VALPERGA DI MASINO, Alessandro Giovanni marchese d’Albarey (Albaretto)
– Nacque a Torino, il 24 giugno 1748, secondo figlio del marchese Carlo Francesco (III) Valperga di Masino (v. la voce in questo Dizionario) e di Faustina Doria del Maro.
Il 25 giugno fu battezzato dal cardinale Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze, avendo come padrino il marchese Alessandro Eleazaro Doria del Maro, fratello della madre, e come madrina la nonna Emilia Doria di Dolceacqua. Entrò in Accademia reale nel 1757 e vi restò, nel secondo appartamento, sino al 1761. Passò allora alla paggeria di corte, divenendo primo paggio del re il 4 febbraio 1761. In quegli anni, insieme al fratello maggiore Amedeo, marchese di Caluso, si strinse in amicizia con il coetaneo Vittorio Alfieri. Questi, ancora in una lettera del 20 agosto 1800, lo avrebbe definito «amico carissimo e già dolce compagno della mia adolescenza» (V. Alfieri, Epistolario, a cura di L. Caretti, III, Asti 1989, p. 84, lettera 393). Nel 1768 fu nominato tenente nel Piemonte cavalleria, uno dei più prestigiosi reggimenti dell’esercito sabaudo, ove avrebbe percorso gran parte della sua carriera. Il 18 marzo 1771, lasciata la carica di primo paggio del re, fu creato gentiluomo di bocca dello stesso. Corte ed esercito sarebbero rimasti lo scenario del suo servizio sino alla fine del secolo.
Il nome di Valperga si affermò presto come uno dei più attivi protagonisti della sociabilità aristocratica degli Stati sabaudi, in particolare della massoneria, ambito nel quale il suo nome acquisì rilievo e notorietà in tutta Europa. La sua attività muratoria era iniziata già negli anni Settanta. Non si sa quando egli sia stato affiliato e quando sia entrato nella loggia Saint Jean de la Mysterieuse, la principale di Torino. È probabile, però, che ciò sia avvenuto sin dagli anni trascorsi in Accademia reale, i cui numerosi allievi stranieri (in particolare inglesi, tedeschi e russi) erano spesso anche ‘fratelli’. Inizialmente seguì le orme del fratello maggiore Amedeo, nei ranghi della Mysterieuse già nel 1771. Incline agli aspetti più mistici e occultistici del pensiero massonico, salutò con entusiasmo l’adesione delle logge sabaude al sistema della Stretta Osservanza. Egli compare, infatti, nell’elenco dei fratelli componenti il Gran Priorato d’Italia stilato il 2 dicembre 1775, con il nome di «Alexander a Rupicapra», con evidente riferimento allo stambecco che compare sul cimiero dei Valperga di Masino (versione francese del nome era Alexandre de Chamois). Almeno dal 1776, fu in corrispondenza con il barone Jean de Türckheim, di Strasburgo, che quell’anno fondò nella sua città una société philantrophique che cercava di conciliare gli ideali della massoneria con quelli cristiani. Valperga vi aderì con entusiasmo, con la speranza di trovare in essa lo spazio per realizzare almeno alcuni dei suoi progetti. Nel rapporto con Türckheim fu essenziale il ruolo di Sebastien Giraud, un medico di Pinerolo protagonista della massoneria mistica piemontese.
Durante gli anni dell’ultimo soggiorno di Alfieri a Torino (1772-77) fu, insieme al fratello Amedeo, fra gli appartenenti alla Société des Sansguignon, gruppo di giovani aristocratici subalpini che si riuniva nell’appartamento che il nobile astigiano aveva preso in affitto in piazza San Carlo.
Fra il 1778 e il 1779 Jean-Baptiste Willermoz propose la riforma del rito scozzese antico e accettato nel rito scozzese rinnovato. La massoneria torinese partecipò attivamente alla riforma, tanto che Giraud fu inviato a partecipare al congresso di Lione (1778). Nel frattempo, Valperga aveva proseguito la sua carriera a corte e il 3 luglio 1778 era stato nominato secondo scudiere del re.
All’inizio di giugno del 1779 fu istituito il Petit College di Torino. Ne fu nominato presidente Gabriele Asinari di Bernezzo e ne fecero inizialmente parte solo Giraud e Valperga. In luglio, poi, fu istituito a Torino il Gran Priorato d’Italia. Alla sua testa fu posto il marchese Carlo Ottavio Falletti di Barolo, mentre Valperga fu messo a capo della commenda torinese. Egli era ormai fra i fratelli più in vista della libera muratoria italiana, ma non aveva comunque limitato a questa i propri interessi. Parallelamente, infatti, aveva svolto un’intensa attività nell’organizzazione della sociabilità culturale subalpina. Nel 1776, per esempio, era stato tra i primi membri dell’Accademia Sampaolina, una conversazione letteraria nata a Torino nel palazzo del conte Emanuele Bava di San Paolo. L’anno dopo era stato tra i promotori della nascita dell’Accademia di Fossano, usando a tale scopo anche l’influenza del suo titolo di comandante militare della città (secondo Andrea Leone, 1906, p. 294, anzi, egli avrebbe dato vita all’associazione sin dal 1774). Valperga ne divenne il primo presidente e nel 1778 si impegnò perché essa fosse riconosciuta come colonia dell’Arcadia, adottando per sé il nome di Arisba Pileo.
Nel marzo del 1780 Vittorio Amedeo III cambiò improvvisamente la propria politica di silenziosa tolleranza delle logge e dell’attività massonica. La Mysterieuse entrò così, di fatto, in sonno. Valperga non sembrò, però, risentire della situazione. Nello stesso anno, anzi, la pubblicazione, a suo nome, del volume Prose e poesie dedicate alla maestà di Vittorio Amedeo III [...] dalla Colonia arcadica fossanese nella solenne prima adunanza (Torino 1780) sanciva non solo il ruolo ottenuto dall’Accademia, ma anche la forza della posizione di Valperga a corte. L’opera si apriva, infatti, con una sua dedica al sovrano, cosa che sarebbe stata impossibile se il re non avesse approvato e inteso mostrare il suo apprezzamento per l’autore del gesto.
In quest’opera Valperga pubblicò anche un lungo componimento in versi dal titolo Il canto (pp. LXXXIV-CXIII), mentre un’epistola gli era indirizzata da Giuseppe Boccardi (in Arcadia chiamato Zelindo Carpasio, pp. CXCV-CCIV). A proposito della, invero modesta, attività letteraria di Valperga, va ricordata almeno un’anacreontica apparsa due anni prima in una raccolta di Poesie dell’Arcadica colonia fossanese per la felicissima esaltazione all’arcivescovado di Cagliari dell’ill.mo e rev.mo monsignore don Vittorio Filippo Melano dei conti di Portula (Cagliari 1778, pp. 8-12).
Nel 1782 fu tra i componenti della Sampaolina cui Carlo Denina inviò le Lettere brandeburghesi (poi riunite in volume nel 1786). Nel 1784 riuscì ad avere per l’Accademia di Fossano, con patenti del 12 settembre, il riconoscimento di accademia corrispondente da parte dell’Accademia delle scienze di Torino (il che permetteva agli accademici fossanesi di prender parte attiva alle riunioni del prestigioso cenacolo torinese). Lo stesso anno fu tra i promotori del Casino dei nobili di Torino, una società istituita per procurare alla nobiltà il piacere di un’adunanza in cui organizzare conversazioni due volte ogni settimana. Nel 1785 fu, poi, tra i promotori e primi soci della Società agraria torinese (dichiarata reale dal 1788), in cui affluirono molte figure che erano state (o erano ancora) esponenti delle logge subalpine. Fra loro era anche il fratello maggiore, marchese di Caluso, Amedeo, che ne fu tesoriere dal 1785 al 1786 e presidente dal 1786 al 1793. Divenuto socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Torino, il 27 marzo 1787, a conferma della stima che il sovrano nutriva per lui, Valperga ricevette la nomina a primo scudiere e gentiluomo di Camera. In quegli anni entrò anche a far parte dell’Accademia degli Unanimi, sorta fra il 1789 e il 1790 per opera del canonico Carlo Marco Arnaud. Ne fu socio onorario con il nome di Invariabile.
Dietro le quinte della corte e delle accademie, peraltro, Valperga non aveva mai smesso il grembiule e non aveva certo appagato la propria inquieta curiosità. Egli fu uno dei pochi, infatti, con Bernezzo e Giraud, a scegliere di proseguire l’attività latomica. In una lettera dell’8 febbraio 1783, il medico pinerolese scriveva a Bernard-Frédéric de Turckheim, fratello di Jean, che a Torino si poteva contare ormai solo su Valperga e Bernezzo. Furono loro che s’impegnarono a mantenere vivo, con crescenti difficoltà, il College fondato da Willermoz. Nel 1785 Valperga fu invitato a Parigi a prendere parte al cosiddetto Convento dei Filareti, che si proponeva di fare chiarezza nel sempre più intrigato mondo delle logge europee. Non è chiaro se egli ci andò, ma l’invito era un segnale di quanto il suo prestigio restasse alto nel mondo massonico. In quello stesso periodo Valperga fu, con il fratello Amedeo e con l’immancabile Bernezzo, fra le persone (poco più di venti in un decennio) istruite da Giraud nella dottrina mesmeriana del magnetismo animale. Nel 1787, poi, fu tra i fratelli torinesi incontrati dal teologo luterano Friedrich Münter nel suo viaggio italiano quale agente massonico.
I tempi, però, stavano cambiando. Lo scoppio della Rivoluzione francese e il massiccio arrivo in Piemonte di emigrées, molti dei quali erano stati membri delle logge francesi, ne furono segni evidenti. Il 17 marzo 1789 Valperga divenne cavaliere mauriziano, venendo subito promosso commendatore il 13 aprile dello stesso anno. Il 21 giugno 1790 fu nominato luogotenente colonnello del reggimento Aosta cavalleria. Nel 1791 entrò a fare parte della Compagnia di San Paolo.
L’antica confraternita, rimasta legata ai gesuiti anche dopo la soppressione dell’Ordine nel 1773, era un pilastro del sistema sociale dell’Antico regime. L’adesione di Valperga alla San Paolo fu, peraltro, più che altro formale. Egli vi occupò, infatti, cariche di scarso rilievo per un personaggio della sua levatura (fu governatore del Monte di pietà fra il 1792 e il 1795, ma non esercitò la carica, trovandosi allora all’estero o al fronte).
Uomo «d’indole pacifica e d’animo temperato», come lo definì Carlo Botta (Storia d’Italia, Parigi 1837, t. 1, p. 286), ciò nonostante allo scoppio della guerra contro la Francia rivoluzionaria, il 21 settembre 1792, prese posto nell’armata sabauda accanto a Vittorio Amedeo III, partecipando attivamente alla campagna del 1793.
In quello stesso anno l’avvocato genovese Francesco Giacometti gli dedicò l’edizione torinese di Il gioco della guerra ossia l’arte di far la guerra, un gioco degli scacchi che presentava modificazioni dei pezzi tradizionali a scopo didattico (prevedendo generali, cannoni, mortai e fortezze).
Nell’aprile del 1794 il sovrano gli affidò un’importante missione diplomatica. Sapendo che egli parlava e leggeva correttamente il tedesco (ne scrisse anche Denina nelle Lettere brandeburghesi) e che per anni aveva avuto frequentazioni nei Paesi germanici, decise di servirsene come suo rappresentante nelle trattative con il governo imperiale. Il sovrano confidava, cioè, nelle doti di mediatore che Valperga aveva dimostrato sino ad allora tra le file dell’esercito. Vittorio Amedeo III lo inviò, quindi, a Milano, per convincere l’arciduca Ferdinando a soccorrere l’esercito sabaudo. Questi rispose, però, che tale armata era destinata unicamente alla difesa del Ducato di Milano. Il suo impiego in Piemonte era subordinato alla definizione di un compenso territoriale. Valperga fu, quindi, inviato a Bruxelles, dove era l’imperatore Francesco II, e da qui a Valenciennes (città francese allora in mano imperiale), dove il 23 maggio fu firmato il trattato austro-piemontese. Le condizioni imposte dal trattato furono tali che, in caso di riconquista della Savoia e di Nizza, Torino avrebbe dovuto cedere qualcuno dei territori divenuti sabaudi fra il 1738 e il 1748. Valperga, peraltro, operò al meglio per limitare le pretese austriache. In ottobre fece ritorno in patria. Interrogato dal re sulla situazione, descrisse un quadro tanto realistico quanto drammatico: l’Austria, disse, «poco o nulla se ne prende pensiero di queste province, che non accrescerà neppure più d’un sol uomo quest’armata, qualunque sia per esser il successo» (G. Nuzzo, Austria e governi d’Italia, Roma 1940, p. 96). Ciò nonostante, Valperga era sinceramente convinto della necessità dell’alleanza con l’Austria, anche se ciò avesse significato la perdita di territori sui confini orientali del Regno di Sardegna.
Nel luglio del 1795 la Spagna stipulò la pace con la Francia, e gli ambasciatori spagnoli cercarono di convincere gli Stati italiani a stringere paci separate. All’inizio di agosto, a Torino, si tenne, in tal senso, un Consiglio della Corona, per valutare la proposta. Valperga fu uno dei suoi più fieri avversari, sostenendo, invece, l’opportunità di restare fedeli all’alleanza austriaca. Il 27 febbraio 1796 fu promosso colonnello del Piemonte cavalleria, di cui era colonnello in seconda già dal 23 marzo 1793.
Lo stretto rapporto fra Valperga e il governo austriaco emerse chiaramente durante l’occupazione austro-russa. Dal luglio del 1799 al febbraio del 1800, egli fu governatore di Ivrea e il 15 dicembre 1799 fu inserito dal barone Michael von Melas nella commissione militare austro-piemontese che, con il conte Enrico Giuseppe di Bellegarde (savoiardo al servizio austriaco) e il cavaliere Ignazio Thaon di Revel, doveva lavorare al riordinamento delle truppe.
Dopo la battaglia di Marengo seguì il padre a Firenze, dove ritrovò l’amico Alfieri. Rientrato in patria nel 1802, si ritirò a vita privata partecipando ad alcuni interessanti esperimenti imprenditoriali, fra cui la Società pastorale piemontese, che gestì l’antica tenuta della Mandria di Chivasso. Negli ultimi anni aveva sposato segretamente Giovanna Margherita Filippone di San Michele, vedova del conte Pietro Amedeo Morozzo di Magliano (morto il 17 agosto 1789), da cui non ebbe figli.
Morì, sessantenne, il 30 aprile 1808.
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