VEME
. Sacri tribunali della Veme (nel dialetto basso tedesco del Medioevo vuol dire pena) vennero chiamati i tribunali di seconda istanza (Landgerichte) della Vestfalia alla fine del Medioevo: derivati dai tribunali comitali franchi.
In Vestfalia tutti gli uomini liberi rispondevano davanti ai tribunali comitali, per la riunione dei quali era richiesto un bando reale. Perciò venivano detti anche tribunali liberi e pretendevano estendere la loro autorità anche oltre i territorî della loro giurisdizione, specie quando si trattava di giurisdizione penale. Siccome l'Impero si chiamava sacro, sacra fu detta anche la Veme. Presidente del tribunale era un Freigraf titolare di una baronia, che aveva anche facoltà di nominare un giudice istruttore; da giudici fungevano gli scabini, il luogo del giudizio era detto Freistuhl, e spesso si trovava sotto un tiglio; il più alto tribunale si riuniva presso Dortmund. La Veme si riuniva o pubblicamente (Ding) o segretamente (heimliches o stilles Ding). Poteva divenire scabino ogni uomo libero irreprensibile, il quale entrando in carica doveva giurare di mantenere il segreto; da ciò derivò il concetto moderno che la Veme esercitasse una giustizia popolare segreta. Il tribunale della Veme raggiunse l'apogeo nella prima metà del sec. XV. Tribunali regi con giurisdizione penale, i loro poteri si stendevano ben oltre la Vestfalia. Alla fine del secolo si ebbe da parte dei principi un movimento d'opposizione contro l'intromissiome nei loro dominî di questa autorità giudiziaria estranea. Inoltre il procedimento giudiziario primitivo basato solo sulla tradizione dei tribunali della Veme non si adattava a un'estensione della loro competenza; essi si rivelarono superflui quando furono introdotti il tribunale camerale dell'impero (Reichskammergericht) e la pubblica tregua (Landfrieden), decaddero sino a divenire tribunali rurali e furono definitivamente aboliti nel 1811 da re Girolamo di Vestfalia.
Bibl.: P. Wigand, Die Vemgerichte Westfalens, 2ª edizione, Halle 1893; Th. Lindner, Die Veme, 2ª edizione, Paderborn 1896; R. Schröder e E. von Künssberg, Lehrbuch der deutschen Rechtsgeschichte, 7ª ed., Berlino-Lipsia 1932, p. 625 segg.