Vedi VELLETRI dell'anno: 1966 - 1997
VELLETRI (v. vol. vii, p. 1118)
p. 1118). - Preistoria e protostoria. - Le età paleolitica e neolitica sono scarsamente ma sicuramente documentate dai rinvenimenti di industria litica del Vicolo della Croce, mentre le selci provenienti dalla località Le Corti, a E del paese, sono attribuibili al periodo eneolitico.
Alla fine dell'Età del Bronzo-I periodo del Ferro laziale (X sec. a.C.) sono attribuibili le tombe di Vigna d'Andrea, da cui proviene un'urna a capanna, e di Colle dell'Acero, pertinenti ad abitati situati alle propaggini SE dei Colli Albani.
È ancora discussa l'appartenenza di frammenti d'impasto dello stesso periodo rinvenuti nell'area delle Stimmate, dove poi sorse il noto tempio etrusco-italico, a un abitato (Gierow, Guidi) o a un deposito votivo, come in altri casi laziali (Latina-Campoverde, Roma-S. Maria della Vittoria). Quasi certa è la presenza di un luogo di culto sullo stesso sito, a partire dagli ultimi decenni dell'VIII sec., come a Satricum e Ardea-Colle della Noce (Drago Troccoli).
Materiali funerarî databili fra la II e la IV fase del Ferro laziale (IX-VI sec. a.C.) sono attestati sul lato SO dello stesso colle. Scavi settecenteschi avevano messo in luce tombe di vario tipo in diverse località (Ponte della Regina, Porta Napoletana, Via Ariana), non collegabili con abitati. Abbastanza sicura è l'esistenza di un abitato a SE del paese, lungo le direttrici per Satricum, Anzio e Cisterna (loc. Stimmate) e sul versante opposto, a controllo dei percorsi provenienti dai Colli Albani (Drago Troccoli).
Le tombe del Vallone sul Monte Artemisio di III e IV fase del Ferro laziale (fine VlII-inizî VII sec. a.C.), sono attribuibili a gruppi gentilizi che controllavano il percorso NE-SO dai centri interni alla costa e quello verso i Monti Lepini.
I materiali protostorici di V. confluirono quasi tutti, a eccezione del corredo di Vigna d'Andrea e delle punte di freccia in selce, nella raccolta del Museo Civico locale, che però subì notevoli perdite durante la seconda guerra mondiale.
Tra il materiale superstite, esposto nel recente riallestimento museale (1982), è stato possibile distinguere due complessi: un gruppo di oggetti dalla Vigna Lazzarini (Ponte della Regina), pertinenti a ricche tombe maschili e femminili databili tra il periodo II Â e il IV A del Ferro laziale (inizi VIII-inizî VII sec. a.C.); un secondo nucleo, tra cui due morsi equini e una ruota di carro (quest'ultima perduta), pertinente ai due gruppi di tombe del Vallone della fine del Ili-inizi IV periodo del Ferro laziale (seconda metà VlII-inizî VII sec. a.Ç.).
Tempio delle Stimmate {c.d. Tempio Volsco). - G. Colonna ha individuato una prima fase costruttiva tardo- orientalizzante o alto-arcaica, costituita da un edificio a òikos, con cella unica e pronao, circondato da un témenos, cui sarebbero attribuibili i muri k, l, h in tufo giallo lionato; a questa fase sono pertinenti doli cilindrici in impasto rossobruno, tazzine miniaturistiche in bucchero e impasto, ceramica etrusco-corinzia, attica, laconica, e due bronzetti, uno femminile, l'altro di kouros, di produzione etrusca (Chiusi).
Questa prima fase (attestata anche per altri templi di area etrusca e laziale: Roma-S. Omobono, Veio-Piazza d'Armi, Gabi, Satricum, Lanuvio), è seguita, verso il 530 a.C., da una seconda struttura monumentale, dall'orientamento leggermente spostato (NO-SE), alla quale appartengono gli altri muri rinvenuti durante gli scavi del Mancini (1910). Si tratta di un tempio di tipo tuscanico, ad alae, con fronte di m 11,80 e una decorazione fittile di stile «ionico», simile a quella del tempio arcaico di S. Omobono (tipo Veio-Roma-Velletri). Sono riconoscibili otto o forse nove motivi decorativi: processione I e II con coronamento a toro e fascia mediana baccellata, processione I e II con coronamento a baccellature e fascia mediana squamata, banchetto, consesso, corsa di cocchi (destrorsa), corsa di coppie di cavalieri (sinistrorsa).
Mentre le lastre con consesso e quelle con banchetto decoravano l’antepagmentum e, forse, l'architrave, quelle con processione con baccellatura superiore coprivano l’antepagmentum dei cantherii e quelle con coronamento a toro decoravano i mutuli, in entrambe le direzioni. Le lastre con corsa di cocchi rivestivano lo spiovente sinistro, quelle con corsa di coppie di cavalieri lo spiovente destro. Le sime laterali avevano gocciolatoi a protome ferina, alternati ad antefisse con testa femminile, mentre gli acroteri laterali erano costituiti da sfingi e quello centrale da due volute, se come tali sono interpretabili due frammenti rinvenuti nel corso di recenti scavi (1989). Il tempio era dunque sostanzialmente simile a quello arcaico di S. Omobono, almeno per quanto riguarda le misure, il fregio e gli acroteri; ignoriamo invece la decorazione del frontone, che era comunque di tipo aperto. Se, come è stato ipotizzato, la fabbricazione di questi prodotti è veiente, senz'altro romana è la committenza e la diffusione, e rientra nel clima di espansione politica e ideologica della Roma dei Tarquinî.
Un intervento limitato a un rinnovamento della decorazione si ebbe agli inizî del V sec. a.C., con la realizzazione di antefisse a testa di sileno e con sileno e menade (queste ultime in sostituzione di altre di eguale soggetto pertinenti alla fase tardo-arcaica).
Nel IV-III sec. a.C. si ebbe un altro intervento, anche questo limitato alla decorazione coroplastica, con la sostituzione dell'acroterio centrale con una maschera gorgonica.
Il rinvenimento di ceramica degli inizî del I sec. d.C., di un'iscrizione (CIL, X, 6626) e di un rilievo marmoreo riconducono a una frequentazione del tempio per lo meno fino agli inizî dell'età imperiale.
Le indagini condotte nel 1989, oltre a confermare l'esistenza e l'orientamento dei muri h, k e l, hanno permesso di verificare che il muro m non è antico, essendo costituito da un blocco di tufo reimpiegato nelle strutture della chiesa soprastante.
Inoltre il rinvenimento di materiale ceramico di Vili sec. a.C. conferma la preesistenza di un insediamento abitativo o piuttosto, data la presenza di un votivo miniaturistico, di un luogo di culto precedente quello storico, come è attestato anche a Satricum e S. Omobono. Da un punto imprecisato di V. proviene la nota lamina bronzea con iscrizione a Decluna {Tabula Veliterna), rinvenuta nel 1784, che alcuni studiosi attribuiscono, ma senza assoluta certezza, alla divinità cui era dedicato il Tempio delle Stimmate. Dal Tempio delle Stimmate provengono alcuni votivi anatomici che connotano anche questo sito come luogo di culto salutare.
Luoghi di culto. - Recenti studi hanno individuato o confermato l'esistenza di santuarî rurali da cui provengono oggetti votivi ora al Museo Civico di V. e al Museo Nazionale di Villa Giulia.
Si tratta, per la maggior parte, di aree di culto distribuite lungo la Via Appia, a eccezione di quella dell'Algido, aventi connotazioni tipicamente rurali.
A Colle Ottone alla fine dell'800 lavori agricoli avevano messo in luce una platea con ambienti sotterranei e una grotta, in cui si rinvenne un modellino fittile di tempietto dal VI-V sec. a.C. (a Villa Giulia).
La Fontana della Parata, da cui provengono numerosi votivi, terrecotte e lastre architettoniche, nonché una stamina di divinità ctonia con l'iscrizione clanclvn sullo zoccolo si identifica con una sorgente sacra. In corrispondenza del luogo di culto, datato al III-II sec. a.C. e con caratteristiche salutari, si insediò in età tardo-repubblicana e imperiale una villa rustica.
Nel Museo Civico di V. sono esposti numerosi votivi (teste, busti, maschere, gambe, mani, uteri, animali, ecc.) rinvenuti agli inizî del secolo in località Soleluna e attribuibili a un deposito votivo di carattere rurale, databile fra il III e il I sec. a.C.; a questo era pertinente una piattaforma in lastre di peperino (40x20 m). La continuità di culto del sito è testimoniata dall'insediamento, in età paleocristiana, di una basilica e di un cimitero. Il toponimo ha suggerito un'attribuzione del santuario, priva però di riscontri, ad Apollo e Diana. In località Soleluna, nel XVIII sec. gli scavi riportarono alla luce la platea di un tempio (forse dedicato a Cibele) e una stipe votiva. Dalla sommità dell'Algido, sul Monte Artemisio, provengono numerose terrecotte votive (statuine, maschere, piedi, mani, animali, pesi da telaio, miniaturistici, «focacce») pertinenti a un deposito, che da alcuni è stato ricollegato a un luogo sacro a Fortuna citato da Livio (XXI, 62, 7-8) o a Diana (Hor., Carm. Saec., 69-72). Si tratterebbe, in questo caso, di un luogo di culto non a carattere rurale, ma di più ampia frequentazione.
Luogo di culto con connotazioni salutari era quello individuato sotto S. Clemente, da cui proviene un ricco deposito votivo, contenente, oltre ai consueti anatomici, anche statue fittili. In relazione alla presenza di una sorgente, e quindi probabilmente con caratteristiche salutari, doveva essere anche il deposito votivo rinvenuto (1940) in una grotta presso la Porta Napoletana.
Territorio. - Sia i rinvenimenti sia le fonti documentano nell'agro veliterno numerosi insediamenti per la maggior parte a carattere rustico (viticoltura), ma anche di tipo residenziale, che hanno a più riprese restituito varie opere d'arte. Il ritrovamento, a partire dal XVII sec., dei resti di una villa patrizia con statue decorative (Leda, Dioniso, Esculapio, Igea) in località Piazza di Mario, ha fatto attribuire la proprietà a Caio Mario.
Un altro toponimo, Colle Ottone, ha contribuito a riferire all'imperatore i resti di una villa romana, ancora imponenti fino al XVIII sec., dove egli stesso sarebbe stato sepolto (Suet., Otho, XIV, 3).
A Colle Nerva, detto anche Colle Ulisse, è stata posizionata, senza alcuna conferma di eventuali strutture, una villa dell'imperatore.
Ma la proprietà di gran lunga più nota del territorio veliterno, e forse l'unica attribuibile con relativa certezza, è quella di S. Cesareo, appartenuta alla gens Octavia, dove avrebbe visto i natali Ottaviano Augusto (vol. vii, p. 1119). Plinio (Nat. hist., XII, I, II) attribuisce a Caligola una villa nel Veliterno, il cui parco era abbellito da un platano che poteva dare ombra a quindici persone durante i banchetti; potrebbe forse trattarsi della stessa villa di Ottaviano a S. Cesareo, confluita nel patrimonio imperiale alla sua morte.
Ville residenziali erano quella rinvenuta presso la stazione ferroviaria e quella di Le Corti, da cui proviene la statua di Atena (ora al Louvre) esposta in copia al Museo Civico, mentre della ricchezza decorativa dell'impianto di Colle dei Marmi, probabilmente succeduto a un Castrum (ad Maecium?), resta il ricordo nello stesso toponimo.
La villa della Civitana, da cui proviene un sarcofago strigliato conservato al Museo Civico, doveva avere carattere di latifondo: è documentata una più lunga frequentazione, fino all'insediamento, nel IV-V sec. d.C., di una chiesa.
Nel territorio, oltre alle ville, si trovava la mutatio di ad Sponsas, che recenti studi (Mucci) propongono di situare all'incirca tra la Via Appia e la Via Mactoriana, un tracciato viario diretto verso la costa. In origine stazione di posta, successivamente divenne centro di scambio e poi abitato, cui faceva capo un luogo di culto con stipe votiva. Era ancora in vita nel IV sec., quando venne occupata da un cimitero cristiano, e decadde con l'abbandono dell’Appia.
Rimane irrisolta l'identificazione di ad Maecium, il Castrum volsco distrutto da Camillo (Liv., VI, 2, 2, 8; Diod. Sic., XIV, 117; Plut., Cam., 33, 2). In mancanza di presenze archeologiche probanti, l'ipotesi più verisimile, anche per la conformazione del luogo su due piattaforme separate da un fossato e autonomamente difese, è che il castrum sia da porsi sul Colle dei Marmi, così chiamato per la ricchezza di materiali rinvenuti, dove si conservano i resti di una cinta muraria in opera quadrata e di una villa insediatasi sul pianoro in età tardo-repubblicana. Sul versante orientale si impiantarono successivamente strutture medievali (il Castrum Sanctae Martinellae secondo il Lanciani).
Il periodo cristiano. - L'esistenza di una comunità cristiana a V. è certa solo a partire dal IV sec. d.C., anche se la tradizione, priva di fondamento, indica in S. Clemente il primo vescovo. A questo periodo sono attribuibili i cimiteri di contrada Palazzo, presso la Porta Napoletana, e di Soleluna, con i resti di una basilica. Un luogo di culto dotato di battistero si impiantò nel IV-V sec. d.C. sulla villa di S. Cesareo, analogamente a quanto avvenne sul Colle della Civitana.
La menzione più antica di un vescovo a V. risale al 465 d.C. e si riferisce ad Adeodatus, cui segue, tra il 487 e il 499, Caelius Bonifatius, sotto il cui episcopato, probabilmente, venne dedicata la chiesa di S. Clemente, poi cattedrale. In una bolla del 595 papa Gregorio I trasferisce la sede episcopale nella chiesa di S. Andrea in Silice a Le Castella, unendo le diocesi di V. e di Tres Tabernae.
Di questa chiesa, ancora visibile agli inizî del secolo, non resta più traccia.
Museo Civico. - Riaperto nel 1982 dopo una lunga chiusura, espone reperti provenienti dal centro urbano e dal territorio circostante; gli eventi bellici hanno decimato l'iniziale raccolta recentemente arricchita da nuovi rinvenimenti.
La sezione protostorica espone i materiali bronzei (fibule, punte di lancia, armille, un cinturone, un morso equino, bacini) provenienti dalle tombe di Vigna Lazzarini e del Vallone. Tra i materiali arcaici sono esposte alcune delle lastre fittili e la sfinge acroteriale, provenienti dagli scavi del Tempio delle Stimmate (1910).
Una sezione è dedicata al materiale votivo fittile, databile tra il III e il I sec. a.C., costituito da anatomici, statue, maschere, animali, proveniente dai luoghi di culto del territorio (La Parata, Soleluna, Colle Salvia, l'Algido) e del centro urbano (S. Clemente, Stimmate).
Notevolmente ridotto è il nucleo di terrecotte architettoniche (lastre Campana) e dell'instrumentum domesticum della collezione civica, di cui sono esposti alcuni esemplari.
Tra il materiale scultoreo proveniente dalle ville romane del territorio meritano attenzione un busto acefalo di Atena tipo Parthènos, di età augustea o giulio-claudia, rinvenuto al Ponte di Mele; una testa di Afrodite tipo Doidalsas, dalla villa di S. Cesareo, un oscillum marmoreo con scena di trasporto funebre (forse Meleagro), successivamente rilavorata come deposizione di Cristo.
Oltre al noto sarcofago con le fatiche di Eracle (v. vol. vii, p. 119), sono esposti un sarcofago strigliato con figure dei defunti dal volto solo sbozzato e Vittoria alata, dalla Civitana, attribuibile a officine urbane della seconda metà del III sec. d.C. e un piccolo sarcofago di bambino con imago clipeata della prima metà del III sec. d.C.
Unica notevole testimonianza del periodo cristiano, è la lastra sepolcrale con il Buon Pastore, e altri temi biblici. Nel lapidario sono esposti solo alcune epigrafi prevalentemente di carattere funerario (necropoli del Metabo e di Soleluna).
Interessante l'iscrizione onoraria del senatore M. Iulius Romulus, governatore delle province di Cipro e di Macedonia, databile fra il 50 e il 75 d.C. e quella che menziona il restauro dell'anfiteatro da parte di Lollius Cyrius, sotto gli imperatori Valentiniano e Valente (364-375 d.C.).
Bibl. : Età pre- e protostorica: P. G. Gierow, The Iron Age Culture of La- tium, Lund 1964-1966, II, I, pp. 376-391; A. Guidi, Luoghi di culto dell'età del bronzo finale e della prima età del ferro nel Lazio meridionale, in Archeologia Laziale ///(QuadAEI, 4), Roma 1980, p. 151 ss.; L. Drago Troccoli, in Museo Civico di Velletri (Cataloghi dei Musei locali e delle Collezioni del Lazio, 6), Roma 1989, pp. 29-55.
Tempio delle Stimmate: G. Mancini, Saggio di scavo intorno e sotto la chiesa di S. Maria della neve o delle SS. Stimmate e scoperta di un tempio volsco, in NSc, 1915, p. 68 ss.; G. Colonna, I templi del Lazio fino al V secolo compreso, in Archeologia Laziale VI (QuadAEI, 8), Roma 1984, pp. 396-411; F. R. Fortunati, Ipotesi ricostruttive della decorazione del tempio di Velletri, in Prospettiva, 47, 1986, pp. 3-11; M. Cristofani, I santuari: tradizioni decorative, in Etruria e Lazio arcaico. Atti dell'incontro, Roma 1986 (QuadAEI, 15), Roma 1987, pp. 95-120; F. R. Fortunati, Velitrae, in La grande Roma dei Tarquini (cat.), Roma 1990, p. 199 ss.; G. Ghini, in StEtr, LVIII, 1993, p. 571 ss.
Luoghi di culto: F. Melis, S. Quilici Gigli, Votivi e luoghi dì culto nella campagna di Velletri, in ArchCl, XXXV, 1983, p. 1 ss.
Territorio: L. Crescerai, Velletri. Archeologia, territorio, museo, Velletri 1981; A. Mucci, Ad Sponsas al XXV miglio della Via Appia Antica, in BLazioMerid, VII, 1975, p. 49 ss.
Museo: R. Giordani, Alcune considerazioni sul rilievo cristiano del museo di Velletri, in RACrist, XLVIII, 1, 1972, p. 173 ss.; AA.VV., Museo di Velletri, Roma 1989.
Periodo cristiano: B. Belardini, Nuove acquisizioni sul cimitero paleocristiano di Velletri fuori Porta Napoletana, in RACrist, LXVIII, 1992, p. 183 ss.