fomento Cinematográfico (FONCINE) e la produzione riprese lentamente con una nuova generazione di registi interessati a tematiche legate alla contemporaneità del Paese ‒ come Joaquín Cortés (Caballo selvaje, 1982), Jacobo Penzo (La casa de agua, 1984), Solveig Hoogesteijn (Macu, la mujer del policía, 1987) e soprattutto Fina Torres, che esordì con Oriana (1985), Premio Caméra d'or al Festival di Cannes. Dopo la crisi economica del 1989 e i tentativi di colpo di stato del 1992, nel 1993 è stata approvata la legge sul cinema con nuove strutture atte a sostenere la produzione che, nonostante la difficile situazione complessiva (nel 1996 il 38% della popolazione risultava al di sotto della soglia di povertà), non è stata interrotta grazie anche al sostegno statale, permettendo a una nuova generazione di cineasti ‒ tra i quali, oltre alla già citata Torres (Mecanicás celestes, 1993, Meccaniche celesti), registi come Atahualpa Lichy, Luís Armando Roche, Luís Alberto Lamata, Carlos Azpurua, Elia Schneider, Henrique Lazo e Leonardo Henríquez ‒ di fare del V. uno dei laboratori più attivi del nuovo cinema latinoamericano.

Bibliografia

J.M. Aguirre, M. Bisbal, El nuevo cine venezolano, Caracas 1980.

America Latina: lo sguardo conteso, a cura di A. Aprà, Venezia 1981 (in partic. A. Molina, I problemi del cinema venezuelano, pp. 83-88.

R. Izaguirre, Il cinema in Venezuela, pp. 89-107).

R. Tirado, Memoria y notas del cine venezuelano: 1960-1976, Caracas 1989.

O. Getino, La tercera mirada. Panorama del audiovisual latinoamericano, Buenos Aires 1996, passim.

P.A Paranaguá, America Latina: appunti su una storia frammentata, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 4° vol., Americhe, Africa, Asia, Oceania. Le cinematografie nazionali, Torino 2001, pp. 153-301.

Vedi anche
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