VALLE INCLÁN, Ramón María del
Scrittore spagnolo, nato il 28 ottobre 1870 a Villanueva de Arosa presso Pontevedra, in Galizia, dove morì nel 1935. Durante la guerra mondiale risiedette in Francia per invito di quel governo e l'opera sua fu utile all'Intesa. Era ancora nella prima giovinezza quando cominciò a rivelare belle qualità di scrittore, pubblicando articoli e novelle in giornali e riviste di Madrid, dove dimorò dal 1895 al '97. La sua fama è specialmente di romanziere, d'impareggiabile stilista, e particolarmente feconda fu l'opera sua dal 1902 al 1924, da Sonata de otoño a Cara de plata.
Un critico, J. Casares, distingue nella produzione letteraria di V. I. tre diversi periodi e maniere: la prima, semplice e tradizionalmente spagnola, fino a Jardín umbrío; la seconda, che culmina nella Sonata de estío; la terza, di decadenza, di imitazione da Eça de Queiroz, da Barbey d'Aurevilly, da D'Annunzio (con La figlia di Iorio ha non poche analogie il romanzo Flor de santidad, 1904), che culmina nella Sonata de invierno (1905). L'arte e l'estetica di questo personalissimo scrittore, di una potenza così spesso violenta, fu variamente discussa. Seguace dell'arte straniera naturalista, impressionista e simbolista, maestro di un romanticismo aristocratico, nega i valori letterarî spagnoli dal secolo d'oro al tempo suo e si distacca da tutta la tradizionale arte nazionale sì da riuscire, sotto un certo aspetto, lo scrittore meno spagnolo. Il suo dogma, il suo credo artistico ed estetico si riassume nel culto della forma, pura, impeccabile, nella preziosità della lingua, nella musicalità squisita della parola e del periodo. Unico intento è l'espressione viva della sensazione, portato dalla naturale tendenza del suo spirito gallego a creare fosche e malinconiche visioni, a preferire argomenti avvolti di mistero, ad animare scene di avvenimenti perfino repugnanti, a popolare ambienti di personaggi perversi, demoniaci, enigmatici, dalle passioni selvagge, sì che il lettore ne rimane sconcertato e rattristato. Di questi caratteri e tipi dall'anima complicata e misteriosa è il vecchio libertino, lo sfrontato cinico marchese di Bradomín, protagonista di un lavoro teatrale di questo titolo, nonché delle quattro Sonatas, l'opera più celebrata del V.I.I. La figura del marchese di Bradomín riappare nei tre romanzi che hanno per argomento la guerra carlista: Los cruzados de la causa, El resplandor de la hoguera, Gerifaltes de antano (1908-1909). Tra le molte sue composizioni drammatiche spiccano, caratterizzate anch'esse, non meno che i romanzi, dalla fusione di voluttuosità e di nuovo misticismo, la tragedia El embrujado, le due "commedie barbare": Águila de blasón e Romance de lobos. Tra i romanzi di più intensa e realistica arte sensazionale sono: Divinas palabras, fra picaresco e diabolico, e Luces de Bohemia, romanzo dialogato di audace pittura dei bassifondi sociali. Questo romanzo di crudo realismo goiesco si collega per qualche critico con le poesie satiriche di audace musa grottesca che l'autore intitola Esperpentos (mostricciattoli). In stridente contrasto con quasi tutta la rimanente produzione letteraria del V.I. è la "farsa sentimental y grotesca": La marquesa Rosalinda, deliziosa visione settecentesca. Impressione della guerra mondiale è, in forma di romanzo, La media noche; visión estelar de un momento en las trincheras. Acclamato come l'instauratore di un'arte nuova, di una nuova estetica, come grande maestro che ricongiungeva la cosiddetta generazione del '98 alla generazione successiva del nuovo secolo, V. I. ebbe imitatori parecchi ma tutti più o meno fiacchi tra la folla dei tanti ammiratori.
Ediz. e bibl.: Cominciata nel 1913, fu proseguita negli anni seguenti la pubblicazione delle sue opere. La commedia "barbara" Romance de lobos fu tradotta in italiano col titolo La novella dei lupi da A. De Stefani, Milano 1923. Da consultare: J. Chaumié, Don R. del V. I., in Mercure de France, CVIII (1914), pp. 225-246; A. González Blanco, Historia de la novela en España, Madrid 1909, pp. 780-804; id., Los dramaturgos españoles, ivi 1917; Cansinos Assens, Los Hermes, ivi 1916; "Azorín", El paisaje de España, ivi 1917; J. Casares, Crítica profana, ivi 1915.