VELLETRI (A. T., 24-25-26 bis)
Antichissima città del Lazio meridionale, situata a 350 m. s. m. su uno sperone che scende dal Monte Artemisio verso la Pianura Pontina; è in posizione isolata e fortei a dominio d'importanti strade, e cioè principalmente di quella, seguita dalla Via Appia, che dai Colli Albani scende lungo il margine della Pianura Pontina dirigendosi a Terracina, e quella che, per la soglia tra gli Albani e i Lepini passa nella valle del Sacco. La topografia della città si modella sulla dorsale sulla quale essa sorge: arteria principale è il Corso Vittorio Emanuele, che va da Porta Napoli a sud (bella porta fra due torri cilindriche) a Porta Romana a nord; lungo questa via o presso di essa si trovano la Piazza Mazzini, e la Piazza Metabo, con giardino pubblico dal quale si gode un magnifico panorama sui Lepini, la Pianura Pontina, il Circeo e il mare; al termine è la Piazza Garibaldi, col monumento ai caduti. Centro della città è la Piazza del Comune.
Velletri aveva già intormo a 6000 ab. nel 1656; questi erano poi cresciuti a 10.000 e più nel 1701. Gran parte del sec. XVIII è anche per Velletri, come quasi per tutto il Lazio, un periodo di decadenza demografica; nel 1736 la popolazione era discesa a meno di 8500 ab., per risalire verso i 10.500 nel 1782. Un nuova diminuzione caratterizza la fine del sec. XVIII e il principio del XIX; nel 1816 Velletri novera 9744 ab., ma nel 1853 è già salita a 13.474 e a 16.310 nel 1871. Nel 1901 Velletri contava 19.574 ab.; nel 1911 21.843 ab.; nel 1921 25.781, nel 1931 30.145. Tutte queste cifre si riferiscono al comune; il centro contava nel 1931 20.706 ab.
Il comune è ampio 139 kmq. e comprende una notevole aliquota di popolazione sparsa (oltre 7800 ab.). È coltivato principalmente a vigneti e uliveti, che formano le principali risorse; ma Velletri è anche notevole mercato di bestiame. A Roma lo collegano la linea ferroviaria Roma-Terracina, la cui stazione è in basso, sotto Porta Napoli, e una tramvia diretta che parte da Piazza Garibaldi e collega Velletri anehe agli altri Castelli Romani.
Monumenti. - La città è ricca di monumenti e di opere d'arte di tutte le epoche. In ogni quartiere si trovano chiese e conventi, ospedali e palazzi che conservano in grande parte la loro antica struttura anche se modificata dal tempo. Primeggia la cattedrale di S. Clemente ricostruita nel periodo romanico e trasformata ancora una volta verso il 1660 sulla stessa pianta a tre navate e abside semicilindrica. La cripta conserva la sua struttura in cinque navatelle su colonne frammentizie. Nel sec. XIII i marmorarî romani, seguaci di Arnolfo, vi aggiunsero pregevoli opere di cui rimangono vestigia. Nel restauro barocco si salvarono alcune opere, come le pitture votive della navata sinistra e dell'abside; il coro d'inverno, cappella sestiacuta dei primi del Quattrocento nella quale Antoniazzo Romano pose una Madonna di sua mano (1486); la porta della sacrestia con lo stemma di Giuliano della Rovere, intagliato in marmo, fornita d'infisso decorato da pannelli gotici; il coro absidale intagliato in noce da Luca da San Gallo. Altre cappelle aggiunte sono quelle di S. Gherardo, quadrata a cupola con pregevole altare sormontato dall'urna del Santo e quella di S. Maria delel Grazie, chiusa da artistica cancellata (1637), che ha decorazioni barocche. Il pregevole soffitto del 1723 è l'opera migliore del restauro barocco. Il museo capitolare contiene pitture di Gentile da Fabriano e di Antoniazzo Romano, una preziosa croce a smalti, reliquiarî, codici e pergamene miniate.
La chiesa di S. Maria del Trivio, a una navata con cappelle interamente decorate all'interno con architettura di Carlo Maderno (1622), ha la facciata di stile neoclassico. Presso vi sorge l'imponente torre campanaria del 1353 di tipo romanico, molto bene conservata nelle sue bifore in più ordini e nella cortina di blocchetti di pietra basaltina.
La chiesetta di S. Michele Arcangelo a una navata è internamente rimodernata, ma conserva la porta a timpano bene lavorata in marmo. Ivi presso è il tempietto ottagono di S. Maria del Sangue attribuito alla scuola del Bramante, coperto di una cupoletta terminata da lanterna. Meno antica è la chiesa di S. Martino ricostruita nel 1772 a croce greca e decorata in prospetto da un pronao tetrastilo a colonne e timpano (1825).
Presso l'antica arce della città si erge la poderosa mole isolata del palazzo comunale su pianta rettangolare senza cortile, ma con gallerie aperte su grandi arcate nel piano terreno e con saloni negli altri piani. La sua architettura sobria ed elegante viene attribuita a Giacomo della Porta (1575). Il palazzo Lancellotti, ora Ginnetti, vastissimo e ricco di partiti architettonici di grande effetto, specialmente per uno scalone d'angolo aperto con logge da due lati opposti, si ritiene una delle migliori creazioni di Martino Longhi il Vecchio. Da notarsi entro l'abitato molti palazzetti del Rinascimento, come quello in Via del Comune che porta la data del 1423.
Storia. - È dubbio se Velitrae fosse in origine città latina o volsca; essa si trova sulle estreme pendici dei Monti Albani, sopra una dorsale isolata del Monte Artemisio, a dominio dell'ampia vallata che scende fino al mare, distante 12 km. da Ariccia e 8 da Lanuvio, ambedue città latine. Dionigi (V, 61) la include fra le 30 città latine, mentre egli stesso in un altro passo (VI, 42) e Livio (II, 30) la dicono popolata da Volsci e per questo fatto in lotta con Roma insieme con Anzio e Anxur. Gli stessi scrittori parlano di una o due colonie latine condotte in Velitrae dopo una pestilenza (492 e 404 a. C.) per ripopolare la città; checché ne sia, Roma e Velitrae rimasero sempre in relazioni tese con alternative di lotte di tregue, di sottomissioni e di ribellioni. Secondo la tradizione: i Veliterni parteciparono alla guerra latina e, stando ai fasti trion fali, di essi trionfò nel 338 il console C. Menio. Furono puniti, secondo Livio (VIII, 14, 5-7) con la deportazione dei senatori, i cui terreni sarebbero stati concessi a coloni. Agli altri dovette essere allora concessa la civitas sine suffragio. Da questo momento Velitrae rimane col rango di municipio. Una nota iscrizione dimostra che ancora nel sec. III vi si parlava volsco. Secondo il Liber Coloniarum la città ricevette una nuova colonia sotto i Gracchi. Essa peraltro non acquistò questo titolo prima del tempo di Claudio, quando il suo territorio fu assegnato a un gruppo di veterani. Per la fertilità del terreno, specialmente nella coltivazione a vite, essa viene spesso ricordata durante l'impero, ma dovette soprattutto la sua importanza al fatto di aver dato i natali, secondo una tradizione, all'imperatore Augusto, discendente dalla gens Octavia che aveva i suoi possedimenti in quel territorio (Tenuta S. Cesario).
Il sito della città antica è lo stesso dell'odierno, ma delle costruzioni preromane e romane non rimane nulla in piedi. Gli scavi hanno condotto alla scoperta di un tempio arcaico, con materiale fittile di alto valore artistico conservato nel museo civico, di numerose iscrizioni e di un'interessante suppellettile di carattere locale.
Velitrae fu esposta agli attacchi dei Visigoti nel 409, cui seguirono le devastazioni dei Goti. Dopo la conquista bizantina, fu dichiarata città imperiale; ma la Chiesa, che vi possedeva estesi dominî, ebbe in essa largo predominio, tanto che nell'insurrezione iconoclastica la città si schierò al fianco del Papa da cui nel 730 ottenne larghi privilegi. Con ogni probabilità Velletri non entrava nell'originaria concessione territoriale fatta alla Chiesa; ciò, però, non allentò mai i suoi vincoli con la Sede Apostolica. Così, durante la lotta delle investiture, Velletri è col papa, che nel 1089 le elargì molti privilegi, dietro alcuni blandi riconoscimenti dell'autorità pontificia. Cominciò allora lo sviluppo della vita cittadina, aiutato poi dal fatto che Gregorio IX staccò Velletri da ogni dipendenza dalla città di Roma e la pose alle dirette dipendenze del papa. Il comune ebbe allora due consoli e nel 1237 maggiore autonomia cittadina che dura fino al principio del sec. XIV. Durante l'esilio avignonese, il comune di Roma riprese il sopravvento in Velletri, che però riebbe la primitiva posizione col ritorno della Sede Apostolica a Roma. Il 10 agosto 1744, durante la guerra per la successione d'Austria, il generale austriaco Lobkowitz si fece sorprendere a Velletri, e fu battuto. Con la proclamazione della Repubblica Romana nel 1798 si ebbero in Velletri moti democratici e insurrezioni popolari, domate poi dal Murat; Velletri fu inclusa nel dipartimento del Circeo. Pochi mesi dopo, il 29 agosto del 1798, fra Diavolo entrava nella città con 2600 uomini e con 4 cannoni, disperdendo i repubblicani. Napoleone creò Velletri sede di una sottoprefettura che si estendeva da Frascati a Terracina; ma tale circoscrizione venne abolita con la Restaurazione allorché fu richiamata in vita quell'antica di Campagna e Marittima, poi cambiata in provincia di Marittima. Velletri partecipò ai moti liberali del 1848 e creò un Circolo Democratico Volsco, che fu valido strumento di propaganda. Le guerre della Repubblica Romana ebbero in Velletri notevoli episodî. L'esercito napoletano, già respinto da Garibaldi nell'attacco di Palestrina il 9 maggio 1849, fu dallo stesso generale messo in rotta a Velletri il 19 dello stesso mese. Con la cadutà della repubblica, Velletri vide entrare, il 3 luglio del '49, un primo contingente spagnolo guidato da un Fernàndez de Córdoba, assistito da mons. Giuseppe Berardi, quale commissario pontificio straordinario di Marittima e Campagna. Venne abbattuto l'albero della libertà e innalzata la bandiera papale. La città passò al Regno d'Italia nel 1870.
La Chiesa Veliterna è molto antica (Ughelli, I, 43) e la sua diocesi venne unita con quella di Ostia nel 1149 (Ughelli, I, 64).
Bibl.: Corp. Inscr. Lat., 1, p. 651; A. Borgia, Istoria della città di Velletri, Nocera 1723; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 632 segg.; A. Tersenghi, Velletri e le sue contrade, Velletri, 1910; Notizie degli scavi, 1915, p. 68 segg.; 1924, p. 341 segg. (Mancini); E. Pais, Storia della colonizzazione di Roma antica, Roma 1923, p. 270 seg.; K. J. Beloch, Röm. geschichte, Berlino 1926, pp. 144, 380; Isceuli, Teatro istorico di Velletri insigne città e capo dei Volsci, Velletri 1644; Borgia, Istoria della Chiesa e città di Velletri, Nocera 1723; id., Bassorilievi in terracotta dipinti a vari colori, trovati nella città di Velletri, Roma 1785; Statuta Civitatis Velitrarum, ivi 1544, Velletri 1572, 1577; Bollettino dell'Associazione Veliterna di archeologia, storia ed arte; G. Tomassetti, La Campagna Romana, II, Roma 1910.