Vedi VELIA dell'anno: 1966 - 1997
VELIA (῾Υέλη ᾿Ελέα, Velia)
In località Castellammare della Bruca, nel comune di Ascea in provincia di Salerno, sorgeva l'antica città di V., ᾿Ελέα per i Greci, uno dei centri di Magna Grecia di maggiore interesse commerciale e culturale, ed oggi uno dei più importanti e promettenti centri archeologici.
La fondazione si pone tra l'avanzata persiana contro le città ioniche, e la lotta degli Etruschi e Cartaginesi contro i Focei per il dominio commerciale del Tirreno superiore. Infatti, della fondazione di V. tra il 540 e il 535 a. C. ad opera dei Focei abbiamo, oltre che in Timagene (apud Ammian. Marcell., xv, 9, 7; Fr. Hist. Gr., iii, fr. 7, p. 323) ed Igino (apud Gell., Noctes, x, 16, 4), ampie notizie in Erodoto (i, 164-167) ed in Antioco (apud Strabo, vi, 252 = i, 1; Fr. Hist. Gr., i, fr. 9, p. 183). Le fonti si differenziano in pochi particolari con contrasti facilmente sanabili. L'ampiezza e la relativa concordanza delle fonti possono trovare la loro ragione nel poemetto che, secondo Diogene Laerzio (ix, 2, 18), Senofane avrebbe scritto sulle fondazioni di Colofone e di V.: né vi sono valide ragioni per dubitare della notizia di Diogene Laerzio e della presenza di Senofane a Velia.
Quando i Persiani sotto l'impero di Ciro attaccarono tra il 546 e il 540 le città greche della Ionia, il generale persiano Arpage strinse d'assedio Focea; una parte degli abitanti fuggirono per dirigersi, ad Alalia, in Corsica. Ma l'alleanza cartaginese-tarquiniese attaccò nella battaglia di Alalia i Focei: i quali furono costretti ad allontanarsi in massa da Alalia con le venti navi loro rimaste.
I profughi si rifugiarono presso i Reggini, con i quali erano legati da stretti ed antichi rapporti ed interessi commerciali, ma dai quali non furono favorevolmente accolti; risalirono quindi le coste del Tirreno, sino a quando su indicazione di un poseidoniate, non fondarono V. su di un promontorio sporgente sul mare e limitato a N dai fiumi Palistro ed Alento e a S dalla Fiumarella S. Barbara.
I Focei, probabilmente, assorbirono un centro preesistente, così come è probabile che l'acropoli di V. fosse stata interessata dal commercio egeo-anatolico: lo stesso nome, che nella monetaziome più antica è indicato in Γέλη e quindi ῾Υέλη, ῾Υέληα, per ritornare in forma latina Velia, è locale e lascia presumere l'esistenza di un centro abitato prima dell'arrivo dei Focei. D'altra parte negli scrittori più antichi troviamo sempre il nome ῾Υέλη, e solo in Platone (Soph., 242 ad) appare per la prima volta ᾿Ελέα (᾿Ελεατικὸν ἔϑνος) laddove nelle monete mai appare il nome ᾿Ελέα ed in iscrizioni giulio-claudie troviamo ῾Υελήτης e non ᾿Ελεάτης, sita in territorio povero e legata strettamente al mare (Strabo, vi, 252), dovette svolgere nel VI e nei primi anni del V sec. una funzione determinante nel commercio foceo-massaliota: e tale funzione è uno degli elementi concorrenti del palese gusto ionico che troviamo presente in larghe zone dell'Italia meridionale tirrenica e dell'interno. Ma quando Atene, attraverso la politica di Pericle, volge la sua attenzione all'occidente e cerca di farsi erede delle correnti commerciali ioniche, V. dovette svolgere un ruolo non secondario. Può forse così comprendersi meglio la presenza di Parmenide e di Zenone, uomini di pensiero, ma anche uomini di stato, ad Atene verso la metà del secolo; la monetazione velina che presenta nella seconda metà del V sec. l'immagine di Atena, l'olivo e la civetta; come può comprendersi la notizia dello Pseudo Scylax (12, 6, 6. M. Müller, i, 1960), secondo la quale V. fu città di Thurii (v.). A tal proposito può avanzarsi l'ipotesi che il quartiere meridionale della città debba rientrare nel clima politico della seconda metà del V sec. a. C. e quindi sarebbe giustificata la notizia.
Validamente fortificata, anche negli avamposti sulle vie di penetrazione verso l'interno, e situata fuori dalle direttrici di marcia dei Lucani, V. conservò la sua autonomia e salvò la sua grecità, così che la troviamo nel IV sec. nella Lega Italiota partecipare alla disperata difesa della grecità contro i Lucani. Entrata nell'alleanza romana nelle condizioni di socii navales forse subito dopo la caduta di Taranto nel 272, aiuta Roma nella seconda guerra punica (Polyb., i, 20, 14) e nel 210 (Liv., xxvi, 39, 5). Diviene municipio romano a seguito della guerra sociale. Per la tarda età repubblicana, si ricordano la villa di Trebazio, i frequenti soggiorni di Cicerone ed il drammatico colloquio che questi ebbe a V. con Bruto. Già in età romana il fenomeno dell'interramento dei porti e quello di fatti alluvionali, dovettero alterare il volto della città, che ebbe la sua ultima fase costruttiva intorno agli inizî del II sec. d. C. Comincia poi una graduale decadenza: però tra le città di Magna Grecia del Tirreno, V. ebbe vita più lunga, poiché la troviamo ancora di una certa importanza commerciale in età bizantina. La città si spostò verso l'interno nell'VIII e IX sec. e poi la vita continuò nel castello tardo-normanno che venne a sovrapporsi, sull'acropoli, ai resti del tempio greco.
Nel periodo rinascimentale si perdette notizia di V. e la città antica veniva ubicata in località varie della Lucania tirrena. Riconosciuto in seguito il sito per il permanere in vista delle mura di cinta, l'attenzione su V. fu richiamata dal Lenormant con il suo viaggio À travers l'Apoulie et la Lucanie.
Esplorazione. - Dopo una ricognizione eseguita dallo Schleuning nel 1889, bisogna attendere il 1927 per una prima campagna di scavi condotta dal Maiuri e finanziata dalla Società Magna Grecia. Lo scavo rivelò nella parte alta della città l'esistenza di aree sacre lungo le mura e di un tempio sull'acropoli. Contemporaneamente il Mingazzini rinvenne sul versante dell'Alento un tratto di strada di età ellenistica e sul versante opposto una fornace e resti di modesti ambienti di alta datazione; nel 1935 furono scavate alcune case ellenistico-romane dall'Ente Antichità e Monumenti di Salerno. Ma una ricerca più ampia è iniziata solo nel 1950 (scavi Sestieri) con l'esplorazione della così detta agorà e con lo scavo della parte bassa del versante meridionale. I resti della città antica sono conservati in alcuni casi sino a circa 4 m di altezza. Ciò ha reso possibile, a partire dal 1961 (scavi Napoli), una ricerca metodica e programmata tendente a chiarire la struttura della città ed i momenti dell'espansione urbanistica.
Pianta e mura. - Il colle di V. attualmente si protende tra due pianure: a N-O quella dell'Alento (Hales-Alyntos), a S-E quella di Ascea. Le due piane sono di formazione recente, in antico il colle si protendeva sul mare, tra due insenature, con approdi naturali alle foci dell'Alento e del Palistro (in antico non confluenti come ora l'uno nell'altro, ma indipendenti) a N, e della Fiumarella a S. Un passo di Virgilio (Aen., vi, 366) ci assicura della pluralità dei porti di V., ed uno di Cicerone ci fornisce la distanza della città dai porti stessi (ad Att., xvi, Ep., 7). I più recenti scavi hanno dimostrato che la città si articola su due distinti nuclei: il primo, solo ora identificato, sui pendii settentrionali, verso l'Alento; il secondo, l'esistenza del quale era già nota, su quelli meridionali. I due quartieri hanno un'autonoma cinta difensiva: le due cinte si saldano alle mura che corrono per una lunghezza di circa due chilometri lungo la dorsale del colle, dall'acropoli ad un fortino, il cosiddetto Castelluccio, che protegge la città da eventuali assalti provenienti dal retroterra. I due quartieri sono collegati tra di loro dalla Porta Rosa, il più grandioso monumento del genere in Magna Grecia.
Non è possibile ancora identificare con sicurezza il rapporto funzionale e cronologico dei due quartieri, anche se numerosi elementi, che attendono conferma dalle prossime ricerche di scavo, concorrono ad avanzare l'ipotesi che il quartiere nord-occidentale sia il più antico ed abbia avuto il carattere di quartiere commerciale collegato ai porti sull'Alento e sul Palistro. Quartiere residenziale dovette essere quello sud-orientale: la sistemazione urbanistica e il carattere delle mura propongono per questo secondo quartiere una datazione più bassa, non lontana dalla metà del V sec., per cui vediamo qui la ricordata V. di Thurii, la V. del momento ateniese.
Lungo il crinale, seguendo il percorso delle mura, a partire dall'acropoli, si dispiega tutta una fascia sacra, non limitata ai tre pianori identificati dallo Schleuning e dal Maiuri, ma che si sviluppa quasi senza soluzione di continuità e ricca di edicole, are, pozzetti sacrificali. In un solo caso abbiamo un tempietto, nel terrazzo ellenistico.
Le mura sono costruite con tecniche varie per cui si può porre una tipologia che trova riscontri solo parzialmente in quella proposta a suo tempo dallo Schleuning. Nel tratto tra l'acropoli e il Castelluccio e nel primo tratto discendente dal Castelluccio verso la piana di Ascea troviamo largamente sfruttata la roccia che, opportunamente tagliata, costituisce bastione difensivo, integrato a tratti da un'opera muraria. Ove la roccia non assicura la protezione, si sviluppa un muro costruito in due tempi diversi. Questa doppia fase è presente anche nella cinta del quartiere nord-occidentale, cinta che, partendo dalle mura del crinale all'altezza del terrazzo ellenistico, circonda un basso pianoro: l'attuale linea ferroviaria ha distrutto un tratto terminale di queste mura che non dovevano, comunque, risalendo il colle, raggiungere l'acropoli. Molto probabilmente il rinforzo delle mura va datato al IV sec. a. C.: la prima fase, quella in poligonale, non offre ancora elementi di sicura datazione. Recenti scavi (agosto 1964) hanno tuttavia permesso di porre in luce una ricca serie di strutture in poligonale incerto, alcune delle quali poste in stretta connessione con una serie di concavità e di cunicoli tagliati sul piano roccioso dell'acropoli entro i quali si è rinvenuta ceramica ionica databile intorno all'inizio della seconda metà del VI secolo. Un bel tratto di poligonale, inoltre, già noto da tempo (Fasti Arch., xi, 2174, fig. 79) è chiaramente precedente alla costruzione del tempio dell'acropoli risalente agli inizî del V sec.: sono elementi questi che porterebbero la datazione della fase poligonale per lo meno alla seconda metà del VI.
Le mura che circondano il quartiere sud-orientale, non sono più individuabili, ma presumibilmente circondano un vasto pianoro cosparso di ruderi affioranti. Raggiunta la parte pianeggiante, le mura (poste di recente in luce) corrono parallele alla ora lontana linea della spiaggia, poi anziché proseguire dritte verso l'acropoli, come si era supposto, piegano ad angolo retto verso N, circa 40 m dopo Porta Marina-sud, risalgono verso l'alto del colle, fiancheggiano la cosiddetta agorà, raggiungendo il crinale all'altezza di Porta Rosa. Anche le mura di Porta Marina-sud e del tratto verso l'alto, pur non presentando la fase in poligonale, mostrano fasi diverse, che gli scavi in corso (novembre 1964) tentano di chiarire. Al momento appare chiaro che il primo impianto delle mura risale al V sec. mentre un innalzamento reso necessario dal fenomeno dell'insabbiamento, deve forse datarsi al III sec. a. C.
Strade e porte. - È stata riconosciuta sul terreno la strada che dal porto sul Palistro e sull'Alento (in località Ponte di Ferro) conduce in città, dove penetra in ripido pendio, attraverso Porta Marina-sud. La porta, ancora in corso di scavo, doveva essere l'accesso principale alla città per chi giungesse dal porto e dal retroterra. Dalla porta si apre un'ampia strada (m 7,50) che costituisce l'elemento cardine di tutta la topografia di V.: essa traversa tutto il quartiere nord-occidentale, si dirige in alto verso il colle che separa i due quartieri, supera il colle stesso passando attraverso Porta Rosa, e di qui discende, con ripido percorso, verso il quartiere sud-orientale costeggiando l'agorà, per raggiungere Porta Marina-sud, e probabilmente, il porto meridionale. Presenta un basolato formato da piccoli blocchi di calcare posti di coltello, con briglie trasversali di contenimento disposte lì dove la strada si pone in pendio per superare il colle. Porta Marina-sud, protetta sul lato E da una torre quadrata esterna, costruita in connessione con la prima fase delle mura del quartiere sud-orientale, risalente al V sec., ha subito, però, radicali e sostanziali trasformazioni con i rifacimenti di III secolo. Lungo la grande strada che discende dal colle, non appena superata l'agorà, lì dove quindi il tracciato diventa meno ripido, si apre una porta di non ampia mole, dalla quale nasce una strada tortuosa e stretta (adesso scavata per oltre cento metri) che sembra dirigersi o verso la lontana acropoli o verso l'insenatura oggi interrata ai piedi del colle dell'acropoli, che poteva essere il porto meridionale della città (Byvanck). Di una ipotizzata porta nell'insellatura ad oriente dell'acropoli, non s'è trovato traccia. Pertanto, ove si escluda la porta non monumentale conducente verso l'acropoli o il porto e due postierle site a S di questa porta, la città sembra articolarsi solo su le due estreme porte, Porta Marina-nord e Porta Marina-sud, collegate dalla grande strada che supera il colle attraverso Porta Rosa. Quest'ultima è il punto chiave della struttura urbanistica di V., poiché collega i due quartieri della città, e questi con la parte alta e con l'acropoli. Situata in una profonda gola ha aspetto monumentale, con un fornice profondo 6 m. Sul lato N, ad arco a tutto sesto, è costruita con conci radiali, di purissima opera isodoma, larga m 2,70, alta all'imposta dell'arco m 6,20 e al centro dell'arco m 7,55: al disopra della porta un arco di scarico segna un innalzamento della fronte in una fase successiva. L'interno del fornice, profondo m 5,90, presenta una perfetta e purissima vòlta isodoma a tutto sesto. Più monumentàle la fronte S: qui la gola si apriva libera, per cui la porta campeggia su una larga parete di mura; le pareti laterali del fornice si prolungano al di qua dell'apertura per 2 m, ripiegano ad angolo retto, in maniera da creare ai lati del vano due contrafforti alti sino all'imposta dell'arco. Dal contrafforte occidentale si diparte un muro di terrazzamento del colle di 12 m di lunghezza che forma l'ala di un monumentale dròmos dinnanzi alla porta. Sul lato orientale tale elemento non è stato ancora (1964) raggiunto dallo scavo. La porta e i due contrafforti laterali formano un tutto statico ed architettonico, costruito in opera isodoma, con conci ordinatamente alternati nella stessa linea posti di testa e di taglio: il grande muro sui lato occidentale, chiaramente posteriore, è costruito in opera isodoma con filari alterni tutti di taglio e tutti di testa. Nasce tra le due tecniche un interessante rapporto cronologico, che si riscontra anche nelle mura e torri del quartiere meridionale. Abbiamo, con questo di V., un esempio unico in Magna Grecia di arco a vòlta a tutto sesto di età greca classica, che propone un importante problema, sia per il puro carattere di città ionica di V., sia invitando a deduzioni per altri monumenti analoghi della Magna Grecia.
Templi e culti. - Atena, Apollo, Persefone, Posidone furono certamente presenti con i loro culti a V.: è ipotetica l'ubicazione del culto di Atena nel tempio dell'acropoli; vario e diffuso dovette essere il culto di Apollo, ma particolare interesse ha quello di Apollo Οὖλιος che, attestato anche a Coo ed a Lindos, potrebbe avere avuto in V. un centro di irradiazione. Il cippo iscritto, rinvenuto nella prima delle terrazze sacre lungo le mura, Ποσειδῶνος, documenta un aspetto particolare del culto di Posidone.
Il tempio sull'acropoli è l'unico edificio monumentale religioso rinvenuto (m 33 × 20). Esso poggia su un grandioso basamento; sono conservati elementi parziali della pianta e l'angolo N-E della cella incorporato nelle fondazioni del Maschio del Castello. Il tempio doveva essere ionico ed è databile agli inizî del VII sec. a. C.: però nell'area dell'acropoli sono state rinvenute anche antefisse ioniche della seconda metà del VI sec.; lungo le mura tra l'acropoli e Porta Rosa è l'area sacra scoperta, mentre più ad E, dopo Porta Rosa, si innalza un piccolo tempio in antis, di età ellenistica (m 14,50 × 7,55) con rimaneggiamenti del I sec. a. C., innanzi al quale una piazza, pavimentata con i tipici mattoni di V. e dove trova posto l'ara (2,40 × 0,95) dedicata a Posidone Asphalèios doveva essere circondata di portici. La zona sacra di maggiore interesse è quella sita ancora più ad E: una spianata artificiale di circa m 110 × 50, alla quale si accede da una breve scalea sita sul lato lungo meridionale, e sulla quale v'è una grande ara del V sec. a. C
L'ipotesi di un Asklepieion situato presso Porta Marinasud, lì dove si sono rinvenute le sculture e le iscrizioni relative ad una scuola medica, non è ancora del tutto suffragata dal lato archeologico.
Nel tèmenos si sono trovati tre cippi con dediche a Zeus Oùrios, a Pompaios e a Olỳmpios Kairòs. Questo ultimo, del V sec. a. C., attesta un preciso riferimento della personificazione divinizzata del Kairòs al santuario di Olimpia, dove probabilmente si trovava l'immagine bronzea che ne aveva fatto Lisippo, invece che a Sicione (Guarducci).
Cultura ed arte. - V. si manifesta in tutti i suoi aspetti città profondamente ionica. La città molto munita e molto chiusa, articolata dalle attrezzature difensive in compartimenti stagni, organizzata urbanisticamente con gusto scenografico, ricorda le città ioniche delle coste dell'Asia Minore. La filosofia eleatica permea di sé la vita della città, attraverso la famosa, saggia e provvida legislazione attribuita a Parmenide ed a Zenone (Strabo, vi, i 1; Plut., Adv. Coloten, 32, ii, 26 A-B); né la scuola eleatica fu un fatto fine a se stesso nella cultura della città, infatti un gruppo di iscrizioni greche di età giulio-claudia, recentemente rinvenute, ci dànno notizia di una scuola medica, fiorita per parecchi secoli sul filone della filosofia eleatica, che vedeva in Parmenide il suo capostipite, tanto da dedicargli, ancora in età romana, un'erma con l'iscrizione. V. con e più ancora di Neapolis rimase uno degli ultimi baluardi di cultura greca nell'Italia meridionale. Se ne perpetua la lingua, forse le istituzioni, per lo meno sino al II-III sec. d. C.: della cultura greca del I sec. è partecipe il padre del poeta Stazio.
I pochi manufatti artistici sin qui rinvenuti di più alta datazione hanno chiara impronta ionica: un tipico naìskos è conservato al museo di Napoli. Del ceramista Simonides di Elea conosciamo un solo vaso, ma le monete veline denotano un gusto artistico piuttosto fine. Ancora in età romana l'ambiente artistico non è certamente provinciale: le numerose sculture rinvenute nell'insula meridionale di Porta Marina-sud (ritratti dei medici, ritratti dei principi giulio-claudii, repliche di sculture classiche, tra le quali in particolare la testa dell'Efebo fidiaco e il ritratto di filosofo [Parmenide ?]) sono prodotti di un ambiente colto e raffinato. Della ricchezza del quale fa fede il superbo balteo in bronzo rinvenuto nel gran collettore dell'agorà, opera quest'ultima di notevole ingegneria idraulica greca.
Bibl.: G. Radke, in Pauly-Wissowa, VIII A, 2, 1958, cc. 2399-2405, s. v. Ricognizioni e scavi: Not. Sc., 1882, p. 390; W. Schleuning, in Jahrbuch, IV, 1889, pp. 184 ss.; A. Maiuri, Velia, prima ricognizione ed esplorazione, in Campagne della Soc. Magna Grecia 1926-27, pp. 15 ss.; P. Mingazzini, Velia-Scavi 1927, in Atti e Memorie della Soc. Magna Grecia, 1954, p. 15 ss.; C. P. Sestieri, in Fasti Arch., IV, 1949, 1961; VI, 1951, 2634; VII, 1952, 2114; VIII, 1963, 2270; X, 1954, 3047; XI, 1955, 2174; XV, 1960, 4542; M. Napoli, in Atti del III, (1963), del IV (1964), del V (1965) Convegno sulla Magna Grecia di Taranto. Monografie e studî: P. Ebner, Delle Persephone sullo statere Velino e del suo incisore, in Riv. Num., 1949, pp. 3 ss.; id., L'errore di Alalia e la colonizzazione di Velia nel responso delfico, in Rass. St. Salernitana, 1962, pp. 3 ss.; id., Scuola di Medicina a Velia e a Salerno, in Apollo, Boll. Mus. Pr. Salernitani, II, pp. 125 ss.; G. Pugliese Carratelli, Pholarchos, in La Parola del Passato, 1963, pp. 385 s.; P. Ebner, L'Athenaion - Santuario extramurano di Velia, ibid., 1964, pp. 72 ss.; M. Gigante, Velina Gens, ibid., 1964, pp. 135 ss.; id., Parmenide Uliade, ibid., 1964, pp. 450 ss.; G. Pugliese Carratelli, Culti e dottrine religiose in Magna Grecia, ibid., 1965, pp. 26 s.; M. Napoli, Porta Rosa di Velia (in corso di pubbl.). Per i cippi iscritti vedi M. Guarducci, in La Parola del Passato, 1966 (in corso di stampa).