vecchio (veglio)
1. Come aggettivo (o in predicato), nell'immutabile valore di " avanzato in età ", " provetto negli anni ", adibito a persone: Cv IV XXVI 11 Enea... lasciò li vecchi Troiani [i " longaevos... senes " di Virg. Aen. V 715] in Cicilia; XXVII 17 [Ovidio] Mostra che Eaco vecchio fosse prudente, in funzione predicativa, mitico attributo del figlio di Giove ed Egina; If XV 21 'l vecchio sartor; XXVI 95 la pieta / del vecchio padre (Anchise), e 106 Io e ' compagni eravam vecchi e tardi (l'allusione alla vecchiaia di Ulisse e dei suoi è acquisto dantesco sull'ovidiano " resides et desuetudine tardi ": cfr. Met. XIV 436); XXVIII 18 il vecchio Alardo. Con lo stesso valore, pur se riferito a cose, in Pg XI 103 se vecchia scindi / da te la carne.
Sempre riferito a cose, con qualche marezzatura semantica: " indebolito ", " freddo ", in Rime LXXIII 10 La tosse, 'l freddo e l'altra mala voglia / no l'addovien per omor ch'abbia vecchi (la vecchiaia " è fredda e secca per natura e umida per accidente, cioè a dire per abondanza di troppi freddi omori che li abondano per difetto di calore naturale ", Maestro Aldobrandino, cit. da Barbi-Maggini).
Più precisamente, detto di cose ma in un orizzonte morale, v. assume la sfumatura " antico ", " di remota origine ", attraverso una ricca tastiera che percorre tutto il poema: If XV 67 Vecchia fama nel mondo li chiama orbi, un " antichissimo " proverbio o un blasone " tradizionale ", per i Fiorentini mira cupidine obcaecati (Ep VI 12) che si lasciarono ingannare da Totila (Villani, Anonimo) ovvero dai Pisani (Boccaccio e Benvenuto); If XVI 11 piaghe... / ricenti e vecchie; infine Pd XIX 33 quello / dubbio che m'è digiun cotanto vecchio, " antico, lungamente durato " (Sapegno), come il grato e lontano digiuno (XV 49) o il gran digiuno / che lungamente m'ha tenuto in fame (XIX 25). Tuttavia nei due luoghi del c. XIX potrebbe sconfinare verso " costante ", " abituale ", riguardando un'angoscia intellettuale che travagliò D. per tutta la vita, sul dogma cristiano della giustificazione per la fede e quindi anche sulla difficile conciliazione di libertà umana e predestinazione divina. Si rammenti che ai vv. 66 ss. (di che facei question cotanto crebra; / ché tu dicevi...) gl'imperfetti erano certo allusivi a un dubbio non mai puntualmente e apertamente espresso da D. (nonostante gli accenni sparsi nel poema), ma assillante la sua ragione con un turbamento che era sostanza drammatica di una fede vittoriosa. Dal valore di " antico " si giunge a " primordiale ", " che ha l'età della terra o dell'abisso infernale ", in If XII 44 questa vecchia roccia (lo scoscendimento rupestre del settimo cerchio), e XVIII 79 vecchio ponte.
Fra due personaggi illustri dello stesso casato, al più " antico " (o " anziano ") si attribuisce l'appellativo di v.: Cv IV XXVII 16 e XXVIII 6 Tullio... in persona di Catone vecchio, il senior o maior rispetto allo iunior o minor, l'Uticense; If XXVII 46 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio, cioè Malatesta (padre anche di Paolo e Gianciotto) e il primogenito Malatestino (il binomio v.-‛ nuovo ' verrà poi sostituito, in simili casi, da v.- ‛ giovane ').
Per distinguere, come si è sempre fatto, il libro delle Sacre Scritture anteriori alla venuta di Gesù dai Vangeli e dagli altri scritti cristologici della Bibbia: Pd V 76 il novo e 'l vecchio Testamento; XXIV 93 La larga ploia / de lo Spirito Santo, ch'è diffusa / in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia, nelle pergamene " dell'Antico e del Nuovo Testamento ". Analogamente, v. traduce il titolo di una ‛ summa ' o antologia di scritti dell'Aristotele latino, prestigiosa nel Medioevo, suddivisa nell'Ars o Logica vetus e nell'Ars o Logica nova e comprendente otto libri dell'Organon aristotelico: Cv II XIII 12 la Dialettica è minore in suo corpo che null'altra scienza, ché perfettamente è compilata e terminata in quello tanto testo che ne l'Arte vecchia e ne la Nuova si truova (con esclusivo riferimento a Topica ed Elenchi, Busnelli-Vandelli); XIV 7, ove alla discordanza (in tema di Galassia) fra la Nuova e la Vecchia corrisponde un puntuale contrasto fra l'opinione di Tommaso e quella di Alberto Magno. O distingue il Digestum vetus dall'infortiatum e dal novum, in Cv IV IX 8 è scritto nel principio del Vecchio Digesto.
Da " antico ", come sopra avvertivamo, si passa gradualmente a " solito ", " usato ", " consueto ": Pg IV 66 tu vedresti il Zodïaco rubecchio / ancora a l'Orse più stretto rotare, / se non uscisse fuor del cammin vecchio, a meno che non deviasse (cosa assurda) dal suo percorso " antico quanto il mondo ", quindi " abituale ", " normale ", o addirittura " obbligato ".
Ancora in quest'orbita si aggira una furbesca anfibologia del Fiore (LXXXIV 6): la perifrasi quella che sa ben la vecchia danza vi designa la Vecchia (la ‛ Vieille ' del Roman de la Rose), per " antica " esperienza buona conoscitrice dell'eterno giuoco dell'amore (v. VECCHIA). Forse un po' generica la resa del Parodi (" è invecchiata nella malizia, sa come si vive al mondo "), anche a non voler richiamare il senso equivoco di " danse " nei fabliaux e la boccaccesca " danza trivigiana " (Dec. VIII 8 28) divenuta poi canonica nella tradizione novellistica fino al Bandello e oltre. In altre parole, la pregnanza della ‛ iunctura ' metaforica, proprio nella direzione espressiva di un ludismo sessuale (tra i maneggi e gl'intrighi erotici e l'immutabile vicenda dell'attrazione e passione fisica), verrebbe assicurata dalle successive e complementari accezioni: " faccenda, prova, impresa amorosa " in Petrarca (Rime Cv 39; si ricordi inoltre la ‛ danza ' dei seguaci d'Amore in Tr. Cup. II 70), " tormento infernale " (Saviozzo), " burla " (Grasso legnaiuolo) e soprattutto " battaglia " (dal Centiloquio al Morgante).
2. Come sostantivo (" persona in là con gli anni ", " di età avanzata "), al singolare maschile ma con significato collettivo, in contrapposizione al giovane e all'adolescente: Cv IV XXVI 14 lo vecchio per più esperienza dee essere giusto, e non essaminatore di legge, se non in quanto lo suo diritto giudicio e la legge è tutto uno quasi e, quasi sanza legge alcuna, dee giustamente sé guidare: che non può fare lo giovane. Analoga coppia, pur lontanissima nello spirito, nel ‛ vanto ' di Falsembiante (Fiore CI 13), e giovane alcun'ora e vecchio chino, " cadente ".
Notevole l'associazione v.-‛ antico ', in If III 83 (un vecchio, bianco per antico pelo), anche nella misura in cui contrae espressivamente il più descrittivo modello virgiliano (Aen. VI 299 ss. " Charon, cui plurima mento / canities inculta iacet... / iam senior, sed cruda deo viridisque senectus "); per figura (o personificazione) dell'Apocalisse, in Pg XXIX 143 di retro da tutti un vecchio solo / venir, dormendo, con la faccia arguta.
Al plurale, per la categoria: Cv IV XIX 9 vergogna non è laudabile né sta bene ne li vecchi e ne li uomini studiosi (citazione dall'Etica di Aristotele); o con riferimento a determinati personaggi: Pg XVI 121 tre vecchi.., in cui rampogna / l'antica età la nova, Corrado da Palazzo, Gherardo da Camino e Guido da Castello, esponenti " della passata generazione " (un'altra volta il nesso v.-‛ antico '); XXIX 134 due vecchi in abito dispari, / ma pari in atto e onesto e sodo, Luca e Paolo in quanto autori, rispettivamente, degli Atti degli Apostoli e delle Epistole. Così anche in Fiore CXI 10.
A parte vada, come nome di casato (o cognome), quel d'i Nerli e quel del Vecchio (Pd XV 115), collettivo per " i Nerli " e (forse) " i Vecchietti ", antiche famiglie fiorentine di Parte guelfa (Villani), poi confluite tra i Neri.
Al femminile singolare (ma collettivo): Fiore LVII 2 o vecchia... o giovanzella... o pulzella; al plurale, più o meno la stessa triade topica, in LVIII 1 Le giovane e le vecchie e le mezzane. Il sostantivo femminile, che curiosamente manca nell'intero ‛ corpus ' canonico e perfino nel Detto (in qualche modo, cioè, D. rende omaggio al gentil sesso non rappresentandone mai il decadimento fisico nella vecchiaia), assume viceversa nel fiore la funzione di ‛ agens ' e ‛ loquens ' (v. VECCHIA).
3. Il gallicismo ‛ veglio ' (francese vieil, XII secolo), rarissimo come aggettivo nella lingua antica, quanto al sostantivo registra ancora D. al primo posto, se non per il Fiore e il Detto (un'occorrenza ciascuno), in virtù dei tre esempi nella Commedia. Allotropo di ‛ vecchio ', ma di tono più aulico e di uso assai meno comune, non ne è un perfetto sinonimo accompagnandosi, almeno in D. (non invece presso il Petrarca, cui le due varianti paiono intercambiabili), a una connotazione di maestoso decoro scevra di ogni meschinità quotidiana.
Il più noto, dove la sottolineatura enfatica è anche rafforzata dall'aggettivo, si ha in If XIV 103 Dentro dal monte sta dritto un gran veglio (v. naturalmente VEGLIO DI CRETA; e cfr. Pagliaro, Ulisse 597); peraltro quello stesso epiteto risale alla fonte biblica (Dan. 2, 31-33), che insiste proprio sulla ‛ grandezza ' della statua sognata da Nabucodonosor: " et ecce quasi statua una grandis: statua illa magna, et statura sublimis stabat contra te ".
Analoga cifra di austera dignità (ma senza l'idea di gigantesco) per la figura di Catone Uticense, in Pg I 31 un veglio solo e II 119 il veglio onesto (più dimessamente [XXIX 143], un vecchio solo, per s. Giovanni): in ambedue i casi con determinazione attributiva, nel senso ora di una solitudine magnanima (l'apparizione grandeggia nel silenzio di un paesaggio romito), ora di una veneranda gravità per contrasto con lo smemoramento della turba e dei due pellegrini al canto soave di Casella (il tema della ‛ honestas ' ritornerà a distanza per Virgilio, in III 7-11, con una consonanza suprema che rivela insieme precise ascendenze classiche).
Nel Fiore ‛ veglio ' viene adoperato in riferimento a un personaggio storico, il Vecchio della montagna: cfr. II 11 I' sì son tutto presto / di farvi pura e fina fedeltate, / più ch'Assessino al Veglio o a Dio il Presto; così in Detto 260 Unque Assessino al Veglio / non fu già mai sì presto, né a Dio mai il Presto, / com'io a servir amante, due passi inconfondibilmente paralleli e certo usciti dalla stessa mano (Parodi, p. XIV: " Benché il Veglio della Montagna e il Pretejanni siano quasi una fissazione de' vecchi rimatori, il loro accoppiamento e la frase ‛ più pronto che verso Dio il Presto ', sono tanto personali da non permettere che due supposizioni: o l'un autore ha imitato l'altro, o sono il medesimo autore, che ha imitato sé stesso "). Qui v. si riferisce per antonomasia a un personaggio favoloso della letteratura mediolatina e romanza universalmente noto attraverso il racconto di Marco Polo (vedi VEGLIO DELLA MONTAGNA). Altrettanto scontato in contesti topici l'inserimento del ‛ Prete Gianni ' (v. PRESTO), quantunque non risultino altri esempi di una simile associazione. I due vanno isolati - oltre che in Ottone di Frisinga - nel Milione, nel Novellino, nei Proverbia foeminarum, e in Ruggieri Apugliese, Folgòre, Cino da Pistoia; perfino in Guido delle Colonne, ove l'invenzione del ‛ topos ' amoroso (dovuta al trovatore Aimeric de Pegulhan) si trova per la prima volta formulata in un volgare italiano al modo canonico che ritroviamo nell' ‛ appendix ' dantesca: " perch'eo son vostro più leale e fino / che non è al suo signore l'assessino ".