VALERIO da Venezia
VALERIO da Venezia (Giuseppe Ballardini). – Nacque a Venezia, intorno al 1548, dalla famiglia Ballardini che lo battezzò con il nome di Giuseppe.
L’infanzia, la giovinezza, la formazione culturale, così come il nome e l’attività del padre e della madre, restano oscure. Le notizie contenute nei tradizionali repertori biobibliografici cappuccini si limitano alle sue opere.
Entrato tra i cappuccini, ricevette l’ordinazione suddiaconale a Udine il 16 settembre 1568 e proseguì gli studi fino al sacerdozio e alla qualifica di padre scrittore, senza ottenere quella di predicatore. Vicario a Verona nel 1573, soggiornò poi a Treviso da prima del 1589 al 1590, quando cominciò ad avere problemi con i superiori a causa di comportamenti non conformi alle regole dell’Ordine, che in quel periodo subiva un irrigidimento disciplinare. Infatti nel 1590 gli fu imposto di rientrare nella propria provincia, da cui doveva essersi allontanato, e nel dicembre del 1591 fu condannato alla carcerazione conventuale a Padova per aver «commesso molti deffetti [...] inquieto et huomo incorriggibile» (cit. in Pedrojetta, 1991, p. 247).
Alcune testimonianze di un processo dell’inquisitore di Venezia (pp. 248-251) contro alcuni cappuccini accusati di stregoneria, svolto nell’autunno del 1592, riportano che precedentemente aveva denunciato il provinciale Domenico da Costa e il guardiano di Treviso per maltrattamenti ai danni del confratello Alessandro da Lugano, che era stato imprigionato e fatto passare per matto per aver tentato di denunciare i fatti al S. Uffizio e al papa. Liberato l’11 marzo 1592, dopo una promessa di emendazione, tornò a Treviso e poi ancora a Padova.
Iniziata la stesura della prima parte del Prato fiorito, nel 1594, nel palazzo del Te a Mantova, incontrò la madre di Vincenzo I Gonzaga, Eleonora d’Asburgo, con la quale ebbe rapporti epistolari. Nel 1599 fece un viaggio a Firenze per celebrare una messa all’altare della Ss. Annunziata, cui era devoto, e nel 1600 fu a Roma per l’anno santo. Nel 1604, mentre era malato a Verona, il suo medico si interessò del manoscritto del Prato fiorito, ottenendone la licenza di stampa e la pubblicazione della prima edizione, nell’anno seguente, con il nome civile dell’autore che non ne fu soddisfatto perché avrebbe voluto curarla di più e dotarla di una migliore tavola delle materie. Da Este, il 27 aprile 1605, egli ne inviò una copia alla duchessa di Mantova Eleonora de’ Medici accompagnata da una lettera, che resta il suo unico autografo.
La missiva, contenente il racconto dei suoi ultimi viaggi, informazioni sul libro, riferimenti alle opere della poetessa Lucrezia Marinelli (che sembra aver conosciuto) e la preghiera alla duchessa di non scrivergli in convento ma presso un amico speziale per evitare la censura, fu intercettata insieme con altre indirizzate a una monaca e Valerio da Venezia fu nuovamente incarcerato a Padova. In novembre fu anche privato dell’elettorato attivo e passivo a ogni carica della provincia per atti impudichi nei confronti di un pellegrino francese. Nel 1609, per la sua condotta ribelle, fu dichiarato «discolo».
Tutto ciò non gli impedì di continuare a scrivere: aiutato dal grande successo del suo libro, pubblicato in seconda edizione corretta già nel 1606, nel 1610, trovandosi ancora a Padova, poté far stampare la seconda parte del Prato e le sue altre opere con il proprio nome da religioso, indizio di un’avvenuta ricomposizione dei rapporti con i superiori.
Dopo il 4 ottobre, data della dedica delle sue Brevi e divote meditationi... a Margherita di Savoia, non si hanno più notizie di Valerio da Venezia fino alla morte, avvenuta nel 1618.
Opere. Il Prato fiorito di varii essempi (la prima parte pubblicata a Venezia con il nome di Ballardini nel 1605, nel 1606 in edizione corretta dall’autore, la seconda parte nel 1610 con il nome da religioso e poi in trentaquattro ristampe ed edizioni fino al 1750) è una raccolta in oltre 1500 pagine di vicende spiritualmente esemplari, perlopiù leggendarie, disposte per temi e concernenti figure sociali molto varie, miranti a suscitare il timor di Dio e il desiderio di salvezza, attraverso un panorama di tutte le componenti della vita cristiana. Scritto citando molte fonti ma senza vaglio critico e in stile semplice per essere letto sia da religiosi alla ricerca di materiale per le prediche sia da laici meno istruiti, e tra questi anche dal pubblico femminile, fu per oltre un secolo e fino al decadere della tradizione degli exempla, uno dei libri religiosi di maggior successo. Nel XIX secolo venne ancora citato, però in maniera critica e ironica, da Vincenzo Cuoco, Carlo Porta, Ermes Visconti, Carlo Dossi e Alessandro Manzoni, che ne derivò l’episodio del miracolo delle noci per il suo romanzo. È una raccolta anche la Vita della gloriosa santa Chiara [...] composta da S. Bonaventura [...] con le vite delle beate monache della sua santa Regola, e di quelle ancora del Terzo Ordine, con un dialogo per l’istruzione delle novizie (Venezia 1610, trad. tedesca München 1623). Comprende oltre settanta biografie, alcune delle quali ristampate a parte, non prive di errori ma originali per concezione e per le testimonianze sul francescanesimo femminile. Le Brevi e divote meditationi intorno ai principali misteri della vita di Giesù Christo et una meditatione del giudicio universale, riccamente illustrate, e il Romitorio sacro di meditationi (entrambi Venezia 1610), divulgazioni della spiritualità cappuccina basata sulla preghiera contemplativa e la meditazione della Passione rivalutate dopo la recente riscoperta dell’autore da parte della storiografia cappuccina e degli studi sulla letteratura femminile, sono validi testi di ascetica composti per un pubblico popolare da un religioso che, non potendo esercitare l’ufficio della predicazione con la parola, lo fece con gli scritti, trovando una rivalsa personale e uno sbocco alla sua tormentata vocazione.
Fonti e Bibl.: I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, I-V, Perugia 1988-1993, ad indicem.
Lexicon capuccinum, Romae 1951, col. 1778; G. Pedrojetta, V. da V.: preliminari sull’opera di uno scrittore spirituale del Seicento, in Collectanea franciscana, LVIII (1988), pp. 5-44; Id., Un ‘libercolo’ secentesco per ‘donnicciole’: il Prato fiorito di V. da V., Friburgo 1991; Isidoro de Villapadierna, Valère de Venise (Ballardini), in Dictionnaire de spiritualité, ascétique et mystique, doctrine et histoire, XVI, Paris 1994, coll. 164 s.; Donna, disciplina, creanza cristiana dal XV al XVII secolo. Studi e testi a stampa, a cura di G. Zarri, Roma 1996, pp. 127, 687-692; E. Raimondi, Il romanzo senza idillio. Saggio sui Promessi Sposi, Torino 2000, pp. 199 s.