Vedi VELLETRI dell'anno: 1966 - 1997
VELLETRI (Velitrae)
Antica città sulle estreme propaggini dei colli laziali, posta su di un'altura di 400 m in posizione strategicamente importante perché dominava da un lato il passaggio tra i colli Albani il paese dei Volsci (passaggio che probabilmente si effettuava attraverso la sella di Porta Romana3 dove oggi passa l'Appia Nuova), dall'altro lato dominava la pianura pontina. Il nome latino Velitrae avrebbe il corrisponden-te nel volsco Velcester di cui è documentato il genitivo plurale (Mommsen, Unterital. Dial., p. 324) e nel greco Βελίτρα (Steph. Byz., s. v.) e Οὐέλιτραι (Dionys., iii, 41, 5).
Le tracce di vita, scarse ed incerte in età paleolitica, si fanno più sicure in età neolitica ed eneolitica. Numerose le sepolture neo-eneolitiche. Un deposito di punte di frecce e raschiatoi di selce fu scoperto presso S. Lorenzo allo sbocco di via Lello da Velletri. Alcune sepolture con suppellettili fittili e metalliche si possono attribuire alla prima Età del Ferro. Queste tombe si dividono in tre tipi: tombe a cremazione poste in pozzetti sostenuti da muri a secco; tomba a forma di piccola thòlos (altezza m 1, diametro m 1) di pietre silicee, chiusa superiormente da un blocco tronco-conico, contenente un'urna a capanna, ed intorno alla quale erano dodici vasi; un terzo tipo, composto da quattro tombe, ad inumazione, con suppellettile fittile e metallica.
È incerto se la città sia di origine latina, etrusca o volsca. Favorevole all'origine latina sarebbe Dionisio (v, 61, 3), anche se la presenta in possesso dei Volsci (iii, 41) e tolta a questi da Anco Marcio. Il Pais propende per una fondazione da parte degli Etruschi al tempo della loro espansione a S della valle del Tevere. Del dominio volsco su V. resta una lamina in lingua osca, databile forse al IV sec. a. C., al museo di Napoli. Il testo riguarda le norme sui sacrifici ad una divinità (Decluna).
Primo avvenimento sicuro e storicamente datato è la conquista della città da parte del console P. Virginio che la tolse ai Volsci nell'anno 494 a. C. In quell'anno fu anche dedotta una colonia, rinforzata, secondo Livio, due anni dopo. Le relazioni con Roma furono sempre molto tese, caratterizzate da lotte, tregue, ribellioni. Nel 338 Camillo sconfisse definitivamente ad Astura tutti gli alleati dei Volsci, ed eccezionalmente grave fu il castigo imposto dai Romani a V.: le mura furono demolite ed i senatori deportati in Trastevere (Liv., viii, 14). Fu mandata nuovamente una colonia e con questa deduzione finisce il periodo di turbolenza della città.
Forse il fatto di essere stata il luogo di origine degli Ottavi (Suet., Aug., i, 2; Cass. Dio, xlv, 1) ed il luogo dove Augusto trascorse la sua infanzia, fu il motivo di una speciale benevolenza da parte di questo imperatore. A V. fu sepolta Medullina, fidanzata di Claudio, morta proprio il giorno destinato alle nozze (C.I.L., x, 6561; Suet., Glaud., 26). Claudia Acte, la famosa liberta e favorita di Nerone deve essere vissuta nel territorio velitemo ove morì (C.I.L., x, 6599).
Molto difficile è la ricostruzione della pianta della città romana per la mancanza di elementi in situ e di monumenti visibili. Gli scavi sono stati scarsi e casuali. Due fasi si possono distinguere nella pianta della città: la prima più ristretta e comprendente all'interno la zona del cosiddetto tempio volsco sotto la chiesa di S. Maria della Neve; la seconda molto più ampia, estesa verso S-E ed O. Il Foro si doveva trovare presso l'odierna piazza Umberto I, dati gli edifici di una certa importanza che si pensa esistessero nei pressi. Un tempio doveva esistere presso l'episcopio, data la presenza di una favissa e di una colonna di peperino (appartenente forse ad una prima fase) e di colonne di granito con capitelli di marmo sotto l'abside della chiesa di S. Clemente. Nelle immediate adiacenze della chiesa di S. Clemente sono tre cisterne. La piazzetta di S. Clemente è fiancheggiata da muri in reticulatum ed in peperino. Forse qui poteva essere la basilica, menzionata da iscrizioni. Il lato occidentale della piazza si chiudeva con una frons scaenae di cui rimane la riproduzione in una incisione ordinata dal cardinale Borgia, prima della sua distruzione nel 1765. L'edificio, assai singolare, per le sue caratteristiche architettoniche può essere datato al III sec. d. C.
Delle mura della città mancano tracce visibili. Sembra che dopo la distruzione esse non siano più state ricostruite. Le mura medievali non poggiano su mura romane; il percorso di queste può essere in parte ricostruito tenendo conto dei dislivelli del terreno e dei rinvenimenti in antico di blocchi di tufo e di peperino.
È provata l'esistenza di un anfiteatro da una iscrizione che ne conunemora il restauro tra il 364 ed il 367 d. C. (C.I.L., x, 6565). Si suppone che ne esistano resti tra piazza Mazzini e piazza Umberto I, dove si nota l'andamento delle case a linea curva e dove ambienti sottostanti una casa di via S. Francesco, presentano vòlta a botte. Sotto la chiesa di S. Maria della Neve si trova il tempio conosciuto comunemente come tempio volsco. Ai primi scavi del 1748 seguirono scavi metodici nel 1915. Da esso provengono le note lastre fittili arcaiche. Del tempio è ricostruibile in parte la pianta. Le mura presentano, per l'orientamento, tre differenti periodi di costruzione. Furono svuotate quattro grandi favisse contenenti materiale assai notevole, databile tra il VII ed il V sec. a. C., con pochi frammenti che sembrano scendere al IV-III sec. a. C. La decorazione architettonica fittile è divisa dall'Andrén (Architectural Terracottas, p. 407) in due gruppi che si collegano alle fasi costruttive del tempio: al primo gruppo apparterrebbero tutti i rilievi, del VI sec.; al secondo gruppo i frammenti di acroterio centrale e di una figura, della metà e seconda metà del V sec. a. C. Sul punto più alto di V., la piazza del Comune, furono rinvenute due basi di colonne tuscaniche e tratti di pavimento in signinum, avanzi di periodo repubblicano, forse da riferire a qualche edificio sacro.
Le necropoli si dovevano estendere ad anello intorno all'abitato. Nella zona tra la linea ferroviaria e la città, ai lati della strada che esce da Porta Napoletana furono trovate molte sepolture, dalle tombe pre-romane a cremazione ed incinerazione alle tombe imperiali ed alle catacombe cristiane.
Numerose ville romane erano nei pressi della città, delle quali particolarmente interessante quella presso la stazione. Una grandiosa cisterna, testimoniante l'esistenza di una lussuosa villa, è detta Cento Archi o Cento Colonne; è a pianta rettangolare con 32 pilastri su quattro file di otto, misurante m 41 × 23,60. La collina di S. Cesareo (vigna Marchetti) fu sottoposta a scavi metodici e rivelò la presenza di una villa costruita su tre terrazze: la superiore che conteneva il fabbricato principale, la seconda circondata su tre lati da un portico. Al di sotto del fabbricato principale è una cisterna di età repubblicana, divisa in tre navate da pilastri che sostengono archi ogivali a sesto molto acuto. Questa cisterna fu usata anche dal posteriore fabbricato di periodo adrianeo e presuppone una costruzione repubblicana di cui si trovano tracce nella seconda terrazza. Ad O di questa seconda terrazza furono riconosciute le vestigia di un edificio repubblicano databile al I sec. a. C. con impluvium, e direttamente su questo, allo stesso livello si sovrappose un battistero cristiano del IV-V sec. d. C. È importante notare che il battistero si imposta direttamente sull'edificio repubblicano e da ciò si dedusse (Vighi) che quei resti, durante l'Impero e le successive fasi di ampliamento della villa, non furono mai coperti, ma conservati con religioso rispetto, donde l'ipotesi che possano essere la piccola casa suburbana degli Ottavi dove soggiornò Augusto bambino.
Numerose le opere d'arte rinvenute nel territorio di V., tra le quali la Atena famosa, da originale del V sec. a. C., rinvenuta nel 1797, ora al Louvre; un ritratto di Augusto, al Louvre; una testa di sovrano ellenistico, originale greco proveniente dall'Asia Minore, ora a Copenaghen; un frammento di fregio scultoreo arcaico su lastra di marmo pentelico, rappresentante tre gruppi di cavalieri, ora a Roma, Museo Nazionale Romano. Temporaneamente nello stesso museo, ma in fase di trasferimento al Museo Comunale di V., sono le lastre della decorazione fittile del tempio sotto la chiesa di S. Maria della Neve, rinvenute negli scavi del 1915, che si possono integrare con le cosiddette terrecotte Borgiane del museo di Napoli. Rappresentano: corteggio di carri, scena di banchetto, corsa di carri verso destra, galoppo di guerrieri accoppiati, assemblea di divinità.
Museo Comunale. - L'opera più pregevole è il sarcofago (anche fig. 39 e vol. iii, fig. 470-472) in marmo pario, rinvenuto nel 1955, opera di scultori greco-asiatici affiancati da scultori romani, scolpito in una officina romana tra il 190 ed il 193 d. C. È foggiato a guisa di tempio, con la fronte su di un lato minore. Sul tetto sono festoni, antefisse, acroterî; sul timpano conservato una Nike tauroctona. La cassa è divisa in due zone sovrapposte: la superiore reca una serie di figure inquadrate in un'architettura dalla pesante trabeazione e narra le fatiche di Eracle; l'inferiore presenta episodî della vita dell'Ade (le Eliadi, Sisifo, Tantalo, le Danaidi), una scena agreste ed una scena di sacrificio.
Di particolare interesse è la fronte di un sarcofago cristiano databile forse in età costantiniana, che per varie ragioni è un unicum nel suo genere. È divisa in due campi da tre figure: il Buon Pastore a sinistra, una orante nel centro, ed un pastore a guardia del gregge a destra. Nei due spazî sono scolpite su due piani numerose scene del Vecchio Testamento.
Notevoli due torsi maschili, colossali, appartenenti a statue sedute, rinvenuti in località "La Fossa" ed un frammento di un piccolo gruppo di lottatori, in marmo, rinvenuto presso i colli di S. Francesco.
Bibl.: G. Cressedi, Velitrae, Roma 1953, con tutta la bibliografia precedente e le fonti storiche ed epigrafiche; R. Bartoccini, Il sarcofago di Velletri, in Riv. Ist. Naz. d'Archeol. e St. dell'Arte, 1958, N. S., VII, pp. 129-214; B. Andrae, Studien z. Röm. Grabkunst, in Röm. Mitt., Ergänzungsheft 9, Heidelberg 1963, p. 11 ss.; M. Lawrence, The V. Sarcophagus, in Am. Journ. Arch., LXIX, 1965, p. 207 ss.