Saggista e pensatore russo (Vetluga, Kostroma, 1856 - Zagorsk 1919). Difensore dell'autocrazia e acceso nazionalista, sostenitore del decadentismo e del simbolismo, diede con Legenda o Velikom Inkvisitore (1891; trad. it. La leggenda del Grande Inquisitore, 1989) un originale e importante commento al pensiero di Dostoevskij. Nel 1899 iniziò a collaborare al giornale conservatore Novoe vremja ("Tempi nuovi") con articoli di taglio provocatorio; due anni dopo intraprese un viaggio in Italia di cui lasciò testimonianza in Ital´janskie vpečatlenija ("Impressioni italiane", 1909). Tutta l'opera di R., che fu spesso al centro di scandali e polemiche, è segnata da un rapporto contraddittorio e viscerale con la religione e attraversata da idee ossessive, espresse a volte con ingenua volgarità, come nel libello antisemita Evropa i Evrei ("L'Europa e gli Ebrei", 1914), a volte con sincero trasporto, come nel trattato Ljudi lunnago cveta ("Uomini di luce lunare", 1911), che espone in modo vivace e disordinato una concezione mistica e sacrale del sesso. Importanti, anche per la profonda influenza che ebbero sulla successiva prosa russa, sono le opere costituite da pensieri sparsi e aforismi: Uedinennoe ("Solitaria", 1912); Opavšie list´ja (2 voll., 1913-15; trad. it. Foglie cadute, 1976); Mimoletnoe ("Quisquilie", 2 voll., 1913-16). Ridotto in miseria dopo la rivoluzione d'Ottobre, R. lavorò alla sua ultima opera, Apokalipsis našego vremeni (1918; trad. it. L'Apocalisse del nostro tempo, 1979), ciclo di desolate meditazioni sullo sfacelo dell'antica Russia.