VELOCITÀ (fr. vitesse; sp. velocidad; ted. Geschwindigkeit; ingl. velocity)
Concetto cinematico, rispondente a una valutazione quantitativa della maggiore o minore rapidità con cui un mobile percorre la sua traiettoria. È uso corrente e familiare a tutti il valutare questa varia rapidità - per un ciclista o per un'automobile o per un treno, che abbiano compiuto un certo percorso - dividendo la lunghezza di questo percorso (misurata, ad es., in chilometri) per il tempo in esso impiegato (misurato, per es., in ore); e così si dice, p. es., che la velocità di un treno è stata di "60 chilometri all'ora" (60 km./ora), se esso ha percorso una distanza di 200 km. in 3 ore e 20 minuti (200 : 10/3 = 60).
1. Per precisare matematicamente il concetto così accennato, si schematizzi il mobile in un punto P, la via da esso percorsa in una linea l (traiettoria); e si denoti con s il cammino, che P via via percorre lungo la linea l, a partire da una prefissata posizione iniziale P0, con t il tempo impiegato da P per compiere un tale cammino. Il cammino s dipende dal tempo t o, come si suol dire, è una certa funzione di t; e il caso più semplice si presenta, quando, come accade nel moto apparente del Sole, s risulta proporzionale a t, cioè
dove v è una conveniente costante. Dalla (1) deriva che, qualunque intervallo di tempo si consideri - da un generico istante t a un istante successivo t1 - il cammino corrispondentemente compiuto da P è dato da vt1 − vt = v (t1 − t), sicché, in ogni fase del moto, i cammini percorsi da P stanno sempre alle durate dei corrispondenti intervalli di tempo nel rapporto costante v. Il moto si dice in questo caso uniforme, e il rapporto costante v fra cammini e tempi si chiama la sua velocità. Va notato che questa velocità di un moto uniforme è misurata dallo stesso numero, che dà il cammino percorso dal mobile nell'unità di tempo.
Si passi dopo ciò a un moto non più uniforme, ma vario, coè tale che nella corrispondente equazione (oraria)
che lega i cammini s del mobile ai corrispondenti tempi t, la funzione non sia più la semplice proporzionalità (1). Il cammino percorso dal mobile in un qualsiasi intervallo di tempo, dall'istante t all'istante t1, è qui dato da s (t1) − s (t); e il rapporto fra cammino e tempo
che, in accordo con la veduta corrente accennata da principio, fornisce una valutazione globale della maggiore o minore rapidità del moto di P fra i due istanti t e t1, si dice velocità media di P nell'intervallo di tempo considerato. È manifesto che questa valutazione globale risponde tanto meglio all'andamento effettivo del moto, quanto più breve è l'intervallo di tempo t1 − t, onde si è condotti a considerare, con un procedimento riduttivo spesso usato in matematica, il valore cui si approssima la velocità media (3), quando si fa approssimare indefinitamente t1 a t, cioè, come si suol dire (v. limite), il
Questo limite si assume come velocità (istantanea) del mobile P nell'istante t; e, poiché in esso si riconosce il valore della derivata ds/dt della funzione s (t), si conclude che la velocità v, nel moto vario (2), è definita istante per istante dall'eguaglianza (v. derivata)
Così, ad es., sapendosi che un grave, abbandonato a sé stesso a partire dalla quiete, percorre spazî proporzionali ai quadrati dei tempi di caduta, talché si ha
dove g è una certa costante (accelerazione di gravità), se ne deduce che la velocità del grave è data, istante per istante, da v = gt, cioè risulta proporzionale ai tempi di caduta (moto uniformemente vario).
Va in ogni caso rilevato che, in quanto la velocità è definita come rapporto di una lunghezza a un tempo (o come limite di un tale rapporto), l'unità di velocità - vale a dire la velocità di un mobile che con moto uniforme percorra l'unità di lunghezza nell'unità di tempo - dipende dalla scelta di queste due ultime unità; e, se si fa variare l'unità di lunghezza nel rapporto da 1 a λ, quella di tempo nel rapporto da 1 a τ, l'unità di velocità varia nel rapporto da 1 a λ/τ. Così la velocità di 1 km./ora sta a quella di 1 m./sec. nel rapporto 1000/3600 = 5/18.
2. Nel moto di un punto, oltre il cammino, si possono rilevare anche altre grandezze variabili col tempo; e per ciascuna di queste grandezze si puòb valutare la velocità di variazione. Eccone due esempî.
a) Se P si muove in un piano e in questo si fissa una qualsiasi semiretta Ox, uscente da un punto O preso ad arbitrio, l'anomalia ϕ di P rispetto ad Ox - cioè l'angolo che la semiretta OP forma con la Ox, valutato in relazione a un prefissato verso di rotazione intorno a O - è una certa funzione del tempo t: la derivata ω = dϕ/dt di ϕ rispetto al tempo (la quale dipende dal punto di riferimento O, ma non dalla particolare semiretta Ox prescelta fra le infinite uscenti da O) si dice velocità angolare di P rispetto al punto O. Il caso più semplice è quello di un moto rotatorio intorno ad O, vale a dire il caso in cui la traiettoria di P sia una circonferenza di centro O. Poiché, in questa ipotesi, l'equazione oraria di P è data da s = rϕ (t), dove r è il raggio (costante) della traiettoria e l'anomalia s'intende misurata in radianti (v. radiante), la velocità v del mobile P risulta legata, istante per istante, alla corrispondente velocità angolare ω dalla relazione v = rω. Se, in particolare, il moto rotatorio è uniforme, talché ϕ vari proporzionalmente al tempo, anche la velocità angolare ω risulta costante; e la sua reciproca 1/ω dà il numero di giri che P compie intorno ad O nell'unità di tempo.
b) Se, considerato un punto P mobile nello spazio, si fissa un punto O, è funzione del tempo la distanza r = OP di P da O. La derivata dr/dt di questa distanza rispetto al tempo si dice velocità radiale del punto P rispetto al punto O; e questa velocità radiale risulta, in ogni singolo istante, positiva o negativa, secondo che il punto P, in quell'istante, si allontana o si avvicina ad O. In astronomia hanno particolare interesse le velocità radiali dei varî oggetti celesti (rispetto al centro della Terra o, più spesso, al baricentro del sistema solare: v. stelle).
3. Per ulteriori sviluppi sul concetto di velocità (in particolare per la cosiddetta velocità vettoriale), v. cinematica. Qui basterà aggiungere che il concetto di velocità si presenta spontaneamente in svariati ordini di questioni, anche fuori del campo meccanico. Per es., quando una sostanza partecipa ad una reazione chimica, la quantità di essa che entra in reazione è, di regola, funzione del tempo; e la derivata di tale funzione si dice, istante per istante, velocità di reazione della sostanza considerata. Così ancora, in un dato paese, la circolazione di moneta o di depositi - vale a dire la quantità dell'una o degli altri, che è scambiata con beni economici - è funzione del tempo; e taluni economisti chiamano velocità di circolazione la derivata di tale funzione, altri il rapporto di questa derivata alla quantità di moneta o di depositi esistente nell'istante considerato.