VALORI, Filosofia, dei
Vasto movimento filosofico, molti motivi del quale si ritrovano in sistemi noti sotto altri nomi, e che va distinto da una semplice psicologia dei valori. Questa fonda il valore e il disvalore sul sentimento soggettivo, al quale si deve se l'idealità ossia il valore esiste; mentre la prova vien data dalla scelta di uno a preferenza di altri, prescindendo dalla sua legittimazione universale, speculativa ed infine metafisica. Con la filosofia dei valori si passa invece su questo piano. Ma si tratta di una metafisica postkantiana, o quanto meno conforme allo spirito del kantismo, secondo cui qualunque metafisica va fondata come un postulato della vita morale e non come una premessa: dal valore all'essere, non già dall'essere al valore.
Ma proprio perché la ragion pratica ha un primato rispetto ad una metafisica futura, essa ha anche un primato rispetto al mondo empirico e a quella qualunque sistemazione che di esso venga data dalla ragion pura e scientifica. Questa ha l'ufficio di classificare il dato sensibile, dando così luogo alla conoscenza fenomenica, condotta e sorretta secondo una logica che è del tutto formale in rapporto alla coscienza, la quale nella sua immediatezza accetta il dato per quello che appare. Spetterà alla categoria del "dover essere" (categoria ideale, morale, assiologica) il compito di determinare il valore, ossia l'importanza di ciò che viene presentato dall'esperienza. È il valore che rende possibile il giudizio pratico, il quale rivendica a sé il diritto di affermare la verità del dato, verità non solo logica ma ontologica. Infatti il valore viene a identificarsi con l'idea universale, in cui si riassume il concetto di verità che è prospettato come ideale. Vero è solo l'ideale, essendovi distinzione netta tra il dato percepito e l'ideale di esso. Fonte dell'ideale è il bene che diventa dovere, obbligazione, norma dell'intenzione e dell'azione pratica. S'intende allora come soltanto in una metafisica morale il mondo della scienza e della natura trovi il suo significato, che invano esso potrebbe cercare e tanto meno trovare in sé stesso. La filosofia dei valori rimanda dunque ad una logica speculativa che tende ad assimilare l'essere al valore. Esiste veramente quello che vale; quello che non vale non è o quanto meno tende a non essere.
Dei molti seguaci di questa filosofia alcuni accentuano il motivo metafisico-religioso, altri il motivo storico-culturale, considerando questo e quello come "significativi" della stessa realtà naturale.
Alfiere della filosofia dei valori è R. H. Lotze. Anche con H. Münsterberg al di sopra della natura fissata dal procedimento scientifico, in cui l'esistenza umana non avrebbe senso, si pone un atto irrazionale che appartiene in proprio al volere e si muove sul terreno della religione e della speculazione in cui logica, morale ed estetica finiscono col coincidere. Un più esplicito riferimento ai valori religiosi come rivelatori della realtà profonda delle cose si ha con varia tonalità e metodologia nel teologo A. Ritschl, in H. Höffding e in R. C. Eucken che si alimentano soprattutto di evocazioni storiche, mentre le assiologie di W. James e di J. Dewey si rifanno ad una metodologia prammatistica e strumentalistica. La necessità di una elaborazione critica dei valori informatori della storia, come condizione del significato finale anche della natura, è presente in W. Windelband, per il quale la storia necessita, quali sue superiori premesse e principî di scelta, di un sistema di valori universali, ed è scienza quando considera "la progressiva realizzazione dei valori della ragione come processo della realtà": ne deriva l'esigenza di una classificazione completa dei valori, così come Kant ha fornito la tavola delle categorie per la scienza della natura. Valore supremo è quello morale, il Sollen ("dovere") donde viene giustificata la civiltà, la cultura, il progresso. Anche per H. Rickert la natura deve essere giustificata di fronte al valore, anima della storia, il cui metodo è tutt'altro da quello delle scienze della natura, e dove assume il suo significato la vita umana in sé e nei suoi rapporti con l'universo. I valori si presumono ora come presupposti e informatori della cultura, ora come prodotti di essa; onde il problema: storia e persona umana si devono considerare come creatrici, o come portatrici, di valore? Questa incertezza è risolta esplicitamente a favore di una metafisica ontologica da Max Scheler, per cui la persona umana è "portatrice" e non creatrice di valori. La filosofia dei valori tende infatti nel suo sviluppo interiore, oltre che ad una determinazione critica della storia, a una filosofia della persona. In antitesi con questa tendenza, F. Nietzsche identifica l'essenza del valore col superuomo, creatore e non solo portatore del valore: che però si identifica con la natura nelle sue leggi inflessibili ed eterne, e nella sua indifferenza per l'uomo. Si intende come, a seconda che l'ideale-valore si identifichi con l'evento storico ovvero lo trascenda e lo giudichi, si abbiano concezioni della storia completamente diverse.
Alla filosofia dei valori, che esige il primato della ragion pratica, la critica italiana (salvo in qualche caso: notevole il pensiero di A. C. Sacheli, che riduce il reale fenomenico al dover essere) è stata piuttosto ostile, considerando la categoria dei valori come qualcosa di ambiguo fra il soggetto empirico e il soggetto trascendentale da un lato e il trascendente dall'altro, e incapace perciò di fondare l'oggettività del conoscere. Tuttavia il concetto di valore ha assunto un nuovo ruolo nella cultura contemporanea come scienza dello spirito, in quanto questa non ha soltanto valore, ma è valore. Il dover essere deve essere. Un dover essere che non esistesse mai, si ridurrebbe ad una pura strumentalità che avrebbe per risultato sempre qualcosa che non risponde a ciò per cui il dover essere deve essere, non riuscendo a produrre o ad esprimere un mondo nel quale l'esigenza propria dell'obbligazione morale trovi la sua piena e conclusiva attuazione. La filosofia dei valori risponde dunque a un'esigenza degna della massima considerazione. Attraverso il "dover essere" si può pervenire a una metafisica dell'essere nella quale essere e valore coincidono; il pensiero astratto e formale perviene soltanto ad una sistemazione del dato, ed è insufficiente a introdursi in quell'infinito, che ci è suggerito proprio dal dover essere morale, in cui trova alimento una piena e concreta vita dello spirito.
Bibl.: v. le singole voci sui filosofi citati.