Valerio Massimo
Scrittore latino (1° sec. a.C.-1° sec. d.C.). Protetto da Sesto Pompeo (console nel 14 d.C.), lo seguì nel proconsolato d’Asia (27 d.C. ca.); la sua opera, dedicata a Tiberio, fu pubblicata dopo la caduta di Seiano, la cui memoria vi è esecrata. L’opera di V.M. è una raccolta di fatti e detti memorabili in 9 libri: Factorum ac dictorum memorabilium libri IX (gli antichi ne conobbero anche un’edizione in 10 libri). I fatti e i detti sono raccolti in 95 rubriche, ciascuna delle quali è divisa in due parti, una per i romani e una per gli stranieri. Le cose romane hanno naturalmente la prevalenza: sono 636 contro 320 straniere. Il tono è patriottico e moraleggiante, con evidente finalità retorica: la raccolta infatti vale come strumento da scuola di retorica. Nella compilazione si avvalse di precedenti raccolte analoghe (quali quelle di Pomponio Rufo, Igino, forse Cornelio Nepote), ma usò anche direttamente autori latini come Cicerone, Varrone, Tito Livio, Sallustio, Pompeo Trogo, e greci come Senofonte, Teopompo, Diodoro Siculo. Lo stile è scolastico, la maniera è tesa alla ricerca dell’effetto, perché ogni episodio sia stilizzato come esempio. L’opera ebbe amplissima fortuna in età antica come nel Medioevo; ne sono giunte due epitomi antiche e una medievale.