FASSA, Valle di (A. T., 24-25-26)
Si chiama così la valle superiore dell'Avisio (v.), dalle sorgenti fin oltre la confluenza col torrente S. Pellegrino; il confine verso la Val di Fiemme, attraversata dal corso medio dell'Avisio, è segnato dalla sezione angusta e poco abitata tra la confluenza del Rio S. Pellegrino e quella del Travignolo. Famosa non solo per i suoi grandi e originali paesaggi alpino-dolomitici, ma anche per il valore che ha nel campo della geologia, la Val di Fassa è come un'ampia conca diretta da NE. a SO., posta a rilevante altitudine, e cinta dagli enormi picchi dirupati e nudi delle Dolomiti del Gruppo di Sella e del Sasso Lungo a N., del Catinaccio a O., della Marmolada e del Gruppo dei Monzoni a E.
Nella valle principale vengono a sboccare per vallette strette e boscose numerosi torrenti, che trascinano rilevanti quantità di ghiaie e di detriti. Di essi i più notevoli sono, a destra, il Rio Antermont, per la cui valle si sale al Passo del Pordoi, il Duron, il Sojal, il Rio di Valle, il Pallaccia, il Rio di Marna, il Rio di Costa Lunga; a sinistra, il Contrin, il Greppa e il S. Nicolò, a cui confluisce la Valletta dei Monzoni, ricca di sieniti, residuo di un nucleo vulcanico situato nel centro di una zona calcareo-dolomitica, e il Rio di S. Pellegrino, che si getta nell'Avisio presso Moena. Dato il clima di tipo alpino, con inverni lunghissimi e freddi ed estati fresche e brevi, il fondo valle e i fianchi sono occupati da pascoli e da prati (la valle è ricca di bestiame) oppure da boschi di conifere; meno estesi sono gli arativi, nei quali si coltivano l'orzo, la segale, le patate, i cavoli e le rape. La valle è una delle meno popolate del Trentino; gli abitanti, che parlano ladino con infiltrazioni di dialetto trentino, specialmente nella parte più bassa, in questi ultimi decennî sono in diminuzione (4600 nel 1880,4247 nel 1890, 4172 nel 1921). Gl'introiti sono basati sullo sfruttamento dei boschi e dei pascoli e meno sull'agricoltura. Intensa è l'emigrazione, specialmente temporanea, di muratori, tagliapietre e coloristi. Anche in Fassa, prossima alla Val Gardena, è assai sviluppata l'industria dei giocattoli in legno. Amministrativamente la Val di Fassa è compresa nel territorio dei comuni di Vigo di Fassa (nel 1921:2590 abitanti; 143,07 kmq.) e Canazei (1253 abitanti; 92,29 kmq.), ciascuno dei quali comprende più villaggi, e in parte in quello del comune di Moena (1861 ab.; 82,70 kmq.). Nel comune di Vigo di Fassa sono notevoli: il capoluogo (1400 m. s. m.; 431 ab. nel 1921), che è anche il capoluogo di tutta la valle, sulla destra dell'Avisio, allo sbocco nel solco principale del Rio di Valle, importante stazione per numerose escursioni, nei pressi del quale, a Ciaslir, è l'antichissima chiesetta di S. Giuliana; Soraga, più a valle (1202 m. s. m.; 162 ab.), che vanta la chiesa più antica della valle, poi, oltre Vigo, risalendo il solco, Pozza (1305 m. s. m., 365 ab.), di fronte alla quale, sulla sinistra dell'Avisio, s'apre la valletta di S. Nicolò che risale per un buon tratto per arrivare al gruppo eruttivo dei Monzoni, di notevole importanza geologica; Pera (1326 m. s. m.; 262 ab.), stazione frequentata dagli escursionisti nel Gruppo del Catinaccio. Nel comune di Canazei, oltre il capoluogo (1463 m. s. m., 184 ab.), importante centro di villeggiatura al principio della salita del Pordoi, è notevole il paese di Campitello (1442 m. s. m.; 442 ab.). L'ultimo villaggio della valle è Penia (1556 m. s. m.; 69 ab.), frazione di Canazei. Il paese di Moena (1415 ab.), capoluogo del comune omonimo, sorge invece in basso, a 1199 m. s. m., presso lo sbocco del Rio Pellegrino. La Val di Fassa è attraversata dalla grande strada delle Dolomiti che da Bolzano, per il Passo di Costalunga, arriva a Vigo di Fassa (38,3 km.), per salire poi fino al Pordoi. A questo tronco si allaccia nei pressi di Vigo la carrozzabile che sale da Cavalese per Predazzo (28,5 km.).
Storia. - La ricchezza delle comunicazioni con le valli atesine che sboccano sulla sinistra dell'Isarco ebbe una conseguenza notevolissima nella storia degl'insediamenti. Questi ebbero luogo non a ritroso dell'Avisio, ma, attraverso i passi, dal bacino meridionale dell'Isarco. L'indagine dei caratteri somatici (indice cefalico), archeologici, toponomastici, storici e linguistici, ci conferma questo fatto. Nella Val di Fassa non v'è alcuna traccia di stanziamenti umani anteriore al Medioevo: il cristianesimo dovette diffondersi nella valle dal centro di Sabiona-Bressanone, come dimostra il fatto che la valle fece parte fino al 1818 della diocesi di Bressanone e che, alla fondazione dei principati vescovili di Trento e Bressanone (1004) spettò territorialmente al secondo. A questo appartenne in origine anche Moena; già nel sec. XII o nel XIII subentrò però uno spostamento di confine in favore di Trento: nel 1267 Moena appartiene alla pieve di Fiemme e nel 1348 entra a far parte della "magnifica comunità di Fiemme".
La storia interna della valle è, per il resto, poco nota e insignificante. Sembra che, ancora nel secolo XV, i suoi 128 casali abbiano costituito un' unica comunità. Il vescovo di Bressanone inviava annualmente i suoi "delegati di maggio" ad amministrare la giustizia.
Un rappresentante vescovile stabile è documentato nel 1451; la serie dei capitani vescovili comincia nel 1490. Il fassano Daniele Zen (1584-1628), principe vescovo di Bressanone, per redimere dalle vessazioni dei capitani la sua valle, lasciò alla sede vescovile i suoi beni in Fassa, alla condizione che l'onere del capitano passasse al vescovado. Con la secolarizzazione del principato vescovile di Bressanone (1803) la valle, aggregata per breve tempo al circolo di Chiusa (Isarco), fu incorporata nel 1807 alla pretura di Cavalese (Fiemme). Con lo smembramento del Tirolo nel 1810, Fassa passò anch'essa a far parte del Regno italico. Nella successiva restaurazione austriaca (1814) fu istituito a Vico di Fassa un giudizio distrettuale che sbrigava pure gli affari politici; successivamente, sempre conservandosi la pretura, Fassa fu aggregata politicamente a Cavalese, condizioni che furono mantenute anche dopo la guerra mondiale. (V. tavv. CXLVII e CXLVIII).
Bibl.: G. Roberti, in Studi Trentini, V (1924), pp. 1-22; H. Voltelini, Erlăuterungen zum histor. Atlas der österr. Alpenländer, Vienna 1910, I, iii, pp. 125-130; G. J. Ascoli, in Archivio glott. ital., I, 347-353; C. Battisti, in Anzeiger der phil. Klasse der Akad. der Wissenschaften in Wien, 1909, n. XVII.