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BOIANI, Venceslao

di Gianni Ballistreri - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 11 (1969)
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BOIANI, Venceslao

Gianni Ballistreri

Nacque a Cividale nel Friuli, da Francesco e Rosa de' Claricini, presumibilmente nel penultimo decennio del secolo XV. Di nobile famiglia, poté compiere la sua educazione nello Studio di Padova, dove sembra abbia seguito i corsi di giurisprudenza. Proprio a Padova, dove fu con certezza almeno nel 1507, dovette stringere amicizia con Giovan Matteo Giberti, anch'egli allora studente e di lui più giovane, cui indirizzò quattro epigrammi latini esortandolo a coltivare la poesia; nel 1509 era a Cividale, dove assistette all'assedio che la città subì dalle truppe del duca di Brunswick.

Negli anni successivi acquistò cognizioni più che mediocri di architettura; infatti nel 1530 il Giberti, in qualità di abate accomandatario dell'abbazia di Rosazzo presso Cividale, lo incaricò della ricostruzione della chiesa abbaziale, andata pressocché in rovina per la colpevole incuria del cardinal Domenico Grimani, precedente accomandatario.

Di quest'incarico affidato al B. sono testimonianza sei lettere inviategli dal Berni, che egli doveva conoscere forse fin dal 1528, quando questi andò a Rosazzo per incarico del Giberti a indagare sullo stato dell'abbazia, le cui miserevoli condizioni descrisse poi nella famosa sonettessa "Signore, io ho trovato una badia". Il B. si mise nell'impresa con un impegno che è largamente testimoniato dalle lodi e dagli incoraggiamenti che il Giberti gli faceva pervenire tramite il Berni: e se non sembra certo che l'impresa della ricostruzione sia da ascriversi tutta a suo merito, dato che il Giberti gli inviò in aiuto non solo pittori e scultori, ma anche, a quanto pare, architetti, è però credibile che egli dell'opera fu il coordinatore e l'artefice principale.

Dalle sei lettere del Berni, unico resto della lunga corrispondenza che intercorse tra Verona e Cividale, i due appaiono in rapporti assai amichevoli: il Berni ricorda con rimpianto i giorni passati insieme e le partite a primiera, ringrazia dei doni e dei favori, e più volte manifesta il desiderio di tornare col B. a Rosazzo o a Piazzola, dove erano stati ospiti di palazzo Contarini.

Nell'ultima delle lettere del Berni, datata 5 luglio del 1532, il B. appare ancora impegnato nei lavori di costruzione che furono infatti terminati solo nell'anno successivo; il 10 maggio 1534 il Giberti, evidentemente soddisfatto dell'opera del B., lo nominava governatore e suo commissario e luogotenente generale di Rosazzo, dandogli facoltà di giudicare qualsiasi causa e di agire liberamente in difesa della giurisdizione dell'abbazia, ad eccezione delle materie che riguardassero l'autorità ecclesiastica. Ignoriamo quanto tempo il B. abbia tenuto la carica, e d'altronde dal '34 in poi di lui si perde ogni traccia, se si eccettui la notizia, testimoniata dal Cod. dipl. Boiani del Museo di Cividale, che fu tra i nobili che nel 1547 furono invitati a partecipare al Parlamento cittadino.

Scarse sono le notizie biografiche che è possibile desumere dalle liriche latine e italiane che del B. ci ha conservato un codicetto cividalese di 48 cc., in possesso dei suoi discendenti: a parte alcuni epigrammi giovanili da cui si trae qualche informazione sul periodo trascorso a Padova, sulla sua amicizia col giovane Giberti, sulla sua permanenza a Cividale durante l'assedio del 1509, il resto dei versi è per lo più d'occasione o testimonia corrispondenze poetiche con letterati minori e spesso ignoti. Più interessanti delle poche e assai mediocri liriche italiane sono quelle latine, che provano se non altro, nell'eleganza dell'imitazione e nella padronanza delle più svariate forme metriche, lo studio amoroso dei classici, e particolarmente di Orazio, Catullo, Tibullo e Ovidio. Nelle più riuscite, e in particolare in due composizioni - una in endecasillabi latini e l'altra in metro elegiaco - indirizzate Ad Maghium Pannonem, il B. riesce a darci di se stesso un credibile autoritratto, dipingendosi pacifico letterato, che scrive versi senza impegno perché siano letti dopo le mense tra amici e, pago della calma bellezza del suo giardino, si limita a cantare d'amore, rifuggendo dalla guerra.

Una lettera inviata a suo fratello Federico in data 25 febbr. 1560 da un congiunto, in cui si parla della morte del B. come di fatto recente, attesta che essa avvenne in quell'anno e presumibilmente in quello stesso mese di febbraio.

Fonti e Bibl.: F. Berni, Poesie e prose, a cura di E. Chiorboli, Genève-Firenze 1934, pp. 322-29 (lettere, nn. XII-XV, XVII, XVIII), 384, 392-93; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1763, pp. 1430-36; A. Virgili, F. Berni, Firenze 1881, pp. 224-27, 410-12; R. della Torre, Un amico del Berni: V. B. umanista cividalese del sec. XVI, in Mem. stor. forogiuliesi, VII (1911), pp. 141-61 (nel saggio è anche pubblicata un'ampia scelta dei versi rimastici nel codicetto cividalese).

Vedi anche
prosa Espressione linguistica orale o scritta, non vincolata dalle regole metriche e ritmiche proprie della poesia; il termine è riservato specialmente all’espressione letteraria. prosa d’arte Nel linguaggio della critica letteraria, la prosa tipica dei frammentisti, in voga in Italia negli anni precedenti ... Publio Ovìdio Nasóne Ovìdio Nasóne, Publio (lat. Publius Ovidius Naso). - Poeta latino (Sulmona 43 a. C. - Tomi, sul Mar Nero, 17 d. C.). Venuto giovanissimo a Roma, vi studiò retorica, ma passò presto alla poesia. Fu a contatto con i maggiori letterati e poeti del suo tempo, come Messalla, Cornelio Gallo, Properzio, Orazio, ... poesia Arte di produrre composizioni verbali in versi, cioè secondo determinate leggi metriche, o secondo altri tipi di restrizione; con una certa approssimazione si può dire che il significato di poesia è individuabile, nell’uso corrente e tradizionale, nella sua contrapposizione a prosa, in quanto i due termini ... Quinto Oràzio Flacco Oràzio Flacco, Quinto (lat. Quintus Horatius Flaccus). - Poeta latino (Venosa 65 a. C. - Roma 8 a. C.). Nacque da padre libertinus, come egli stesso dice, e fu educato a Roma, dove ebbe come primo maestro Orbilio; compiuti i vent'anni si recò ad Atene, a completare gli studî retorici. Prima o dopo questo ...
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