VALGIO Rufo (C. Valgius Rufus)
Console suffectus l'anno 12 a. C., fu uno dei poeti del circolo di Mecenate e scrisse elegie ed epigrammi: ne restano pochi frammenti (Morel, Fragm. Poet. Lat., p. 105). Si occupò inoltre di studî grammaticali e anche di medicina.
Nelle elegie aveva pianto la morte immatura del suo amato Miste, tanto che Orazio gli diresse un'ode consolatoria (II, 9). Da quest'ode stessa e da alcuni versi del Panegirico a Messala si rileva che i contemporanei si aspettavano da V. una grande epopea, che, come pare, non fu mai composta. Scrisse almeno due libri De rebus per epistulam quaesitis, cioè di questioni grammaticali in forma epistolare, rimaneggiò in latino la τέχυη di Apollodoro di Pergamo, infine Plinio il Vecchio lo cita come una delle sue fonti per un libro da lui scritto e dedicato ad Augusto intorno alle erbe medicinali. Delle opere in prosa abbiamo pochissimi frammenti (Funaioli, Gramm. Frag., p. 483).