VALPERTO
– Nulla è noto circa la famiglia d’origine, né è possibile stabilire la sua carriera nel clero prima dell’ascesa all’episcopato. Egli è attestato per la prima volta come episcopus senza indicazione di sede, insieme con un Acimundo pure vescovo (non altrimenti noto), oltre che come missus apostolicae sedis in una lettera di papa Giovanni VIII del 14 dicembre 876 a Lamberto di Spoleto (Iohannis VIII. papae epistolae, in MGH, Epistolae, VII, 1928, n. 23, p. 21).
L’obiettivo della legazione (che non sortì alcun effetto) era di far cessare gli attacchi del potente marchese, e soprattutto le sue incursioni nel Patrimonium Sancti Petri, causate probabilmente dalla formale sottomissione del Ducato al papa che l’imperatore Carlo il Calvo aveva imposta, quando aveva reintegrato Lamberto alla guida del Ducato.
Valperto è indicato come Portuensis sanctissimus episcopus (carica che ricoprì probabilmente dall’estate dell’876, quando subentrò al vescovo Formoso, coinvolto in una congiura contro il papa, fuggito in aprile e condannato in contumacia il 30 giugno 876), da una lettera di Giovanni VIII a Landolfo vescovo di Capua (15 marzo 877). Anche in questa occasione egli compare come legato, con la missione di convincere i principi dell’Italia meridionale a rescindere i loro patti con i saraceni e a supportare la politica antimusulmana del pontefice.
Egli era stato inviato a Gaeta, con il vescovo Eugenio di Ostia, nell’inverno tra l’876 e l’877, su invito di uno dei signori meridionali, l’hypatus Docibilis; ma anche in questa occasione l’azione diplomatica non produsse l’effetto sperato, quello di spezzare l’accordo fra le città e gli islamici.
Pochi mesi dopo (agosto-settembre 877) Valperto fu presente al concilio organizzato dal papa a Ravenna, e sottoscrisse un privilegio papale che confermava al vescovo Adalgaro di Autun il possesso del monastero di Flavigny. Ormai entrato nella ristretta cerchia di collaboratori di Giovanni VIII insieme a Pietro di Fossombrone e Pasquale di Amelia (J.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova..., 1772, XVII, pp. 354 ss.), probabilmente guidò la cancelleria papale per il periodo della permanenza in Francia (Lohrmann, 1968, pp. 258-261; Bresslau, 1998, pp. 193 s.): figura come datario di dodici documenti papali (Santifaller, 1940, pp. 63 s.; Lohrmann, 1968, pp. 258-261). L’inizio della sua attività di datario e dictator delle lettere e dei privilegi papali coincide con l’eclissi della figura di Anastasio Bibliotecario, che forse era morto nel frattempo (Devos, 1962, pp. 97-115), o che, semplicemente, non era nelle condizioni fisiche di seguire il pontefice Oltralpe.
Dietrich Lohrmann, nel suo saggio sul registro di papa Giovanni VIII, esclude che Valperto possa essere stato a capo dello scrinium papale, adducendo come motivo la difficoltà di conciliare questo importante compito con l’intensa attività diplomatica affidatagli dal pontefice. Ma la sua posizione è comunque da smussare. Se è vero infatti che già nel marzo dell’879 troviamo al vertice della cancelleria papale il vescovo di Anagni Zaccaria, con il titolo di bibliotecario, sappiamo anche per certo di un’attività di Valperto all’interno dello scrinium ancora nell’882, quando intervenne con il notaio Anastasio nella stesura di un documento per Montecassino (cfr. infra).
In Francia, Valperto partecipò con un ruolo importante anche al Concilio di Troyes (878; Liber Pontificalis, a cura di L. Duchesne, 1955, II, p. 221; Mordek - Schmitz, 1978, pp. 205-210), dove compare come primo sottoscrittore dei canoni conciliari subito dopo il papa (J. Sirmond, Concilia antiqua Galliae, 1629, p. 279). Durante la seconda sessione di questa assise – che nelle intenzioni del papa doveva pacificare il regno franco, conteso fra i vari carolingi – arringò i vescovi perché si esprimessero a favore del papa contro i suoi oppositori romani (J.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova..., cit., XVII, p. 346).
Cade in questo torno di tempo un episodio di ostilità contro Valperto: un monaco di nome Vulgario espresse dissenso contro di lui, chiedendo di poter cambiare sede ed essere sciolto dal vincolo di obbedienza nei confronti del suo presule e abate (Iohannis VIII. papae epistolae, cit., n. 141, pp. 121 s.); ma il papa diede parere contrario. Inoltre, Ausilio riferisce nell’opuscolo (scritto tra il 907 e il 908) In defensionem sacrae ordinationis papae Formosi che lo stesso Valperto – probabilmente preoccupato di perdere la propria sede (E. Dümmler, Auxilius und Vulgarius, 1866, p. 64) – avrebbe consigliato Formoso (il suo predecessore nella sede di Porto, che – presentatosi al papa durante il concilio – chiese e ottenne il perdono e il reintegro nella comunità ecclesiale in cambio di un impegno scritto a lasciare Roma e a non tentare di recuperare la sua sede episcopale) ad accettare le condizioni papali.
Durante il viaggio di ritorno dalla Francia, Valperto venne inviato insieme a Giovanni di Pavia come legato presso l’arcivescovo di Milano Ansperto, nel difficile tentativo di conciliazione tra il papa e il presule ambrosiano (le cui prese di posizione riguardo alla successione imperiale erano state mal sopportate dal papa).
La missione è citata da una lettera papale ad Ansperto databile al giugno-luglio dell’879, ma i fatti cui essa fa riferimento sono da collocarsi nei mesi di marzo-aprile dello stesso anno (Iohannis VIII. papae epistolae, cit., n. 202, p. 161). Giovanni e Valperto erano tra i più fidati collaboratori di Giovanni VIII, e il loro compito specifico era di invitare Ansperto alla sinodo programmata per maggio (ibid., n. 204, pp. 163 s.). La lettera racconta, con dovizia di particolari, che i due legati furono lasciati da Ansperto a gridare fuori dalla porta (dell’episcopio o della città, non si sa), impedendo così la notifica delle direttive papali (su questo anche Invectiva in Romam, 1871, p. 153). In seguito a questo comportamento, Ansperto fu scomunicato (1° maggio 879), cosa che non gli impedì però di continuare a esercitare il suo ministero episcopale (Gorla, 1971), con profonda indignazione del pontefice.
Nell’agosto dell’879 Valperto era nuovamente a Roma, dove sottoscrisse, insieme ad altri ventitré vescovi e diaconi della chiesa romana, il testo destinato a ristabilire un dialogo con la Chiesa bizantina. Nel luglio dell’880 fu incaricato, ancora una volta, di una legazione in Italia meridionale, per convincere Landolfo vescovo di Santa Maria Capua Vetere a ottemperare alle promesse che aveva fatto al papa in occasione della sua ordinazione (Iohannis VIII. papae epistolae, cit., n. 256, p. 224). Il delicato incarico gli fu verosimilmente conferito in virtù della sua familiarità con il contesto capuano, essendo stato già inviato presso lo stesso presule nell’877. Valperto è detto nell’occasione dilectus consiliarius noster; l’energico intervento papale si inserisce all’interno di una serie di tentativi volti a limitare i contrasti all’interno della società capuana, e a supportare l’azione dei suoi alleati Pandolfo e Landenolfo.
Valperto fu incaricato di un’ultima missione nel marzo dell’882, questa volta presso Guido III di Spoleto, insieme al messo imperiale Adalardo vescovo di Verona, perché il marchese desse concreta esecuzione alla promessa (fatta un mese prima, a Ravenna, di fronte al nuovo imperatore Carlo III il Grosso) di restituire al papa tutti i territori del Patrimonium sancti Petri di cui si era impadronito insieme al nipote Guido II di Camerino. Nel maggio dello stesso anno, Valperto si trovava a S. Pietro, attivo al fianco del notarius Anastasio nello scrinium papale, dove appare come datario di un documento destinato all’abate Barthario di Montecassino (E. Cuozzo - J.-M. Martin, Documents inédits..., 1991, pp. 169-172).
Poco dopo morì Giovanni VIII, all’ascesa del quale – e alla caduta in disgrazia di Formoso – era stata così evidentemente legata la fortuna di Valperto. Ma non sembra che la morte del papa e la riabilitazione del suo antagonista abbiano scalfito la sua posizione. Infatti sotto il successore di Giovanni, Marino, nel giugno dell’883 Valperto fu inviato come legato a Nonantola per incontrare Carlo il Grosso, insieme ai vescovi Zaccaria di Anagni e Gauderico di Velletri; l’obiettivo era di richiedere la conferma imperiale dei privilegi concessi dai pontefici alla chiesa pavese (Karoli III Diplomata, a cura di P. Kehr, 1937, n. 81, pp. 131 s.).
Si può supporre che Valperto sia morto poco dopo, entro il giugno dell’883. Subito dopo infatti papa Marino sciolse Formoso dal giuramento dell’878, restituendogli l’episcopio di Porto (Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé, 2017, III, n. 7089).
È da scartare come falsa la testimonianza di un vescovo Valentino di Porto attestata in una bolla di Marino datata al 12 giugno 883 (ibid., n. 7065) e destinata al monastero di Solignac in Aquitania. Il documento, in forma di copia autentica, è infatti databile all’XI secolo e presenta notevoli incongruenze interne. Leo Santifaller (1940, p. 63) attribuisce l’attestazione ope igenii a Valperto; mentre Léopold Delisle (1880, pp. 488 s.) si limita a segnalare come inusuale la formula in questione. Senza poter esprimere un giudizio diplomatistico sul documento in questione, che, nella forma attuale, risulta quanto meno dubbio, si può supporre che l’autore della copia autentica possa avere interpretato erroneamente la scrittura dell’originale travisando il nome Valperto. Ciò porterebbe a espungere dalla serie episcopale di Porto Valentino, attestato da questo unico documento.
Fonti e Bibl.: J. Sirmond, Concilia antiqua Galliae, Paris 1629, p. 279; J.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XVII, Venetiis 1772, pp. 345-355, XVIII, 1780, pp. 273-278; Joannes VII pontifex Romanus Epistolae et decreta, a cura di J.-P. Migne, in PL, CXXVI, Paris 1852, coll. 795-796, 960-963; E. Dümmler, Auxilius und Vulgarius. Quellen und Forschungen zur Geschichte des Papstthums im Anfànge des zehnten Jahrhunderts, Leipzig 1866, p. 64; Invectiva in Romam pro Formoso papa, in E. Dümmler, Gesta Berengarii Imperatoris. Beiträge zur Geschichte Italiens im Anfange des 10. Jahrhunderts, Halle 1871, pp. 137-154; Erchemperti Historia Langobardorum Beneventanorum, a cura di G. Waitz, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum, I, Hannoverae 1878, pp. 234-264; Chronicon Vulturnense del Monaco Giovanni, a cura di V. Federici, I, Roma 1925; Iohannis VIII. papae epistolae passim collectae, a cura di E. Caspar, in MGH, Epistolae Karolini Evi, VII, 5, Berlin 1928, ad ind.; Karoli III Diplomata, in MGH, Diplomata Karl. III, II, a cura di P. Kehr, Berlin 1937, n. 81, pp. 131 s.; Liber Pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1955, p. 222; Chronicon Salernitanum, a cura di U. Westerberg, Stockholm 1956; E. Cuozzo - J.-M. Martin, Documents inédits ou peu connus des archives du Mont-Cassin (VIIIe-Xe siècle), in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge, CIII (1991), 1, pp. 115-210; Regesti dei documenti dell’Italia meridionale 570-899, a cura di J.-M. Martin - E. Cuozzo, Roma 2002, n. 928, p. 446; Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé, III, Gottingae 2017, ad indicem.
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