VELIA (‛γέλη, più tardi ‛Ελέα; lat. Velia)
Colonia. greca della Magna Grecia, posta sulla spiaggia tirrenica della Lucania, in un luogo dominante la baia dove sbocca il fiume Alento (ant. Hales, poi Alyntos), e quindi fra le due colonie sibaritiche di Lao e Posidonia; le rovine dell'antica città greca furono poste in luce da scavi moderni, nel sito del borgo medievale di Castellammare di Veglia o della Bruca.
Fu fondata, secondo il racconto di Erodoto (I, 164-167), dai Focesi di Alalia dopo la battaglia del 540 a. C. (v. aleria), e dal nome di un piccolo abitato indigeno preesistente (probabilmente Fέλη), chiamata Hyele (la forma Elea compare la prima volta in Platone).
L'insediarsi dei nuovi venuti in territorio che Sibari considerava a buon diritto come riservato alla sua sfera d'influenza, destò malumore nei vicini Posidoniati, contro i quali Velia dovette difendersi con le armi. Di lì a trent'anni però, distrutta Sibari, migliorarono i rapporti di Velia non solo con i vicini Posidoniati, ma anche con gli Etruschi, che avevano prima mantenuto attivissimi traffici con Sibari.
Cominciò allora il periodo della massima floridezza di Velia. Oltre alla pesca, gli abitanti della città si dedicarono con fortuna al commercio, stringendosi in lega con i Reggini e, poco dopo, con i Massalioti stessi, che si valsero di quell'ottimo scalo nel Tirreno meridionale come luogo dí sosta per le loro navi mercantili che si dirigevano, attraverso lo stretto di Messina, nei porti della Sicilia orientale e della Grecia stessa: tanto che Velia fu anche considerata come colonia di Marsiglia.
Lo sviluppo dei commerci della città è testimoniato dalle sue belle monete, che portano su una faccia la testa di Atena o quella della ninfa Velia, sull'altra, un leone, spesso in lotta con un cervo.
La popolazione di Velia fu probabilmente rafforzata, a più riprese, dal sopraggiungere di nuovi contingenti di immigranti ionici. Vi passò gran parte della sua vita il poeta e filosofo colofonio Senofane. Di lui fu discepolo secondo la tradizione Parmenide, il fondatore della scuola che rese celebre il nome della città italiota (v. eleatismo).
Velia fu, tra le città della Magna Grecia, una di quelle che meglio seppero difendere la loro grecità contro la pressione dei Lucani. Sulla sponda tirrena a nord del Lao, soltanto Velia e Napoli poterono mantenere la loro nazionalità ellenica; e l'uso della lingua greca venne anzi tenacemente conservato dai Veliensi anche in età romana.
Velia fu indotta ad entrare nell'alleanza romana probabilmente subito dopo la ritirata degli Epiroti dall'Italia e la capitolazione di Taranto, nel 272 a. C., durante il secondo consolato di Spurio Carvilio. Dopo la guerra sociale, divenne municipio romano e fu luogo di villeggiatura: Cicerone vi soggiornò più volte nella villa di Trebazio e vi ebbe un drammatico colloquio con Bruto. Nel 36 a. C., presso le vicine scogliere del Capo Palinuro naufragò una flotta di Ottaviano che, in viaggio verso i mari della Sicilia per combattervi Sesto Pompeo, aveva cercato nel golfo di Velia un rifugio contro la tempesta.
Nel Medioevo fu sede vescovile; esposta agli attacchi dei Saraceni, decadde rapidamente e finì con essere distrutta, tra il sec. VIII e il sec. IX: sul colle sorse in seguito un castello con un villaggio, che prese il nome di Castellammare della Bruca e che fu abitato fin verso il '600.
Delle scarse rovine della città antica la maggior parte appartengono alla città romana: scavi recenti (iniziati nel 1927) hanno però portato alla luce resti assai notevoli della città greca, fra cui lo stilobate di un tempio del sec. V a. C. e il tracciato di una strada che saliva dal porto all'acropoli.
Bibl.: F. Münter, Velia, Altona 1818; G. Navarro, in Memorie d. Accad. Ercol., II (1833), p. 83 segg.; O. Dito, Velia, Roma 1891; W. Schleuning, Velia in Lucanien, in Jahrb. d. arch. Instit., IV (1889), p. 169 segg.; A. W. Byvanck, De Magnae Greciae hist. antiquissima, L'Aia 1912, p. 149 segg.; E. Ciaceri, teoria della Magna Grecia, I, 2ª ed., Città di Castello 1928, p. 285 segg.; B. V. Heaed, Historia Numorum, 2ª ed., Oxford 1911, p. 89; T. Mommsen, in Corp. Inscr. Lat., X, p. 51; K. J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino e Lipsia 1926, p. 431; Guida d'Italia del Touring club Ital., III, Italia meridionale, Milano 1928, p. 711; Not. scavi, 1882, p. 288; A. Maiuri, Velia, in Campagne della Soc. Magna Grecia (1926-27), Roma 1928, p. 15 segg.