Vedi PESTANI, Vasi dell'anno: 1965 - 1996
PESTANI, Vasi
La localizzazione a Paestum di una piccola ma importante fabbrica di vasi di stile molto caratteristico che fu identificata e discussa da G. Patroni, è stata accertata dai recenti scavi di P. C. Sestieri nelle necropoli attorno alla città antica che già nel 1951 hanno restituito circa 300 vasi a figure rosse di fabbrica pestana. Questi, aggiunti a quelli già conosciuti da scavi intrapresi in varî periodi durante il sec. XIX, portano il numero dei vasi di sicura provenienza pestana a quasi 400 o circa la metà di un totale poco superiore a 8oo, escluse le creazioni dei Pittori di Dirce (v.) e di Caivano (v.), la cui attribuzione a Paestum è questione ancora aperta.
La fabbrica si presenta notevolmente omogenea, con minore varietà di stile, forma o soggetti delle contemporanee fabbriche campane o àpule.
La massima parte dei vasi p. può essere datata tra circa il 360 ed il 300 a. C.
Durante la prima metà di questo periodo, la produzione è dominata dall'officina di Assteas e Python, con un numero limitato di pittori che lavoravano in stretta collaborazione per una produzione molto uniforme che raggiunge un totale di circa 500 vasi (per attenerci a quelli rimasti).
Verso la fine del IV sec. ci sono, al più, tre officine, quella dei Pittori di Napoli 1778 e 2585, vicina per stile ai vasi del gruppo Assteas Python e che ha influenzato circa 200 vasi, e quelli del Gruppo Apulizzante, che consiste di circa 50 vasi e frammenti, con uno stile altamente individuale, influenzato dal Tardo Apulo del tempo del Pittore di Dario e che introduce in Campania un interessante parallelo al Pittore Apulizzante. L'attribuzione a Paestum del gruppo di vasi datati a circa il 380-350 a. C. e che è imperniato sul Pittore di Dirce, è ancora incerta. Molti dei vasi di questo artista, o strettamente legati a lui stilisticamente, furono trovati in Sicilia e non è impossibile che egli cominciasse lì la sua carriera con il Pittore della Scacchiera e più tardi risalisse a fondare una scuola a Paestum dal momento che non ci può essere dubbio che lo stile del gruppo di Dirce ebbe una profonda influenza sulle opere di Assteas e Python che seguono molto da vicino le sue forme e modelli, la maniera di rendere le capigliature, il panneggio piuttosto rigido con bordi a puntini e il suo trattamento delle figure di sileni e, in particolare, di giovani drappeggiati figurati su quasi tutte le facce posteriori dei vasi.
I due artisti più rappresentativi della metà del IV sec. sono Assteas e Python l'uno noto per la sua firma, come pittore, su sei vasi (crateri a calice: Berlino F. 3044, Villa Giulia 50279, Madrid 11094, Napoli 3412; cratere a campana: Napoli 3226; squat-lè-kythos: Napoli 2873), l'altro su uno solo (cratere a campana B. M. F 149). La stretta affinità fra lo stile e la forma, il soggetto e la decorazione dei loro vasi fa pensare che essi fossero attivi entrambi nella stessa officina, insieme a pochi altri artisti come il Pittore di Altavilla così ben addestrati nello stile dei loro maestri che è piuttosto difficile separare il lavoro di pittori singoli in questo gruppo.
Le forme più comuni dei vasi grandi sono il cratere a campana, caratterizzato dai lati quasi perpendicolari che danno al corpo un aspetto cilindrico, e la neck-amphora generalmente decorata con una testa femminile o un uccello sul collo.
Altre forme comuni, specie per vasi più piccoli sono, l'hydrìa, l'oinochòe, la squat-le-kythos ed il lèbes gamikòs, quest'ultimo particolarmente usato come vaso da offerta, spesso decorato con scene lustrali. In contrasto con la ceramica àpula, la pelìke è poco comune, il cratere a volute appare solo due vòlte ed il cratere a colonnette è sconosciuto. Tipico dell'ornamentazione pestana è l'uso di palmette verticali staccate, per incorniciare le scene sul vaso; queste non appaiono altrove in questa forma e servono perciò come punto fisso per l'identificazione.
Lo schema decorativo, divenuto fisso per i crateri a campana ed altri grandi vasi, mostra due figure su ciascun lato; la scena principale rappresenta per lo più Dioniso con un sileno, un satiro, una menade, Pan o un fliace o anche un giovanetto ed una donna mentre il retro quasi sempre presenta due giovani drappeggiati in himàtion bordato dapprima con una striscia scura continua, e più tardi da una striscia resa a puntini, quest'ultima sempre usata da Python.
Sia Assteas che Python decorarono un numero di vasi grandi con scene mitologiche e teatrali elaborate (il vaso firmato anche da Assteas, l'hydrìa con il giudizio di Paride a Bruxelles, ed il lèbes gamikòs a Paestum, la lèkythos con la purificazione di Oreste dalla contrada Gaudo; di Python, Oreste a Delfi al British Museum, il Simposio Vaticano, la hydrìa di Agrios al British Museum); tali opere mal si addicono alla limitata capacità del loro stile che è molto più efficace nei vasi meno ornati, molti dei quali hanno una certa forza rustica, specie i vasi vivaci e pieni di colore decorati con scene fliaciche.
Entrambi gli artisti fanno uso del colore aggiunto, specie il bianco, il giallo, rosso porpora ed il nero; questi ultimi due sono molto usati per il panneggio che sui vasi più grandi è spesso elaboratamente modellato e riccamente decorato.
I vasi più piccoli del gruppo presentano di solito una singola figura, generalmente incorniciata dalle tipiche palmette, e presa dal consueto repertorio: un giovane nudo o panneggiato, una donna stante o seduta, Eros, satiri ecc. spesso raffigurati mentre trasportano una serie di palle bianche una sopra l'altra che possono rappresentare una filza di frutta ed è caratteristica di questa fabbrica. Molti dei vasi più piccoli sono decorati con teste femminili, talvolta con grandi sphendònai perlate, o anche con un sàkkos decorato con punti bianchi e neri o una doppia fila di perline. Sui vasi più tardi c'è di regola una stephane gialla ornata da un giro di spilloni verticali sulla fronte (Fasti Arch., viii, 1956, p. 131, fig. 36) e questo stile continua nel periodo più tardo.
Il trovare alcuni piatti con pesci nelle tombe vicino a Paestum ci conferma che questo tipo di vasi era prodotto locale. Il piatto con pesci tipico di Paestum si può riconoscere dal grande uso dei punti, specie per gli occhi, che può essere paragonato con quello dei tordi ed altri uccelli sui vasi minori di questo gruppo. La maggior parte dei piatti con pesci sembra sia produzione di un solo artista che possiamo chiamare il Pittore di Fravita, dalla località dove un suo piatto fu trovato. L'argilla cotta è del tipico color rosso aranciato, ed è notevole che in questi vasi sia usato molto poco colore aggiunto bianco o giallo.
Un tardo artista di questo gruppo, il cui stile segna il passaggio fra il lavoro di Assteas e Python e quello dell'ultimo periodo pestano è il Pittore dell'Oreste di Boston (Boston Orestes Painter). Egli segue molto da vicino la tradizione stilistica dei suoi grandi predecessori e dipinse quasi 35 vasi, per lo più crateri a campana, generalmente con soggetto dionisiaco a due figure, ma occasionalmente anche con scene più elaborate (Caccia all'orso, British Museum F 153; Giudizio di Paride, Louvre N 3148; Giardino delle Esperidi, Lisbona, Collezione Palmela; Cassandra, Vienna 724). Il suo stile è caratterizzato da visi inespressivi a fattezze piane e labbra serrate, così come da una tendenza a esagerare la torsione della gamba libera e a stringere il petto.
Il suo panneggio, modellato su quello di Assteas, sembra ancor più senza vita e tende a raggrupparsi in pieghe pesanti con una striscia centrale nera orlata di punti.
La fase più tarda pestana (circa 325-300) si divide in tre gruppi principali: quelli dei Pittori di Napoli 1778 e 2585 ed il Gruppo Apulizzante. Il Pittore di Napoli 1778 è influenzato dallo stile di Python, come si può vedere dalla sua preferenza per il rosso ed il nero aggiunti sul panneggio; notevole è pure la forte influenza del Pittore di Caivano, un artista il cui stile sta sul confine tra la fabbrica pestana e campana, ma è probabilmente meglio classificabile stilisticamente con quest'ultima fabbrica, anche se esso può essere ritenuto pestano. Caratteristico del Pittore di Napoli 1778 è il suo trattamento del panneggio con una doppia fila di piccoli punti che sono posti verticalmente sul chitone e gruppi di belle pieghe sul petto, la resa dei capelli, e in particolare l'uso, come aggiunta decorativa, di una singola foglia di palmetta che sorge da un corto gambo bianco che appare su tanti suoi vasi da potersi considerare come il suo marchio di fabbrica. Verso la fine del secolo il suo stile si deteriora considerevolmente e diventa molto sciatto, pur conservando ancora tutte le caratteristiche essenziali.
Il Pittore di Napoli 2585 continua nella tradizione degli ultimi lavori del gruppo di Assteas; il suo stile è più vivace di quello del Pittore di Napoli 1778, ma un po' più rozzo. Egli predilige particolarmente scene di offerta: un giovane nudo, generalmente con un piede sollevato sopra una pianta, che offre uova, ghirlande o collane ad una donna seduta sopra un altare, avviluppata in un himàtion che ricade a pieghe rigide dal suo braccio piegato. Il fondo è generalmente riempito con una varietà di aggiunte decorative: tamburelli, phiàlai, collane e particolarmente con un ornamento triangolare disposto in maniera inversa, con una fila di ovuli superiormente. Egli fa molto uso dei colori aggiunti bianco e giallo, non molto del rosso e nei suoi tardi lavori il disegno è molto sciatto e lo stile diventa quasi barbarizzato.
Ambedue i Pittori di Napoli 1778 e 2585 continuano ad usare la tipica palmetta pestana, come cornice ma, nei vasi più tardi di quest'ultimo, essa è talvolta rimpiazzata da un'alta foglia ricurva in cima con un ventaglio estendentesi in basso.
Entrambi i gruppi contengono piccoli vasi decorati con figure singole, teste femminili o uccelli, sui quali appare la foglia di palmetta o l'ornamento triangolare tipico.
I recenti scavi di Paestum hanno rivelato un nuovo artista, contemporaneo con i due precedenti, il Pittore Floreale (Fioral Painter) che ha decorato un numero di grandi vasi trovati nella tomba 5 in Contrada Andriuolo insieme ad altri piccoli pezzi da altre tombe in Contrada Fuscillo e Tempa del Prete. Dal punto di vista stilistico il Pittore Floreale deve molto al più tardo lavoro del gruppo Assteas-Python, ai Pittori di Napoli 1778 e 2585, ed in particolare agli artisti campani contemporanei del Gruppo C A per quel che riguarda forma, decorazione ed uso del colore aggiunto. Caratteristico è il suo uso del bianco per la carnagione delle donne e l'uso della vernice diluita per il panneggio che appare aggruppato in pieghe sul petto, come nelle opere del Pittore di Napoli 1778, ma trattato con maggior pesantezza. Egli ama la decorazione esuberante, con larghi motivi floreali fra foglie di palmette con i contorni bianchi e con piccoli fiori intermedî. I suoi vasi più piccoli sono spesso decorati con una testa femminile con i capelli raccolti in una benda, decorati con linee e file di punti, e con un grande nodo dietro, legato con un nastro bianco. I sui volti mancano di espressione e spesso hanno uno sguardo attonito.
I nuovi scavi hanno anche mostrato l'esistenza a Paestum nel tardo IV sec. di un'altra fabbrica così fortemente influenzata dal Tardo Apulo (cfr. il Pittore Apulizzante in Campania) che i suoi vasi si possono distinguere dai prodotti di quella fabbrica solo per l'argilla, la scelta della forma (in particolare la bottiglia) e l'uso del bianco per le carnagioni femminili. Molti di questi vasi furono ritrovati nell'area intorno al cosiddetto tempio di Posidone ed erano stati probabilmente dedicati nel santuario di Hera; per questo motivo la bottiglia era una forma molto popolare ed è forse significativo che essa si trovasse raramente nelle tombe. Una piccola parte dei vasi più antichi fu decorata con scene mitologiche (la bottiglia con Apollo e Marsia, Röm. Mitt., lxv, 1958, tav. 35); più tipici sono i vasi decorati con scene di toletta femminile, Eros, o teste femminili, spesso con la pettinatura a spicchi.
Un gruppo è caratterizzato dalla regolare presenza di panneggio pieghettato disposto in un certo punto del disegno (Pap. Brit. Sch.. Rome, xxi, 1953, p. 163).
I più tardi vasi di questa serie mostrano un forte scadimento di stile, specie nel trattamento delle teste femminili che tendono ad avere rotondi occhi fissi e fattezze molto superficiali.
La produzione di ceramica a figure rosse a Paestum sembra essere cessata, come altrove nell'Italia meridionale, subito dopo l'inizio del III secolo.
Insieme alla ceramica a figure rosse, numerosi vasi con disegni in rosso applicato sono stati rinvenuti, in alcuni casi opera degli stessi pittori dei vasi a figure rosse, il che indica che essi pure erano di fabbricazione pestana. Per la maggior parte essi provengono dalla fabbrica di Assteas-Python, benché alcuni siano di data posteriore; diverse lèkythoi a figure nere e bottiglie della classe Pagenstecher sono state trovate in tombe a Paestum insieme a vasi a figure rosse, e questi pure possono essere di manifattura locale, perché tale tipo di vaso è così comune in Campania e Sicilia nel tardo IV sec. che è difficile pensare ad un oggetto d'importazione.
Bibl.: La bibliografia completa ed il catalogo dei vasi di Pesetum si può trovare in A. D. Trendall, Paestan Pottery, Roma 1936, con una revisione ed un supplemento, in Papers Brit. School at Rome, XX, 1952, pp. 1-53 ed addenda, ibid., XXVII, 1959. Gli articoli più importanti sul soggetto sono (vedi anche le bibliografie dei singoli artisti sotto le voci individuali, per es. Altavilla, Pittore di; Assteas, ecc.); G. Patroni, La ceramica antica nell'Italia Meridionale, in Atti Acc. Arch. Napoli, 1897, pp. 37-79; E. Gabrici, in Ausonia, V, 1910, pp. 58-68; R. Zahn, in Furtwängler-Reichhold, III, pp. 178-207; id., in Die Antike, VII, 1931, pp. 70-95; G. E. Rizzo, in Röm. Mitt., XL, 1925, pp. 217-239; F. Hauser, in Furtwängler-Reichhold, III, pp. 57-63; C. Watzinger, ibid., pp. 372-3; A. D. Trendall, in Journ. Hell. Stud., LV, 1935, pp. 35-55; A. Marzullo, Tombe dipinte scoperte nel territorio pestano, Salerno 1935; G. Patroni, in Rass. Stor. Salernitana, II, 1939, pp. 221-258; III, 1940, pp. 3-36; J. D. Beazley, in Amer. Journ. Arch., XLVIII, 1944, pp. 357-366; A. D. Trendall, Vasi antichi dipinti del Vaticano - Vasi italioti ed etruschi, I, 1953, pp. 24-26; id., in Papers Brit. School at Rome, XXI, 1953, pp. 160-167; id., Phylax Vases, Londra 1959, passim; P. C. Sestieri, in Arch. Class., VII, 1955, pp. 1-8; id., in Boll. d'Arte, XLI, 1956, pp. 71-73; XLIII, 1958, pp. 57-62; id., Il Nuovo Museo di Paestum, passim; id., Riflessi di drammi eschilei nella ceramica pestana, in Dioniso, XXII, 1959; H. Rocha Pereira, in Humanitas, XI, 1959, pp. 13-21. Notizie sui vasi recentemente rinvenuti a Pasetum si possono trovare in: Amer. Journ. Arch., LVIII, 1954, pp. 325-6; LIX, 1955, p. 306; LX, 1956, pp. 391-2; LXII, 1958, pp. 418-420; Arch. Anz., 1956, cc. 373 ss.; Arch. Reports, 1955 (Journ. Hell. Studies, 1956, Suppl.), pp. 56-58; Arch. Reports, 1957, pp. 35-38; Fasti Arch., VIII, 1956, pp. 129-131; IX, 1956, pp. 217-219; X, 1957, pp. 213-215.