Vedi MESSAPICI, Vasi dell'anno: 1961 - 1995
MESSAPICI, Vasi
I cosiddetti vasi m. appartengono alla grande famiglia del Geometrico italiano. Occorre però subito avvertire che il termine geometrico in questo caso non indica un periodo cronologico, come nell'arte greca, poiché i vasi m. appartengono a un'età assai più tarda, e rientrano tra le tre ben distinte fabbriche di ceramica di stile geometrico dell'antica Apulia - dauna, peucetica e messapica - che furono per la prima volta studiate dal Mayer, al principio del secolo, tenendo conto particolarmente della forma di ogni vaso.
Il nome di queste ceramiche di stile geometrico derivano dalle divisioni tribali e dalle divisioni geografiche (Nord, Centro, Sud) dell'antica Apulia. La Messapia, la regione più meridionale della provincia di Apulia, corrisponde al "tacco" della penisola italiana, l'attuale penisola Salentina. Il termine di "iapigia", una volta impiegato per designare questa ceramica, è stato sostituito da "messapica", cui nelle pubblicazioni più recenti si comincia ora a preferire "salentina". (Per una recente veduta d'insieme degli Iapigi, considerati già antichi abitatori delle coste sud-orientali d'Italia, v. P. Laviosa Zambotti, L'origine degli Iapigi, in Archivio Storico Pugliese, vi, 1953, pp. 3-17).
È molto diffusa la pratica di suddividere le zone decorate in pannelli che contengono disegni stilizzati, basati su tipi animali o floreali, e si incontrano spesso figure a silhouette. Il Gervasio (1922) ha passato in rassegna e riunito molti dei motivi di supposta origine straniera nella ceramica messapica (e nel Geometrico àpulo), identificando fonti egee (Rodi, ecc.), micenee, greche (Geometrico, figure nere e rosse) ecc. Infine, nota il Romanelli, non debbono essere del tutto ignorate le influenze villanoviane. Le principali, tra le numerose forme della ceramica messapica, sono lo stàmnos, il kàlathos e la trozzella o torzella, una forma di dialetto locale conservata dal Mayer, per designare una delle forme messapiche più caratteristiche. In generale, la trozzella può essere descritta come un vaso a corpo pieno, eseguito al tornio, con manici piatti, alti e ad angolo fortemente acuto, decorati da due dischi (rotelle, trozze in dialetto) in alto e da altri due nei punti di attacco al corpo del vaso.
Il Mayer distingue tre fasi della ceramica messapica: 1) vasi con decorazione monocroma, in una tinta opaca, che, negli esemplari considerati più antichi, denuncia precise influenze greche tra le quali quella corinzia sembra la più rilevante; 2) vasi in una tecnica bicromatica - nero opaco e rosso -, che imita in una certa misura la ceramica greca a figure rosse e nere, di cui riprende anche molti schemi decorativi; 3) un ritorno alla decorazione monocromatica con una tinta marrone povera di qualità e con forme a quanto sembra derivate dalle figure rosse àpule, mentre nella decorazione si nota una forte ripresa del Geometrico. Nell'insieme la decorazione, che ha sempre una parte consistente nei vasi m. di qualsiasi forma, mostra un repertorio particolarmente ricco di motivi geometrici in cui con forse eccessiva facilità si vogliono individuare influssi "stranieri", mentre in realtà spesso i paralleli di alcuni motivi con altri vanno considerati come frutto di una creatività spontanea e indipendente.
Sono abituali un piede basso e un collo molto lungo. Il Mayer distingue trozzelle con collo e spalle chiaramente differenziati e altri che combinano il collo e il corpo in una curva aggraziata paragonabile a certe anfore greche. Rimane insoluto il problema delle origini della trozzella; il Mayer la ritiene originaria dell'Apulia meridionale, il Patroni pensa che sia derivata dalla Lucania, e, mentre Petersen condivide l'opinione del Mayer, Gervasio vede nelle forme del vaso origini peucetiche, più antiche del messapico e del lucano. Si conoscono iscrizioni nel dialetto ionico-tarentino sui v. messapici. Di solito esse terminano al genitivo; i nomi propri sono i più frequenti (v. F. Ribezzo, La lingua degli antichi Messapi).
Una cronologia definita deve ancora essere stabilita per i vasi m. e la questione nel suo insieme presenta problemi assai complessi e di difficile soluzione. Il Patroni, il Mayer, il Walters e altri datano la ceramica messapica già nel VI sec. a. C. Tuttavia si deve tener conto che essi erano limitati nella loro ricerca dalla mancanza di dati di scavo e basavano le loro conclusioni quasi esclusivamente sul materiale nelle collezioni dei musei di Lecce, Bari e Napoli. Fortunatamente scavi recenti in cui sono state registrate le condizioni dei ritrovamenti hanno offerto nuovo materiale agli studiosi, che hanno sensibilmente abbassato le datazioni. Il Quagliati (cfr. Gervasio) aveva proposto che gran parte delle trozzelle dovevano essere datate nel IV e nel III sec., cronologia che è ora confortata dai dati emersi dagli scavi di Lecce e dintorni, e il Franco ritiene che alcuni esemplari possono essere addirittura di età romana. Che la trozzella non sia stata abbandonata durante il fiorente periodo delle produzioni di Gnathia è dimostrato dalle trozzelle di Lecce (C.V.A., fasc. 1, iv, Ds., tavv. 1 e 2) che sono decorate in puro stile di Gnathia. Inoltre una trozzella a Napoli (Museo Naz. n. 80763, C.V.A., fasc. iii, tav. 10, nn. 3 e 4) mostra un chiaro adattamento della ceramica calena nell'uso di particolari applicati.
Lo stato generale degli studi sui vasi m. (o secondo il termine ora in voga, salentini) è chiaramente riassunto dal Romanelli nell'Archivio Storico Pugliese, v, 1952 (Problemi di Archeologia Salentina, p. 64 ss.), che elenca tre problemi pertinenti che debbon essere risolti per poter raggiungere una completa comprensione della ceramica messapica: 1) l'origine della forma caratteristica della trozzella; 2) la formazione del repertorio decorativo; 3) la cronologia. Sicuramente le campagne archeologiche in corso, e quelle future condotte in Apulia e nelle regioni vicine offriranno materiale attendibile e documentato che sarà di aiuto nella situazione sui molti problemi sollevati da questa ceramica così interessante per gli studiosi.
Bibl.: C. Albizzati, Vasi antichi dipinti del Vaticano, fasc. I, Roma 1922, p. 13 s.; P. Baur, Catalogue of the E. D. Stoddard Collection of Greek and Italian Vases in Yale University, New Haven 1922, p. 144 ss.; C.V.A. per diverse raccolte principalmente: Lecce, Museo Provinciale; Londra, British Museum; Napoli, Museo Nazionale; Parigi, Museo del Louvre; Taranto, Museo Nazionale, ecc., e i Cataloghi dei singoli musei: W. Deecke, sulle iscrizioni messapiche, in Rheinisches Museum für Philologie, XXXVI, 1881, p. 576 ss.; XXXVII, 1882, p. 273 ss.; XL, 1885, p. 133 ss.; XLII, 1887, p. 226 ss.; L. De Simone, Note Japigo-Messapiche, Torino 1887; M. Gervasio, Bronzi arcaici e ceramica geometrica nel museo di Bari, Bari 1921, p. 277 ss.; P. Ducati, Storia della ceramica greca, I, Firenze 1922, p. 79; A. Fairbanks, Catalogue of Greek and Etruscan Vases in the Boston Museum of Fine Arts, I, Boston 1928, p. 229 s.; A. Franco, Una postilla sulla ceramica salentina, in Faenza, XXXVII, 1952, p. 85 s.; A. Furtwängler, Ein Wirtshaus auf einem italischen Vasenbilde, in Mélanges Nicole, Ginevra 1905, p. 159 ss.; Furtwängler-Reichhold, II, p. 27 ss.; P. Gardner, Catalogue of Greek Vases in the Ashmolean Museum, Oxford 1893, p. 3 s.; Catalogue of Greek Vases in the Fitzwilliam Museum, Cambridge 1897, p. 76 s.; P. Laviosa Zambotti, L'origine degli Japigi, in Archivio Storico Pugliese, VI, 1953, p. 2 ss.; F. Lenormant, Notes archéologiques sur la terre d'Otrante, in Gaz. Arch., 1881-1882 p. 107; V. Macchioro, Per la cronologia dei vasi canosini, in Röm. Mitt., XXV, 1910, p. 168 ss.; M. Mayer, Apulien vor und während der Hellenisierung, Lipsia-Berlino 1914; Parte V, p. 240 ss.; id., Antichità provenienti da varie parti dell'Apulia ed aggiunte alle collezioni del Museo provinciale di Bari, in Notizie degli Scavi, 1896, p. 539 ss.; id., Ceramica dell'Apulia preellenica, I: La Messapia, in Röm. Mitt., XII, 1897, p. 202 ss.; G. Patroni, Vasi arcaici delle Puglie nel Museo Naz. di Napoli, in Mon. Ant., VI, 1895, p. 348 ss.; id., La ceramica antica nell'Italia meridionale, Memoria premiata dalla R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli 1897, p. 7 ss.; id., L'ossuario tipico Villanova e le anfore a rotelle lucano-apule, in Bull. Paletn. Ital., XXIV, 1898, p. 65 ss.; E. Petersen, Funde und Forschung, in Röm. Mitt., XIV, 1899, p. 178 ss.; C. Picard, La fin de la céramique peinte in Grande-Grèce, in Bull. Corr. Hell., XXXV, 1911, p. 211 ss.; Q. Quagliati, Lucania et Bruttii, in Not. Scavi, 1902, p. 312 ss.; D. Randall MacIver, The Iron Age in Italy, Oxford 1927, p. 237 ss.; F. Ribezzo, La lingua degli antichi Messapi, Napoli 1909; D. M. Robinson, C. Harcum, J. Ilfe, Catalogue of Greek Vases in the Royal Ontario Museum of Archaeology in Toronto, Toronto 1930, p. 34 ss.; P. Romanelli, Problemi di archeologia salentina, in Archivio Storico Pugliese, V, 1952, p. 64 ss.; N. Vacca, La ceramica salentina, Soc. Storia Patria per la Puglia, Lecce 1954, p. 19 s.