LEVENTINA, VALLE (A. T., 20-21)
VALLE È la valle del Ticino, fra Airolo e la confluenza del torrente Brenno, compresa nella Svizzera (Canton Ticino). Si apre nelle Alpi Lepontine, con direzione generale di NO.-SE. Il versante nord-orientale è ripido, formato da una catena assai elevata, le cui cime maggiori sono: il Piz Erra (2420 m.), il Pizzo di Molare (2583), il Pizzo di Campello (2663), il Pizzo Lucomagno (2778), il Pizzo Pettano (2766). Nel primo tratto dietro questa catena, oltre la Val Blennio, s'innalzano le alte vette dell'Adula; nell'ultima parte la valle è dominata dalle cime del Gottardo. Il versante sud-occidentale è meno ripido e vi si aprono alcune valli secondarie, ma le vette delle Alpi Ticinesi che lo chiudono sono assai elevate e parecchie superano i 2500 m.: Cima di Gagnone (2516 m.), Basal (2586), Madone Grosso (2726), Pizzo Barone (2861), Campo Tencia (3075), Campolungo (2721), Pizzo Massari (2762), Pizzo Sassello (2503), Poncione di Vespero (2714). La valle ha in tutta la sua estensione carattere alpestre e il Ticino vi scorre rapido, stretto fra balze e rocce, formando talora pittoresche cascate; vi si distinguono però alcuni tronchi più ampî separati da gole anguste. Queste sono, da monte a valle, la Gola di Stalvedro, la Gola di M. Piottino, che il Ticino attraversa precipitando in cascate fra dirupi, la Gola della Biaschina. Tra l'una e l'altra si succedono sezioni della valle più ampie, talora vere conche, come quella di Airolo, con il paese omonimo, il piano di Ambri, il pianoro sul quale sorgono i villaggi di Rodi e Fiesso, la conca di Faido, nella quale si adagia il paese omonimo, infine l'ultimo tratto della valle, da Giornico alla confluenza del Brenno, con i paesi di Bodio e Pollegio. Le più importanti valli secondarie che sboccano nella principale sono: la Val d'Ambra, la Val Chironico, percorsa dal torrente Ticinetto, la Val Piumogna, percorsa dal torrente omonimo, che forma allo sbocco nella valle principale una bella cascata, tutte sul versante delle Alpi Ticinesi; sull'altro versante l'unica notevole è la Val Canaria, all'estremità N., nel gruppo del Gottardo.
I fianchi della Val Leventina sono ricchi di foreste di conifere e di castagneti; sul fondo si stendono nei tratti pianeggianti verdi praterie; fino all'altezza di Giornico allignano la vite e il fico. La risorsa principale degli abitanti, che erano 9900 nel 1920, consiste nell'allevamento e industrie connesse, inoltre nei proventi dell'industria turistica e dell'estrazione e lavorazione del granito (Pollegio); a Bodio ha sede un grande stabilimento elettrochimico. Numerosi centri si allineano sul fondovalle, che sale da poco più di 300 m. a circa 1200, specialmente ai margini di esso lungo la strada del Gottardo; i più importanti sono: Airolo, Ambrì, Fiesso, Faido, Chiggiogna, Lavorgo, Giornico, Bodio, Pollegio; centri di fondovalle marginali, sono anche Quinto e Personico. Altri paesi si trovano sui versanti della valle, più numerosi e fino ad altezze maggiori su quello nord-orientale, che, se è più ripido, è però meglio esposto; i principali sono: Quinto, Osco, Mairengo, Calpĭogna, Campello, Rossura, Calonico, Anzonico, Cavagnago, Sobrio, sul versante di NE.; Dalpe, Prato, Chironico, su quello di SO. Il capoluogo della valle è Faido (1003 ab.), importante località di villeggiatura.
Grande importanza ha la valle per le comunicazioni italo-svizzere, essendo percorsa dalla carrozzabile e dalla ferrovia del Gottardo.
Storia. - Il nome ricorda gli abitatori preromani, i Leponzî (Lepontina), che pure hanno lasciato il nome a un paese, Leontica. La sua importanza storica è dovuta al fatto che attraverso questa valle corre la strada che valica il S. Gottardo, strada che probabilmente esisteva anche in epoca antica, almeno fino alla valle di Orsera: certo è che la cura degl'imperatori tedeschi di tenersi sgombra questa valle e i suoi accessi mostra che alla strada di Val Leventina si annetteva grande importanza, anche prima che venisse aperta al traffico la Gola di Schöllenen. Comunque, la prima notizia sicura della Leventina si ha nella donazione di Attone, vescovo di Vercelli, alla chiesa metropolitana di Milano.
Tale atto solenne (948) ci permette di conchiudere che questa valle, rimasta a lungo nella diretta dipendenza del fisco imperiale romano - come tutte le vallate alpine (v. alpi, II, p. 644 segg.; blenio, Val di) - e regio barbarico, venne alienata in un tempo imprecisato a favore di privati, sia pure discendenti da famiglia regia (Pasteris). Comunque si voglia poi pensare delle donazioni precedenti (945, 946), rimane il fatto positivo della successiva dominazione nella Leventina (e nelle due valli viciniori di Blenio e Riviera) della chiesa metropolitana milanese. Ciò che non esclude la organizzazione a comunità rurale persistita in tutto l'alto Medioevo e la subinfeudazione a vassalli (milites o capitanei). Successivamente, col titolo di conti, i canonici milanesi assumono ogni giurisdizione, anche in contrasto con quegl'imperatori tedeschi che, per necessità politiche o per disegno preordinato, ebbero a favorire feudatarî d'oltralpe, sia ecclesiastici (come il monastero di Disentis), sia laici (conte di Leurberg). Ciò non impedì, peraltro, ai Leventinesi di godere un'ampia autonomia, in parte consacrata nel cosiddetto patto di Torre (1182), vero trattato di alleanza fra Leventinesi e Bleniesi.
Nel periodo più acuto della lotta fra guelfi e ghibellini, nella seconda metà del sec. XIII, la Leventina diviene la rocca forte dell'arcivescovo Ottone Visconti, che indubbiamente dovette costringere il capitolo del duomo di Milano a cedergli le valli sopra Bellinzona, che servivano mirabilmente come punto d'appoggio per un'offensiva contro Como e Milano e guardavano i valichi più frequentati.
Nel sec. XIII, infatti, aperto il traffico del Gottardo, la Leventina divenne una delle valli più importanti, strategicamente e commercialmente, di tutta la Lombardia. Il passaggio, però, dalla signoria dei canonici a quella dei Visconti non avvenne senza contrasti: infatti nel 1290 scoppia in tutta la Leventina una rivolta, forse sobillata dai Rusca, e guidata da Alberto Cerro di Airolo, avogadro del vescovo: la lotta fra Ottone Visconti e i Leventinesi durò abbastanza aspra per quattro anni, finché si giunse a una transazione, per cui l'alto dominio rimase ai Visconti, ma ai Leventinesi fu riservata una più ampia autonomia. Così per un secolo la Leventina dipese quasi direttamente dalla corte signorile, poi ducale di Milano. Ma alla morte di Gian Galeazzo Visconti i rapporti con gli Svizzeri si fanno più minacciosi, di torbidi che erano già stati per tutto il sec. XIV. La lotta fra Milano e i cantoni di Schwyz, Uri e Unterwalden s'impernia appunto sul possesso della Leventina, e cioè sull'incontrastato dominio del Gottardo. Già durante la rivolta di Cerro aiuti erano venuti da Uri, ma più seria divenne la pressione quando nel 1331 Uri, Schwyz, Unterwalden e Zurigo invasero la Leventina, portando la distruzione fino a Giornico, donde però si ritrassero per l'intervento di Franchino Rusca e in seguito alla cosiddetta pace di Como (12 agosto 1331) che, se materialmente rinviava oltralpe gl'invasori, permetteva loro un'espansione commerciale e politica al di qua del Gottardo, vincolando il Rusca ad aiutare i cantoni svizzeri contro i Leventinesi, nel caso di conflitto. Ma alla morte di Gian Galeazzo, gli Svizzeri occupano tutta la Leventina, in base a una lega stipulata fra Uri, Obwald e Leventina nel 1403, per cui i due cantoni si obbligavano alla difesa di quest'ultima, dietro trasferimento a loro dei dazî già pagati alla camera ducale. La battaglia di Arbedo (1422), però, modifica ben presto, sia pure temporaneamente, la situazione, facendo ricadere tutta la Leventina in mano al duca di Milano, e solo la pace di Bellinzona (1426), mercanteggiata a suon di scudi, importa piena rinuncia da parte degli Svizzeri, non alla Leventina, ma alle ulteriori conquiste (Riviera, Bellinzona), salvo il libero diritto di transito per la strada del Gottardo.
Con ciò gli Svizzeri si ponevano stabilmente al di qua delle Alpi, e la Leventina diveniva il ponte di passaggio per ulteriori conquiste, non solo, ma proprio dagli abitanti della valle, chiusi fra i monti e i confini del ducato milanese, non eccessivamente benevolo, partono gl'inviti agli Svizzeri a continuare l'impresa. Ché gli stessi Leventinesi, per questioni di alpi, iniziarono quella lotta contro il ducato milanese, che doveva culminare nella sconfitta delle truppe ducali, nell'imboscata di Giornico (28 dicembre 1478). Ma dopo questi fatti la Leventina non ha più una storia sua, seguendo quella del cantone d'Uri che da alleato si trasformò in dominatore. Occorre giungere al 1775 per scorgere ancora qui una scintilla di vita, quando scoppia una rivolta contro il cantone sovrano, soffocata brutalmente nel sangue. E ancora risuonano armi nel 1799, per l'occupazione austro-russa del Gottardo in contrasto con i Francesi; ma la rivoluzione e più la volontà del Bonaparte staccarono poco dopo la Leventina da Uri e la unirono ai restanti baliaggi ticinesi, nel nuovo Canton Ticino (1803).
Bibl.: C. Meyer, Blenio und Leventina, Lucerna 1911; E. Bontà, La Leventina nel Quattrocento, Bellinzona 1929; E. Pometta, Come il Canton Ticino venne in potere degli Svizzeri, Bellinzona 1910-14; id., La guerra di Giornico e le sue conseguenze, Bellinzona 1928 (su cui cfr. A. Solmi, in Arch. storico Svizzera italiana, IV); id., Saggi di storia ticinese, Bellinzona 1930.