Vedi VENAFRO dell'anno: 1973 - 1997
VENAFRO (v. S 1970, p. 894)
v I risultati più consistenti delle recenti ricerche a V. si riferiscono all'età imperiale, ma non mancano dati relativi a periodi più antichi.
È forse precedente all'istituzione della praefectura venafrana (che si può collocare poco prima della metà del III sec. a.C.) un terrazzamento in opera poligonale, ubicato a monte di Via Mura Ciclopiche in posizione dominante sull'abitato, nel quale si riconosce il luogo di un ritrovamento fortuito effettuato agli inizî del secolo, comprendente terrecotte votive e architettoniche, che trovano confronti in materiale campano e apulo, e una matrice per decorazione di vasi di tipo caleno (v. caleni, vasi) con graffito il nome osco del fabbricante. Si deve dunque trattare di un santuario, le cui strutture non sono però meglio note. Il monumento ebbe probabilmente una vita piuttosto lunga: si ritiene che provenga da qui il materiale di età repubblicana disperso negli strati di accumulo del vicino teatro e che, oltre a molta ceramica a vernice nera, comprende una singolare testa di Gorgone in terracotta di chiaro gusto italico.
Gli elementi relativi allo sviluppo della città di V. in questi secoli sono frammentari e disorganici, a causa della ristrutturazione urbanistica determinata dalla deduzione della colonia; tuttavia, materiale di età repubblicana si trova costantemente negli scavi dell'area urbana, anche se fuori contesto (ceramica a vernice nera, talvolta con decorazioni graffite o sovradipinte). In qualche caso si conservano anche graffiti in lingua osca. Molto interessante è l'attribuzione a una fabbrica venafrana delle tegole e delle terrecotte architettoniche del tempio Β di Pietrabbondante (La Regina, 1976), per lo meno quelle dell'ultima fase che si datano nei primissimi anni del I sec. a.C.: si tratta di materiale che presenta le caratteristiche di quello prodotto nello stesso momento in ambiente romano-laziale, sia per la scelta dei soggetti sia per i motivi decorativi, analoghi a quelli che si ritroveranno poi nelle lastre «Campana».
La ricostruzione dello schema urbanistico ortogonale, che viene fatto risalire alla deduzione della colonia augustea, ma che molto probabilmente va riferito a una precedente deduzione triumvirale, ha trovato varie conferme nei tratti di strade basolate scoperti in diversi punti della città (in Via Mura Ciclopiche, Via De Amicis, Via Pretorio, Via Plebiscito); si è anche accertata un'organizzazione dell'abitato su terrazze digradanti, resa necessaria dal pendio sul quale sorge la città sfruttata per effetti scenografici.
Tra le strutture più antiche rimesse in luce in scavi recenti vi sono alcuni ambienti in Via Licinio, con muri in opera incerta di grossi scapoli e pavimentazioni in tessellato nero con scaglie di marmi policromi inserite con regolarità.
In Via Carmine va segnalato il rinvenimento di parte di un edificio databile alla metà del I sec. d.C., notevole per le pavimentazioni a mosaico e soprattutto per gli affreschi di III stile, di ottima qualità tecnica e stilistica. La presenza di mosaici e affreschi caratterizza costantemente le strutture fin qui rimesse in luce, e l'immagine della colonia che si sta delineando è quella di una città ricca e fiorente che talora raggiunge livelli di eleganza e raffinatezza.
Di particolare impegno è lo scavo del complesso del teatro romano, iniziato negli anni '80 e tuttora in corso. Il monumento occupa una posizione di grande suggestione scenografica, sulla stessa linea del santuario ellenistico che allora doveva ancora esistere (si spiegherebbe così lo spostamento del teatro verso il margine occidentale del perimetro urbano).
L'impianto originario, che comprende ima e media cavea, con una praecinctio e una crypta di coronamento, si può datare ancora nel I sec. a.C.; la tecnica usata è l'opera quasi reticolata di calcare con testate dei muri, spigoli e ghiere degli archi in blocchetti di pietra: la cavea non è costruita, ma semplicemente addossata al pendio del monte S. Croce. Poco più tardi, probabilmente ancora in età giulio-claudia, il teatro venne ampliato con la costruzione (in opera reticolata di tufo) dei tribunalia e della summa cavea. Nel II sec., immediatamente a O, venne costruito un secondo edificio, a pianta semiellittica, in laterizî, collegato al teatro senza soluzione di continuità: si tratta molto probabilmente di un grande ninfeo. In età ancora successiva, l'orchestra venne modificata per la realizzazione di giochi d'acqua e a questo scopo si ricavarono all'interno della versura occidentale una cisterna d'acqua e le canalizzazioni necessarie.
Uno dei risultati più interessanti degli ultimi anni è stata la possibilità di attribuire con certezza al teatro tutto il materiale relativo a un ritrovamento fatto nei primi decenni del secolo (S. Aurigemma, in BdA, s. II, II, 1922- 23, pp. 58-76) comprendente materiale architettonico e sculture decorative raffiguranti soggetti di ambito dionisiaco, oltre a due grandi statue virili, già interpretate come Augusto e Tiberio e ora considerate immagini di notabili venafrani (Diebner, 1979). Tutto questo materiale, che in gran parte conserva evidenti tracce di restauri antichi, era stato rinvenuto raccolto in un unico ambiente e ciò è collegabile al terremoto del 346 d.C. che certamente danneggiò anche il teatro di V.: il materiale decorativo, smontato o comunque recuperato, venne probabilmente messo in deposito con ordine, in vista di un successivo restauro o riutilizzo, che però non venne più effettuato. Infatti il teatro, nel corso della seconda metà del IV sec. esaurì la sua funzione. I dati archeologici documentano una ripresa della frequentazione del monumento a partire dal V-VI sec., quando alcune parti del complesso vennero riutilizzate, con qualche modifica, come strutture abitative.
Recentemente (1993) ha avuto inizio un'indagine archeologica nell'area dell'anfiteatro, il c.d. Verlascio: le parti dell'edificio romano che affioravano dal terreno vennero, nel corso del tempo, utilizzate come fondazioni per la costruzione di una serie di ambienti di uso agricolo (stalle e fienili), che hanno ricostituito l'ellisse dell'edificio originario, dando a questo un aspetto del tutto caratteristico. Lo scavo ha finora interessato un settore limitato dell'arena: tra i ritrovamenti si citano alcune parti della replica di una grande iscrizione già nota (CIL, X, 4892) che ricorda un membro della gens Vibia, al quale è dovuta la costruzione dell'anfiteatro o di una parte di esso.
Bibl.: A. La Regina, Sannio. Pietrabbondante 2, in StEtr, XLIV, 1976, pp. 284-288; A. Di Niro, Il culto di Ercole tra i Sanniti Pentri e Frentani. Nuove testimonianze (Documenti di Antichità Italiche e Romane, IX), Salerno 1977) PP· 16-17, 20-21, 23, 46-47; S. Capini, Venafro (IS), in StEtr, XLVI, 1978, p. 443; A. La Regina, Venafro, in V. Cianfarani, L. Franchi Dell'Orto, A. La Regina, Culture adriatiche antiche di Abruzzo e di Molise, Roma 1978, pp. 370-371, tavv. clxviii-clxix; S. Diebner, Aesemia-Venafrum. Untersuchungen zu den römischen Steindenkmälern zweier Landstädte Mittelitaliens, Roma 1979; P. Poccetti, Nuovi documenti italici, Pisa 1979, pp. 51-52, nn. 36-37; D. Giampaola, Venafro, in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C. (cat.), Roma 1980, pp. 360-368; A. La Regina, ibid., p. 368; S. Capini, Venafro, in Conoscenze, I, 1984, pp. 207-208; B. Genito, Ceramiche dipinte dal teatro romano di Venafro: tra tardo antico e basso Medioevo, in Atti del XVII Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola 1984, pp. 21-36; A. La Regina, Venafrum (Venafro), in F. Coarelli, A. La Regina, Abruzzo Molise (Guide archeologiche Laterza, 9), Roma-Bari 1984, pp. 172-181; M. Buonocore, Marius Atys sévir augustalis di Venafrum, in ArchCl, XXXVII, 1985, pp. 289-292; S. Capini, Venafro. Scavo nell'abitato romano, in Conoscenze, II, 1985, pp. 133-135; M. Cappelletti, Ceramiche africane dal teatro di Venafro, ibid., III, 1986, pp. 51-61; S. Capini, Venafro (IS), in StEtr, LIII, 1987, p. 255; ead., La città di Venafro (IS), in Tutela (cat.), Campobasso 1989, pp. 83-93; ead., Venafro (Isemia). Il teatro romano, in ΒΑ, 2, 1990, pp. 229-232; S. Capini, A. Di Niro (ed.), Samnium. Archeologia del Molise, Roma 1991; S. Capini, Venafro, in La romanisation du Samnium aux Ile et 1er siècles av. J.-C., Napoli 1991, pp. 21-33.