variatio
Figura retorica consistente nel mutare la forma consueta per evitare il tedio. Essa riguarda, già nella tradizione classica, sia le forme grammaticali che quelle rientranti propriamente nel dominio della retorica, per cui va considerata una v. anche il solecismo, quando è consapevolmente applicato per esigenze d'arte, e possono essere comprese nella v. una quantità di figure retoriche quali la metafora, il chiasmo, l'iperbato, la perifrasi e soprattutto l'expolitio, o interpretatio, che consiste nel ripetere lo stesso concetto esplicandone i termini (v. TAUTOLOGIA). Pertanto la v. rappresenta in D. una delle figure fondamentali del suo stile, in cui la ricerca dell'inconsueto va dalla ricchezza del lessico alla novità della metafora, fino alla varietà dei costrutti grammaticali e retorici. Rimandando alla trattazione delle figure citate una più ampia documentazione della v., limiteremo in questa sede l'esemplificazione a quei casi in cui D. ha evitato la ripetizione, che è pure un procedimento assai consueto del suo stile (v. REPLICAZIONE).
Nella Vita Nuova, dove questo procedimento è particolarmente sensibile, s'incontra tuttavia una v. come non potero mirare persona che li guardasse (XXXIX 5). Nelle Rime basterà citare qualche interessante esempio di questa ricerca, fatta attraverso l'impiego della perifrasi (al tempo che mi sface / ... la morte mia, LXVII 9-13; fender per mezzo / lo core a la crudele, che 'l mio squatra, CIII 53-54), o l'uso di sinonimi (tutti incarchi... infin al peso, L 33-34) o di metafore (vota d'amore e nuda di pietate, CXVI 79), o di eufemismi (partir le conven innamorata. / Innamorata se ne va piangendo / fora di questa vita, LXVII 28 ss. Cfr. Partiti, va via, LXXII 5). Una v. è anche quella, piuttosto diffusa, del tipo per loro altezza e per lor esser nove (LXV 4), che spezza il parallelismo verbale; o quella del tipo ne lo meo gire e addimorando (XLIX 13), che elimina il parallelismo delle forme grammaticali.
Nella Commedia la v. è talmente diffusa che basterà indicare i casi più tipici. E fra tutti il più tipico è quello più frequente nel Paradiso, dove la necessità di far continuo riferimento agli spiriti luminosi promuove una serie di variazioni, le quali concorrono a creare l'atmosfera sfavillante della cantica. Si veda 'l lume d'uno spirto / .., la luce etterna (X 134-136), stella / ... facella (XVIII 68-70), splendor... lume (XXI 32), splendori / .., folgóri (XXIII 82-84), lume / .., cristallo (XXV 100-101). A intensificare l'immagine tende anche una v. analoga, quella di Pg XXIX 65-66 (vestite di bianco; / e tal candor...), sostenuta dall'anadiplosi (v.). Ma a un medesimo fine espressivo mira la ripresa metaforica con una variazione grammaticale in Pg XXII 149-150 (fe' savorose con fame le ghiande, / e nettare con sete ogne ruscello), o il cumulo di epiteti in Pd XII 55-56 (l'amoroso drudo / de la fede cristiana, il santo atleta). La v. di Pd XXIII 67-68 (picciola barca / ... ardita prora) suggerisce in realtà una differenza fra una piccola imbarcazione e un grande naviglio, designato dalla sineddoche illustre. Il bello arnese di Pg XXIX 52 riprende con una v. i candelabri del v. 50, attraverso ancora una sineddoche, che aggiunge colore all'immagine.
Altrove la v. è più strettamente legata alla ‛ necessità ' di evitare il cattivo effetto di una ripetizione. Ma è da notare come il ravvicinamento dei sinonimi, come negli esempi seguenti, sottolinei la v.: parlar lo rostro / e sonar ne la voce (Pd XIX 10-11), qui si convien dar volta; / quinci si va chi vuole andar... (Pg XXIV 140-141), dove non manca la ripetizione.
Largamente diffusa è la v. nelle enumerazioni, dove appunto era prevista tale figura nella tradizione retorica. Essa entra tuttavia in concomitanza con il parallelismo (v.), cui D. tiene generalmente fede. Varrà la pena di citare almeno un caso tipico, quello di Pd XIX 124 ss., dove l'anafora collega le tre terzine successive, ma il parallelismo è serbato solo nella prima e terza terzina, laddove la seconda varia l'ordine e il modo nell'enumerazione dei vizi, designati in questo caso col riferimento alla virtù contraria e con una preziosa perifrasi.