vaso
Si registra solo nella Commedia e, una volta, nelle Rime.
Nel significato proprio compare solo in Pd XIV 2 Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro / movesi l'acqua in un ritondo vaso, / secondo ch'è percosso fuori o dentro.
Per un semitismo penetrato nel latino della Vulgata attraverso il testo greco per effetto di una traduzione letterale dell'espressione ebraica ad esso soggiacente, vas è spesso usato nella Bibbia per indicare un recipiente qualsiasi o anche, addirittura, un arnese o un congegno (cfr. Ezech. 9, 1 " unusquisque vas interfectionis habet in manu sua ", traducibile in " ciascuno con l'arma della distruzione in mano "). Questo modello offerto dal linguaggio scritturale spiega alcuni aspetti dell'uso dantesco del vocabolo. Così, v. è introdotto per indicare l'Arca dell'alleanza (Pg X 64 precedeva al benedetto vaso, / trescando alzato, l'umile salmista) e, dopo che il drago ne ha perforato il fondo, il carro apparso a D. nel Paradiso terrestre (XXXIII 34 Sappi che 'l vaso che 'l serpente ruppe, / fu e non è).
Quale che sia il più preciso significato dell'espressione " vas electionis " usata in Act. Ap. 9, 15 per indicare s. Paolo, D., traducendola con Vas d'elezione (If II 28), l'interpretò nel senso che l'Apostolo accolse in sé l'elezione (nel senso di " volontà ") di Dio; analogamente, in Pd XXI 127 Paolo è definito il gran vasello / de lo Spirito Santo: sono questi gli esempi più noti del riferimento del vocabolo a persona, in quanto sia ricolma di doni o qualità dello spirito. Così, il termine ricorre nell'invocazione ad Apollo perché riversi nel poeta tutta la sua virtù poetica: O buono Appollo, a l'ultimo lavoro / fammi del tuo valor sì fatto vaso, / come dimandi a dar l'amato alloro (Pd I 14). L'espressione è poi trasportata in mal senso nella definizione di frate Gomita come vasel d'ogne froda (If XXII 82).
L'autorità biblica (Ierem. Proph. 48, 11 " Fertilis fuit Moab... et requievit in faecibus suis, nec transfusus est de vase in vas ") è anche a fondamento della metafora usata per indicare la trasmissione del retaggio della virtù da un re al suo successore: ben andava il valor di vaso in vaso (Pg VII 117).
In If XXII 82 e Pd XXI 127 (già citati) il diminutivo ‛ vasello ' ricorre in contesti figurati ma conservando il valore originario. Un esempio di uso estensivo se ne ha nella denominazione di natural vasello (Pg XXV 45) data alla matrice, cioè all'utero (per un analogo traslato, cfr. Cv IV XXI 4 l'umano seme cade nel suo recettaculo, cioè ne la matrice).
Nella lingua del tempo fu però frequentissimo con il significato di " nave " o " navicella " (cfr. Passavanti Specchio della vera penitenza, Prologo: " durare fatica nella guardia e nella condotta di sì nobile vasello "). Con quest'accezione ricorre nel trasognato vagheggiamento di un vasel, ch'ad ogni vento / per mare andasse (Rime LII 3), del vasello snelletto e leggero (Pg II 41) dell'angelo nocchiero, e nel fosco racconto che Pier da Medicina fa dell'eccidio consumato da Malatestino Malatesta, in If XXVIII 79.
Bibl. - Per Pg II 41, cfr. P. Rajna, D. e i romanzi della Tavola Rotonda, in " Nuova Antol. " 1 giugno 1920; M. Scherillo, La Vita Nuova e il Canzoniere, Milano 1930, 20-22.