VENETI (XXXV, p. 46)
Lingua. - Buoni progressi nello studio della lingua delle iscrizioni venete preromane (venetiche o paleovenete) si sono conseguiti attraverso un più attento esame paleografico dei testi già noti ed una più precisa valutazione della grafia e della puntuazione venetica e, d'altro canto, per l'arricchimento dei materiali di studio (scoperta della stazione paleoveneta di Làgole di Calalzo nel Veneto settentrionale individuata da G.B. Frescura e E. De Lotto).
L'alfabeto venetico è nel complesso unitario (salvo alcune particolarità locali) e rappresenta l'adattamento, con lievi modifiche, di un modello etrusco con tratti arcaici, integrato dal greco (si noti la o posta in coda all'abecedario venetico). L'apprendimento della scrittura da parte dei V. è avvenuto verosimilmente nelle colonie etrusche dell'Italia settentrionale incluse o al margine del territorio veneto (Felsina-Spina-Adria). È stato definito il sistema di puntuazione che ripete, con maggiore esattezza, un modello usato in alcune iscrizioni etrusche arcaiche; la norma seguita con notevole regolarità, soprattutto nei testi atestini, è la seguente: sono puntuate le vocali iniziali di parola o di sillaba e le consonanti finali di parola e di sillaba, ivi compreso .i. ed .u. secondo elemento di dittongo. Si è potuto individuare, inoltre, quali sono i nessi consonantici non soggetti a puntuazione, vale a dire i gruppi tautosillabici; essi sono costituiti da consonante seguita da continua (n, r, l, s, s′) e le tavolette alfabetiche atestine - documento quasi unico del genere nell'antichità - ne segnalano una lunga lista (l'individuazione è del Beeler). L'interpunzione è inoltre impiegata come segno di abbreviazione (si riconoscono ora con sicurezza alcune parole in forma abbreviata). Le placche atestine ci forniscono importanti ragguagli sul sillabario venetico e ci documentano due tipi di abecedarî, uno rituale sprovvisto di vocali ed uno completo di evidente derivazione etrusca (cfr. Cordenons 1); dalle due prime lettere dell'alfabeto "rituale" (lo ha riconosciuto O. Haas) si è ricavato un sostantivo, molto comune nel formulario, vza.n. (accus.) che indica l'ex voto iscritto (cfr. per la formazione: abecedarium). Nelle tavolette la voce akeo - che figura ripetuta per lo più 16 volte - è stata interpretata (dal Lejeune) come equivalente della formula magica gr. τὸ ἄλϕα και τὸ ὧ (si osserverà l'equivalenza di ke col gr. καί, non col lat. -que, come si era ritenuto in altri esempî nelle iscrizioni venetiche). Di alcune iscrizioni già note si è proposta una nuova lettura ed esegesi altre inoltre sono state rinvenute negli ultimi anni nel Veneto settentrionale.
L'analisi approfondita dei tratti linguistici del venetico rivela che tale lingua non presenta una stretta connessione con l'illirico (e in particolare col messapico), come si era creduto per il passato; si tratta invece di una lingua indoeuropea occidentale autonoma che offre peraltro numerose isoglosse in comune con le lingue italiche (in senso lato) e in particolare col latino (non a caso i Venetulani del Lazio si possono considerare una probabile propaggine di veneti). Si noti l'importante parallelismo latino-venetico nell'evoluzione delle consonanti sonore aspirate bh e dh che hanno dato all'iniziale f- e all'interno b e d; una evoluzione analoga si osserva forse per gh > h-; ie. æu̯ rimane intatto, come in latino, a giudicare da ekvo.n. = lat. equum; zono.m. corrisponde esattamente a donum. Si è potuta identificare con sicurezza la prep. per, cfr. lat. per, ed op, cfr. lat. ob (con differente reggenza). Un'interessante convergenza sintattica latino-venetica è offerta dall'uso dell'accusativo della persona alla quale è offerto il dono.
Le corrispondenze toponomastiche e onomastiche tra Veneto, Istria e regione balcanica si possono forse attribuire a un filone illirico (a volte al successivo strato celtico) che s'insinua nell'area veneta, specie orientale; in qualche caso si può pensare a diramazioni venete nell'Istria e nella Balcania.
Bibl.: M.S. Beeler, The Venetic language, Berkeley 1949; H. Krahe, Das Venetische. Seine Stellung im Kreise der verwandten Sprachen, Heidelberg 1950; G. B. Pellegrini, Iscrizioni paleovenete da Làgole di Calalzo (Cadore), in Rend. Lincei, VIII, V (1950), pp. 307-332, VII (1952), pp. 58-74, VIII (1953), pp. 313-331, Arch. Alto Adige, XLVIII (1954), pp. 419-431, Studi Etruschi, XXIII (1954), pp. 275-289, Atti del II Convegno intern. di linguisti, Milano 1956, pp. 62-72; id., Le iscrizioni venetiche, Pisa 1955-56 (con ampia bibliografia); M. Lejeune, Problèmes de philologie vénète, in Rev. de phil., XXV (1951), pp. 202-235, XXVI (1952), pp. 192-218, vedi inoltre per le edizioni dei testi: Rev. Ét. Anc., LIV (1952), pp. 51-82, LV (1953), pp. 58-112, LVI (1954), pp. 61-89, Rev. Ét. Lat., XXIX (1951), pp. 86-95, XXXI (1953), pp. 117-176, XXXII (1954), pp. 120-138; O. Haas, Zur Deutung der venetischen Inschriften, in Die Sprache, II, 4 (1952), pp. 222-240; V. Pisani, Le lingue dell'Italia antica oltre il latino, Torino 1953, pp. 237-266; E. Vetter, Die neuen venetischen Inschriften von Làgole, in Festschrift für R. Egger, Klagenfurt 1953, pp. 123-136, Glotta XXXIII (1954), pp. 80-76; M. S. Beeler, Venetic and Italic, in Hommages a M. Niedermann, Bruxelles 1956, pp. 38-48; E. Polomé, Germanisch und Venetisch, in MNHMHΣ XAPIN, II, Vienna 1957, pp. 86-98. È sempre di attualità il ricco contributo di P. Kretschmer, Die vorgriechischen Sprach- und Volksschichten, in Glotta, XXX (1943), pp. 84-218, vedi spec. p. 134 segg. Per ulteriore bibliografia vedi G. B. Pellegrini-G. Fogolari, in Atti Ist. Veneto, CXIX (1960-61), pp. 355-382.