Vedi VENAFRO dell'anno: 1973 - 1997
VENAFRO (Venafrurn, Οὐὲξαϕρον)
Centro di origine sannitica e importante città romana, situata nella valle del Volturno ove il fiume forma un'ampia ansa ad O del massiccio del Matese, prima di sboccare nella pianura campana; oggi in provincia di Campobasso (Molise).
Sorta lungo la naturale arteria di transito tra il Sannio e la Campania, attraverso la quale si svolgevano i traffici tra il versante tirrenico e le zone dell'interno, e che servì le popolazioni sannitiche nella loro espansione, perdette importanza militare nel 263 a. C., quando fu dedotta la colonia latina di Aesernia, ma rimase un centro fiorente per la fertilità del suo territorio (Cic., Planc., 22; Leg. agr., ii, 66; Horat., Carm., iii, 5, 55; Cat., Agr., 136, 1) noto per le colture d'olivo (Cat., Agr., 146; Varr., Re rust., 1, 2, 6; Horat., Carm., ix, 6, 16; Sat., ix, 4, 69; xx, 8, 45; Iuven., Sat., v, 86; Martial., xxx, 63; xiii, 101; Plin., Nat. hist., xv, 8; xvii, 31), e per la produzione artigianale (Cat., Agr., 135, 1).
V. figura tra le prefetture di secondo tipo elencate da Festo (p. 262, Lindsay), ma non si hanno notizie sicure sull'epoca del suo ingresso nell'orbita romana, né risulta che abbia ottenuto la piena cittadinanza prima della guerra sociale. Nel 90 a. C. fu occupata dai Sanniti sotto la guida di Mario Egnazio (Appian., Bel. Civ., I, 41). La colonia è di età augustea (C.I.L., x, 4894: Colonia Augusta Iulia Venafrum; 4875: Colonia Iulia Venafrana; cfr. Lib. Col., p. 239, Lachmann). La sua comunità fu inserita nelle liste della tribù Teretina; il territorio venne inquadrato nella Regione I dell'ordinamento augusteo (Plin., Nat. hist., III, 63), e nella provincia del Sannio dal IV sec. d. C. (C.I.L., x, 4858, 4859, 4863, 4865).
Il suo territorio, che si estendeva anche sulla sinistra del Volturno, includeva S. Pietro in Fine a O, i monti Rotondo e Cesima a S, Capriati al Volturno e Monteroduni ad E, Roccaravindola e Filignano a N. Vi sono state riconosciute tracce di centuriazione, però non sono state documentate (Meitzen). Si sono accertati invece i tracciati stradali: due raccordi con la via Latina che uscivano a SO e SE della città, il primo verso la stazione ad Flexum (presso S. Pietro in Fine), il secondo verso Teano; la strada per Isernia usciva dal lato NE, in prosecuzione del primo raccordo per la via Latina, mantenendo la numerazione progressiva delle miglia da Roma.
Non esistono tracce dell'abitato sannitico che probabilmente occupò il sito su cui ora sorge il borgo medievale sovrastato dal Castello. La città romana si estendeva sopra un'area maggiore, in parte in declivio, alle falde del monte, ed in parte nella pianura sottostante, tra il castello, la cattedrale e l'anfiteatro che rimaneva all'esterno.
Nel borgo e nella zona adiacente ad O, sopravvive nel reticolato stradale e nei confini poderali lo schema planimetrico della città romana, documentato da ruderi.
Si può riconoscere un disegno urbanistico a pianta rettangolare di m 595 × 462 (circa actus 17 × 13) attraversato da 7 assi stradali in direzione NE SO, intersecati normalmente da altri 9 che delimitano isolati quasi quadrati di m 70 × 75 (actus 2 circa). Due porte, verso Roma e Isernia, si aprivano nella metà dei lati brevi del perimetro, la terza, verso Teano, era spostata oltre la metà, a N. Sul quarto lato la città si addossava direttamente alla montagna.
L'esistenza della cinta muraria romana è documentata epigraficamente (C.I.L., x, 4876, ove è menzionato un IIvir urbis moeniundae), e forse da un grande muraglione in opera incerta, sito 200 m a NO della cattedrale. Mura pertinenti forse all'abitato sannitico furono viste in passato alla periferia del quartiere medievale.
Si conosce l'ubicazione del teatro che può essere ritenuto coevo alla fondazione della colonia. Il terreno adiacente era occupato da altri edifici, di cui si ignora la natura, riccamente ornati e decorati di statue (due statue virili provenienti da questa zona sono ora a Napoli, Museo Nazionale).
L'anfiteatro, situato immediatamente all'esterno della città a SE, si è conservato sotto un allineamento ellittico di edifici del XVII secolo. Le murature ancora visibili, con rivestimento in opera incerta e ammorsature in laterizio, ci permettono di datarlo nel I sec. d. C. Un munus gladiatorum è rappresentato in un rilievo del II sec. d. C., in cui compaiono gladiatori dei ludi Iul(ianus) e Cass(ianus) (C.I.L., x, 4920; cfr. anche 4897, 4893, 4913, 4915).
Un monumento interessante è situato 600 m ad oriente della città, ove ora sorge la chiesetta della Madonna della Libera. È un complesso di terrazzamenti con sostruzioni in bella opera poligonale che si estendono per un'area di m 110 × 75, databili in epoca non posteriore all'età sillana, pertinenti forse ad una villa o ad un santuario.
Un'opera pubblica che interessava gran parte del territorio venafrano è l'acquedotto augusteo che collegava la città con le sorgenti del Volturno, con un percorso di km 30,5 circa, quasi completamente in condotto sotterraneo, il cui tracciato è stato interamente riconosciuto e documentato (Frediani). A quest'opera si riferisce l'editto augusteo C.I.L., x, 4842, ora meglio noto per una sua replica alle fonti del Volturno (Pantoni).
È stata rinvenuta recentemente a V. (1958) una copia integra, probabilmente antonina, della Venere tipo Landolina di Siracusa, alta m 1,90, di marmo bianco a grossi cristalli, ora a Chieti, Museo Nazionale.
Bibl.: L. Valla, Historia della città di Venafro, 1687 circa, ms. Bibl. Naz. Napoli, X, C, 77; G. A. Monachetto, Memorie istoriche della città di Venafro, ms. Bibl. Naz. Napoli, X C, 78; G. Cotugno, Memorie historiche di Venafro, Napoli 1824; R. Garrucci, Venafro illustrata coll'aiuto delle lapidi antiche, Roma 1874; F. Lucenteforte, Monografia fisico-economico-morale di Venafro, II, Isernia 1878; T. Salzillo, Storia civile dell'antica città di Venafro, Isernia 1878; Th. Mommsen, C.I.L., X, i, 1883, p. 477, nn. 4842-5043; G. Radke, in Pauly-Wissowa, VIII A, 2, 1955, c. 668-680, s. v. Venafrum; cfr. anche E. Manni, Per la storia dei municipi fino alla guerra sociale, Roma 1947, p. 69 ss.; 149. Per il territorio: A. Meitzen, Siedelung und Agrarwesen, Berlino 1895, I, p. 320; I. Bonanni, L'antica rete stradale nella regione dell'alta valle del Volturno, Agnone 1914; E. T. Salmon, Samnium and Samnites, Cambridge 1967. Per l'urbanistica: A. La Regina, in Quaderni dell'Istituto di Topogr. Ant., I, 1964, pp. 55-67. Per l'acquedotto: F. Lucenteforte, in Bull. Inst., 1882, pp. 116-120; A. Maiuri, in Not. Scavi, 1926, pp. 434-437; F. Frediani, in Campania Romana, Istituto di Studi Romani, Napoli, I, 1938, pp. 173-185, con planimetria a p. 175; A. Pantoni, in Rend. Pont. Acc., XXXIII, 1960-1961, pp. 155-171. Segnalazioni di rinvenimenti: G. Cimorelli, Nel territorio di Venafro - Una importante scoperta archeologica, Venafro 1914 (macina per la produzione dell'olio); A. Maiuri, in Not. Scavi, 1913, pp. 405-407 (punzone per decorazione di vasi caleni, con iscrizione osca); S. Aurigemma, in Boll. d'Arte, s. II, 1922-23, pp. 58-76 (scoperta di un edificio semi-ellittico, rinvenimento di statue, segnalazione del teatro); id., in Not. Scavi, 1924, p. 85 s. (iscrizioni latine); A. Maiuri, in Bull. Com., Not. Imp., 1931, p. 75 (tesoretto di monete repubblicane). V. inoltre, per la monetazione: V. B. Head, Historia numorum2, Oxford 1911, 43; per le iscrizioni osche: E. Vetter, Handbuch der italischen Dialekte, I, Heidelberg 1953, 139, 200 B i; per il rilievo gladiatorio: D. Faccenna, in Bull. Com., LXXVI, 1956-58, pp. 44-50, fig. 3; rilievi con insegne militari: F. Coarelli, in Dialoghi di Archeologia, I, 1967, p. 54.