VALLESA DI VALLESA (Vallaise), Alessandro Filippo, conte di Montalto
VALLESA DI VALLESA (Vallaise), Alessandro Filippo, conte di Montalto. – Nacque a Torino il 19 ottobre 1765 dal barone Carlo Emanuele (1715-1796) e da Giuliana Lucia Filippa di Martiniana (1737/1738-1809).
Apparteneva a una delle più antiche famiglie nobili degli Stati sabaudi, fra le principali della Valle d’Aosta. Il padre, Carlo Emanuele, aveva percorso una brillante carriera di corte, iniziata come paggio durante il regno di Vittorio Amedeo II. Gentiluomo di bocca delle regine Polissena (1732-34) ed Elisabetta Teresa (1738-41), durante le guerre di successione polacca e austriaca aveva combattuto con valore, venendo ferito a Pavia e al Varo. Tornata la pace, il 12 maggio 1750 era stato nominato primo scudiere della duchessa di Savoia, Maria Antonia Ferdinanda. Il 17 novembre 1780 Vittorio Amedeo III lo aveva creato cavaliere dell’Annunziata e il 25 settembre 1789 lo aveva voluto con sé, in qualità di grande scudiere (carica già ricoperta dal padre Filiberto Antonio, dal 1737 alla morte, nel 1747). Di nobiltà più recente, ma di grande ricchezza, era la madre. Poiché suo fratello maggiore, Carlo Giuseppe Filippa, aveva deciso di prendere i voti, era divenuta erede dell’ingente patrimonio di famiglia. Le nozze fra i due, avvenute a Torino l’11 settembre 1756, avevano permesso, quindi, a Carlo Emanuele di garantire al proprio erede feudi e beni della casata della madre, dal 1769 al 1783 dama di palazzo di Maria Antonia Ferdinanda (regina dal 1773) e poi dama d’atour e prima dama d’onore di Maria Clotilde di Borbone (regina dal 1796).
Considerando le cariche ricoperte dai familiari, non stupisce che la carriera di Vallesa si sviluppasse all’interno della corte. Dopo aver servito come paggio, il 30 marzo 1787 fu ascritto ai secondi scudieri del principe di Piemonte, il futuro Carlo Emanuele IV. Nello stesso tempo divenne ufficiale nel reggimento provinciale Torino. Il 18 aprile 1792 sposò Costanza Salomone di Serravalle (1776-1843), unica figlia del conte Giuseppe Luigi (morto nel 1807), ultima esponente ed erede di un’antica famiglia vercellese. Il 13 dicembre 1793 Vittorio Amedeo III lo promosse a suo primo scudiere e gentiluomo di camera.
Il 28 novembre 1796 morì il padre, ormai ottantenne, e Vallesa assunse le funzioni di capofamiglia. Egli scelse, allora, di non vivere più con la madre: lasciò il grande palazzo Vallesa e si trasferì in quello dei marchesi d’Azeglio, dove affittò un ampio appartamento in cui sarebbe rimasto, con la famiglia, fino alla morte. Con l’ascesa al trono di Carlo Emanuele IV il suo nome iniziò a circolare per possibili incarichi politici e diplomatici. La sua crescente importanza sul piano politico fu colta anche dagli avversari, tanto che il 2 maggio 1798 Vallesa compariva fra i componenti di un fantomatico «comité autrichien établi dans la ville de Turin» (Romagnani, 1988-1990, I, p. 399) inviato a Parigi da Pierre-Louis Ginguené, il membro del Direttorio parigino che era già stato inviato a Torino in qualità di ambasciatore presso il re di Sardegna.
Ministro plenipotenziario di Carlo Emanuele IV di Savoia a Vienna durante la breve restaurazione austro-russa (1799-1800), tornò a svolgere le funzioni di ambasciatore in Russia nel 1802. Rientrato in Piemonte, in età napoleonica evitò di assumere incarichi pubblici, ritirandosi con la famiglia nelle proprie terre.
Il 7 dicembre 1802 morì il cardinal Carlo Giuseppe Filippa di Martiniana, arcivescovo di Vercelli, zio di Vallesa, che fu nominato erede del suo ampio patrimonio, in cui era compresa anche una ricca collezione d’arte. Vallesa, tuttavia, decise di venderla, trattenendo per sé solo poche opere, che fece portare a Torino.
Il 30 agosto 1810 morì il suo unico figlio maschio, Telesforo (nato nel 1799), lasciando la famiglia senza prospettive di discendenza. Di lì a poco morì anche il conte Luigi Roero di Guarene, promesso sposo della primogenita Rosalia. Vallesa decise, allora, di rientrare a Torino e poi di partire per un lungo viaggio, prima in Svizzera e poi a Firenze (allora parte dell’Impero napoleonico). Formalmente, egli non mise in discussione il regime di Napoleone e il 27 agosto 1812 ottenne il titolo di conte dell’Impero. In quello stesso periodo, però, riprese segretamente contatto con Vittorio Emanuele I.
Nei primi mesi della restaurata monarchia, in attesa che il re giungesse dalla Sardegna per riprendere il possesso del Regno, le potenze alleate preferirono attutire lo strappo con il quindicennio precedente istituendo un Consiglio di reggenza, presieduto da Filippo Asinari di San Marzano, in cui furono cooptati Alessandro Saluzzo, Ignazio Thaon di Revel, Prospero Balbo e Vallesa. Sciolto il Consiglio di reggenza, Vittorio Emanuele I nominò i tre nuovi segretari di Stato: Pio Gerolamo Vidua agli Interni, Asinari di San Marzano alla Guerra e Vallesa agli Esteri, dal 12 maggio al 26 luglio 1814 come reggente e in seguito come primo segretario.
Con l’apertura del Congresso di Vienna, nel novembre del 1814, la delicata questione della successione al trono di Sardegna e del riconoscimento dei diritti di Carlo Alberto di Savoia Carignano emerse immediatamente.
Vittorio Emanuele I, infatti, come il fratello Carlo Felice, non aveva figli maschi; desiderò, pertanto, che il diritto di successione fosse sancito a favore del sedicenne principe di Carignano, in quanto unica figura in grado di rappresentare una garanzia d’indipendenza per il Regno di Sardegna. Vallesa si schierò in suo sostegno, nel tentativo di contrastare le manovre della regina e del partito filoasburgico, assai potente a corte. A tal fine, in qualità di segretario degli Esteri, Vallesa incaricò Prospero Balbo e Gian Francesco Galeani Napione di dar solido fondamento giuridico e storico alla tradizione sabauda legata alla legge salica. A Vienna Talleyrand-Périgord, che conosceva personalmente Carlo Alberto, appoggiò questa soluzione.
Mantenendo oneste posizioni conservatrici di tendenze moderate, distante cioè dai gruppi più reazionari, Vallesa contribuì a far rientrare nella carriera pubblica Prospero Balbo, che condivise con lui gli indirizzi di politica estera, cercando di operare per staccare progressivamente la Spagna dall’alleanza con i quattro grandi (Francia, Russia, Austria e Inghilterra), avvicinandola ai Paesi del Mediterraneo e agli Stati minori dell’Europa centrale.
Dal 15 aprile 1815 a Vallesa fu affidata anche la segreteria di Stato per la Marina. Per tre anni, sino al 1817, divenne così una delle principali figure del governo della Restaurazione. Un ruolo sancito anche dal conferimento del collare dell’Ordine dell’Annunziata, il 2 novembre 1815. Dalla fine del 1815, Vallesa era stato affiancato, intanto, alla direzione degli Esteri, da Filippo Asinari di San Marzano, rientrato come rappresentante sabaudo dal Congresso di Vienna.
Nel 1816 a Torino le tre vecchie segreterie di Stato (Interni, Esteri e Guerra) erano cresciute di numero includendo due nuovi dicasteri (Finanze e Polizia) e aprendo la strada a quel Consiglio di conferenza che molti dei riformatori, fra cui Vallesa, avevano auspicato: un organismo collegiale, formato dai ministri e dalle maggiori autorità giudiziarie, volto a temperare l’assolutismo regio nelle scelte fondamentali per il Paese.
Dopo tre anni d’intensa attività, tuttavia, il 7 ottobre 1817, Vallesa annunciò pubblicamente le proprie dimissioni dagli Esteri, lasciando la segreteria nelle mani del primo ufficiale, Giovanni Piccono della Valle. Fin dal 23 settembre, in realtà, egli aveva scritto a Vittorio Emanuele I comunicandogli la propria decisione; ma solo il 4 ottobre il re l’aveva accolta. Le ragioni delle improvvise dimissioni restano poco chiare. Sembra certo, tuttavia, che esse fossero state provocate dalla tensione fra il ministro e la regina di Sardegna Maria Teresa d’Asburgo Este, a causa di ingenti somme di denaro da questa sottratte al bilancio della Real Casa e depositate presso banche viennesi. La stampa internazionale diede risalto alle dimissioni del ministro, accrescendone la fama non solo fra i conservatori moderati, ma anche negli ambienti liberali delle maggiori capitali europee.
L’uscita di scena di Vallesa ebbe come primo risultato che in Piemonte per alcuni mesi le forze reazionarie sembrarono prendere il sopravvento, contenute tuttavia presto, in senso riformistico, grazie alla nomina di Asinari di San Marzano agli Esteri fin dal dicembre del 1817.
Lasciata la corte, Vallesa si ritirò sempre più al castello di Montalto. Qui diede il via nel 1818 a nuovi lavori di restauro, che affidò all’architetto Giuseppe Talucchi. Nel 1818 l’ambasciatore russo fu ospitato nel palazzo Vallesa di Torino, dove lo stesso anno prese stanza anche il granduca Michele, fratello dello zar, in visita in Piemonte.
Nel 1820, dal 25 ottobre al 7 novembre, Vallesa fu ancora coinvolto in un congresso dei ministri per discutere la riforma dell’ordinamento giudiziario. Nel novembre dello stesso anno fu poi incluso in un congresso per esaminare il progetto per la costituzione di un Consiglio di Stato, già da lui auspicato, con l’amico Prospero Balbo, fin dal 1817. Nel 1821 i disordini studenteschi, scoppiati a Torino in gennaio, spinsero il re a convocarlo d’urgenza con i principali ministri di Stato presso il Palazzo Reale, nel Consiglio di conferenza. In marzo Vallesa figurò fra coloro che dalla segreteria degli Interni affiancarono il governo per contenere i moti costituzionali. Il 13 marzo Vittorio Emanuele I abdicò. Vallesa e Balbo, opponendosi all’idea di consegnare la reggenza collettivamente al Consiglio dei ministri, operarono invece perché fosse il giovane Carlo Alberto a controllare il governo in attesa che a Torino giungesse da Modena il nuovo sovrano, Carlo Felice.
Ormai ammalato, Vallesa fece testamento il 14 dicembre 1822. Morì a Torino, a palazzo d’Azeglio, il 10 agosto 1823.
Sebbene come cavaliere dell’Annunziata potesse esser sepolto nella cappella dell’Ordine, presso la certosa di Collegno, chiese d’esser tumulato nella parrocchiale del castello di Montalto dove già era stato sepolto il padre. La moglie gli sopravvisse, morendo a Torino l’11 maggio 1843.
Fonti e Bibl.: P.L.R., Necrologio, in Gazzetta Piemontese, 14 agosto 1823, pp. 493-495; G. Labus, Lettere di illustri letterati a Paolina Grismondi, Bergamo 1838, pp. 34, 45; D. Perrero, Gli ultimi reali di Savoia del ramo primogenito ed il principe Carlo Alberto di Carignano, Torino 1889, pp. 134 s.; D. Carutti, Storia della corte di Savoia durante la rivoluzione e l’Impero francese, II, Torino 1892, passim; P. Boselli, Il ministro Vallesa e l’ambasciatore Dalberg nel 1817, in Miscellanea di storia italiana, s. 2, XXX (1893), 15, pp. 339-489; D. Perrero, La regina Maria Teresa d’Austria e la dimissione del conte di Vallesa. Contro note storico-critiche sopra nuovi documenti alle note del comm. P. Boselli intitolate «Il ministro Vallesa e l’ambasciatore Dalberg», Torino 1893; M. Avetta, Le dimissioni del conte di Vallesa, ministro degli Esteri di Vittorio Emanuele I (1817), in Rassegna nazionale, 1° novembre 1914, pp. 64-76; Nonciatures de Russie: d’après les documents authentiques, III, Nonciature d’Arezzo, 1, (1802-04), a cura di M.J. Rouet de Journel, Roma 1922, pp. 67 s., 72, 88; A. Segre, Il carteggio Pozzi e Della Valle col Vallesa ed altri documenti sui moti piemontesi del marzo 1821, in La rivoluzione piemontese del 1821, a cura di T. Rossi - C. Pio Demagistris, Torino 1924, pp. 514 s.; Id., Il primo anno del ministero Vallesa (1814-1815). Saggio di politica sarda, interna ed estera, nel primo anno della Restaurazione, Torino 1928, pp. 3-411; G. Berti, Russia e Stati italiani nel Risorgimento, Torino 1957, passim; O. Zanolli, Testaments et codicilles des seigneurs de Vallaise, in Archivum augustanum, III (1969), pp. 1-446, passim; G.P. Romagnani, Prospero Balbo. Intellettuale e uomo di Stato (1762-1837), I-II, Torino 1988-1990, passim; A. Cifani - F. Monetti, Il palazzo Vallesa di Martiniana, Roma 1989, pp. 67, 70, 77, 82 (ritratto), 86 s., 115.