VASI
. L'industria dei vasi, in pietra, in metallo, ma sopra tutto in argilla, ha nell'antichità un'importanza assai grande, non solo per la copia dei prodotti fabbricati e pervenuti fino a noi, ma anche e principalmente perché tecnica, forme e decorazione riflettono assai sovente differenze di età, di stirpe, di civiltà. Lo studio dei vasi costituisce pertanto un campo fra i più fecondi dell'archeologia: donde la necessità di una classificazione metodica di essi sulla base delle forme (v. alabastro; ampolla; anfora; ariballo; asco; atanuvio; boccale; bombilio; calice; canopo; cantaro; capedine; catino; celebe; chous; ciato; coppa; cratere; fiala; gutto; infundibolo; karchesion; kylix; lacrimatoi; lebete; lekythos; lepaste; lutroforo; oinocoe; olla; olpe; orcio; pelike; poculo; prefericolo; psictere; rhyton; scifo; stamno; trozzella), dei principali centri di produzione: (v. apuli, vasi; aretini, vasi; attici, vasi; calcidesi, vasi; caleni, vasi; campani, vasi; corinzî, vasi; lucani, vasi; protocorinzî, vasi; rodi, XXIX, p. 559), delle tecniche (argento; bronzo; bucchero; ceramica), oltre che delle civiltà e dei popoli che in essi hanno riflesso una parte non trascurabile della loro attività artistica (v. bronzo: Civiltà del bronzo; eneolitica, civiltà; etruschi; ferro, civiltà del; grecia: Ceramica, XVIII, p. 878 segg.; neolitica, civiltà; roma: Arte, XXIX, p. 714 segg.; sicilia: Arte, p. 677 segg.). Di qui ancora l'opportunità di una loro completa sistematica illustrazione, quale è quella avviata nel Corpus vasorum antiquorum.
Vasi sacri.
Sono quelli che nella Chiesa servono per le cerimonie rituali. Circa la loro materia e la loro forma il Codice di diritto canonico (can. 1296, par. 1) dice che debbono "osservarsi le prescrizioni liturgiche, la tradizione ecclesiastica e, nel miglior modo possibile, le norme dell'arte sacra". Sono considerati come sacri in senso più stretto i vasi che vengono a contatto con le specie eucaristiche, e anzitutto il calice e la patena, usati nel sacrifizio della messa. Il Messale romano (Ritus servandus, I,1) prescrìve che il calice sia d'oro o d'argento o almeno abbia la coppa d'argento dorata internamente; si tollera la coppa di stagno, ma si escludono assolutamente per essa il rame e il vetro. Non si precisa il metallo per la patena, ma anch'essa deve essere dorata per lo meno nella parte concava. D'oro o d'argento deve essere pure la fistula o tubetto per sorbire il vino consacrato, che anticamente era di uso comune e ora è riservata quasi esclusivamente alle messe papali; così pure la lancia o coltellino che nel rito greco serve a dividere il pane eucaristico. La pisside, destinata a contenere le particole per la comunione dei fedeli, deve essere di "materia solida e decente... e ben chiusa col suo coperchio" (can. 1270); anche la sua coppa è dorata all'interno. Così dicasi della piccola custodia con cui si porta la comunione agl'infermi. L'ostensorio per le solenni esposizioni eucaristiche dovrebbe essere d'oro o d'argento, ma la consuetudine accettata permette che l'uso di questi metalli sia limitato alla sola lunetta che è propriamente il vaso sacro, perche in essa viene inserita l'ostia consacrata; la lunetta può essere pure di bronzo dorato (S. Congr. dei Riti, 31 agosto 1867).
In senso più largo vanno considerati come sacri i vasetti per gli oli sacri e il tabernacolo. Questo, così per la forma come per la materia permette grande varietà; però si prescrive che sia costruito artisticamente, chiuso solidamente da ogni parte ed ornato convenientemente" (can. 1269, par. 2). Di tutti questi vasi, prima di essere adoperati per la prima volta, solamente il calice e la patena richiedono la consacrazione fatta da un vescovo con l'unzione del sacro crisma; per la pisside e la lunetta basta la semplice benedizione. I vasi contenenti l'Eucaristia non possono essere toccati che dal sacerdote e dal diacono, ma quando sono vuoti possono esserlo anche da semplici chierici e in caso di necessità da laici.