vendetta Danno materiale o morale, di varia gravità fino allo spargimento di sangue, che viene inflitto privatamente ad altri in soddisfazione di offesa ricevuta, di danno patito o per sfogare vecchi rancori. Nel linguaggio giornalistico, v. trasversale, indiretta, che ha come oggetto familiari o amici della persona che si vuole colpire (caratteristica delle faide e delle lotte tra diverse organizzazioni criminali).
In diverse società orientali e occidentali, la v. è un uso sanzionato dalla tradizione: in caso di omidicio, la famiglia dell’ucciso può, e in certi casi deve, vendicarsi direttamente sulla famiglia dell’uccisore, seguendo determinate prescrizioni per placare lo spirito del morto e ristabilire l’equilibrio del proprio gruppo. Questa forma di v., detta v. del sangue, può colpire sia l’uccisore, sia un qualsiasi membro del suo gruppo familiare, secondo leggi di precedenza che variano da società a società, ma che quasi sempre risparmiano donne e bambini, sovente anche gli anziani. Gli schiavi e gli appartenenti a una bassa casta sono esclusi dalla v. del sangue per un individuo di classe elevata. In certi casi che, dopo l’acculturazione europea, costituiscono la maggioranza, si preferisce evitare un nuovo spargimento di sangue umano, risarcendo la famiglia della vittima con beni di consumo, accompagnati o no da un sacrificio animale, oppure unendo in matrimonio un uomo del gruppo dell’uccisore con una donna della famiglia dell’ucciso.