CHIERICATI (Chieregato), Valerio
Nacque a Vicenza da un altro Valerio e da Isabella Pigafetta il 4 ott. 1528 (Bruzzo, 1893, e Milano, Bibl. Ambrosiana, cod. D 34 inf., c. 41v). Poco si sa della sua giovinezza che dovette trascorrere tra Vicenza e la residenza in villa che la famiglia aveva a Soella presso Sandrigo, cantata dai versi pavani di Menon e del Magagnò e rammentata, con parole commosse ("Campagna... d'alberi con viti raddoppiate per ogni verso piantata ... verziero di delizie..."), da Filippo Pigafetta (1606), cugino del C. e suo compagno di studi e di svaghi in quei giorni. Poco o, anzi, nulla si sa altresì intorno alla sua prima formazione, che si sarà nutrita dell'appassionata consuetudine con i circoli colti di Vicenza, non disdegnando anche l'esercizio della poesia rustica pavana e, sovrattutto (possiamo, a buona ragione, congetturare), con la cosiddetta accademia tenuta da Gian Giorgio Trissino nel palazzo suburbano di Cricoli. E se, da siffatte frequenze, sarà cresciuto il bagaglio di erudizione letteraria e la grande disponibilità d'apertura a interessi tra i più svariati (dal teatro alle scienze matematiche) riconosciutigli dai contemporanei, è fuor di dubbio che ne sia stata specialmente nutrita l'inclinazione per le discipline militari (al Trissino carissime, ma privilegiate dalla vocazione della contemporanea aristocrazia berica, frequentata, tra gli altri, da un Mario Savorgnan) che orienterà l'intera sua esistenza.
Il Calvi (1778-79), sulla base di un autorevole ricordo del Pigafetta, e con la conferma poi delle precisazioni del Bruzzo (1893), assicura che, col grado di capitano di truppa leggera, il C. militò nella guerra di Siena tra 1554 e 1555 al servizio del re di Francia, e, sotto Paolo IV, come comandante di "cento cavalli leggieri" (Pigafetta, 1591), nel conflitto che opponeva in Roma la "setta" dei Carafa a quella dei Colonna, prima di passare definitivamente al servizio della Serenissima. In realtà, solo quest'ultima informazione, allo stato attuale delle nostre conoscenze, risulta suffragabile, mentre le altre sembrerebbero contradditorie, per evidenti ragioni cronologiche, col fatto che, nel 1553, la Repubblica veneziana gli avrebbe attribuito la dignità del cavalierato (che dovrebbe esser stato nel momento dell'assunzione ai suoi servigi) e con una documentazione, la quale testimonia il personaggio presente nel Veneto, con relativa continuità, a partire dal 1555 almeno, visto che già il 1º giugno 1551 risulta attore di un rogito di acquisto di terreni a Vicenza (Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, mss. P. D., c. 833/39). Sugli scorci del quinto decennio, del resto, il C. aveva preso in moglie Dorotea Thiene, sorella di quell'Odoardo la cui aperta adesione all'eresia calvinista è ben nota (Mantese, 1968-1969): la quale negli anni immediatamente successivi gli metterà al mondo i figli Scipione, Lelio ed Elisabetta. E inoltre, nel 1555 (anno che, tra l'altro, lo vede ferito, nel maggio, per motivi di rivalità familiare, da un Damiano Gamba, servo di Bartolomeo Ferramosca: Mantese, 1974) appare tra i fondatori dell'Accademia Olimpica. Dovette, anzi, essere il principale promotore di quella "letteraria adunanza", a considerare l'asserzione dello Ziggiotti il quale ne attribuisce l'istituzione alla "diligenza e sollecitudine del Signor Cavalier Valerio Chieregato, splendore della pedestre milizia de' tempi suoi" ma pure "nelle greche, latine e volgari lettere eccellentissimo": stupisce, pertanto, coglierlo, l'anno appresso, nel novero dei fondatori dell'Accademia dei Costanti (F. da Longiano, 1556), formata per ragioni, sino a un certo punto, di esplicita concorrenza.
La notizia (in Calvi, 1778-79) che nel 1560 il C. avrebbe venduto alcune sue proprietà per sostenere le spese di una missione a Cipro affidatagli dalla Serenissima (in Dalmazia e Albania contro gli Uscocchi, secondo il Da Schio, più verisimilmente e in accordo col Marzari, 1591) è incontrollabile ma, alla fine, accettabile: è vero, in effetti, che documenti incontestabili provano che, nell'aprile del 1561, il C. veniva eletto alla carica di principe dell'Accademia Olimpica, e confermato nel successivo novembre per accudire alla messinscena, nel teatro ligneo progettato dal Palladio in "Basilica", della Sofonisba del Trissino (Zorzi, 1969), che sarà rappresentata l'anno appresso, ma è anche un fatto che l'Angiolelli, nella lettera dedicatoria della Lidia, datata il 24 giugno 1561, rammenta il C. da poco tornato a Vicenza e, in quei giorni, residente nella sua dimora in Soella.
Intorno allo stesso 1561, comunque, il C. aveva incontrato Silvio Belli il quale, dedicandogli il suo libro Del misurarcon la vista (Venezia 1565), dopo aver tributato omaggio alla sua "liberalità... bontà et grandezza d'animo", gli riconosce pubblicamente il merito d'averlo sollecitato a stendere il trattato e a darlo alle stampe. Una carta d'archivio resa nota dal Mantese (1974) attesta, il 2 marzo 1568, cento Agostino del fu Giacomo Zuglian "profecturus ad militiam ad Ciprum cum magnifico et illustri capitano serenissimi dominii nostri Venetiarum Valerio Clericato". S'ignora, tuttavia, se il C. si sia davvero recato nell'isola dove, invero, lo dichiara attivo il profilo del Marzari (1591) e lo conferma il Bruzzo (1893): di certo si sa, grazie a una perizia rilasciata in seguito a controversia, che, prima del 21 febbr. 1569, egli aveva disposto alcune riparazioni nella villa diletta di Soella (Arch. di Stato di Vicenza, Notarile,F. Bassan, reg. 7187, alla data), nel quadro - si può credere - di un'operazione territoriale di largo respiro e volta pure a interventi di bonifica nell'ambito delle sue proprietà in quell'area, attestata fin dal 12 marzo 1566 in accordo con un'altra carta d'archivio rivelata dal Mantese (1974). Nel maggio del 1573 il C. veniva inviato dal Senato veneto nel Friuli, nel Trevigiano e nel Feltrino per addestrare all'arte bellica reclute contadine, e del compito assolto rilascerà al doge un'accurata relazione, nella quale si compiace di sottolineare l'efficenza del metodo praticato, fondato sui lunghi studi compiuti intorno alla struttura della falange macedone e delle legione romana (Hale, 1977). Di fatto, il C. non sopravvalutava la missione compiuta, giacché non v'è dubbio che le autorità militari della Serenissima profondamente apprezzassero la qualità del suo lavoro: su sollecitazione di Iacopo Foscarini (non Contarini, come erroneamente sostiene il Marzari, 1591), provveditore a Candia (e che "l'amava et stimava per l'esperienza fatta delle eccellenti et heroiche virtù sue"), nell'agosto 1574, la Repubblica ne decideva l'invio a Creta (Hale, 1977) per "formar nuove compagnie [di fanti] per li contadi" (Cornaro): da poco, e per breve soggiorno, il C. era potuto tornare a Vicenza, dove, datando al 5 maggio, proprio all'"illustrissimo generale Foscarini" aveva indirizzato nella coscienza del nuovo crescere del pericolo turco - come sequenza di "pensieri militari" - un discorso "sopra la difesa della Dalmazia" (un manoscritto fu veduto dal Cicogna nella biblioteca di casa Donà, e trovasi oggi nella Biblioteca del Civico Museo Correr di Venezia, Cod. Donà 31 - trattasi di trascrizione dell'autografo datata 4 ott. 1605 - e altro, molto probabilmente l'autografo, fu registrato dal Gar nel 1843 tra i codici della collezione Foscarini [cod. CLX, n. 6521] passati all'Imperial Biblioteca di Vienna). Secondo lo Zorzi (1965), che non offre però pezze d'appoggio documentarie all'affermazione, il governo veneziano, in vista dell'imminente visita di Enrico III (sin dal giugno 1574, dunque), avrebbe incaricato il C. di allestire le ordinanze per il ricevimento solenne: sta di fatto che, in obbedienza al mandato consegnatogli in agosto, sul finir dell'ottobre 1574 il C. s'imbarcava a Venezia per Creta dopo aver rimesso all'unico figlio maschio rimasto, Scipione (l'altro, Lelio, era scomparso intorno al 1567, ed era stato compianto dall'Angiolelli: Rime di diversi..., Padova 1567), con una affettuosa lettera scritta il 21 di quel mese e pubblicata, non si sa su quale fonte manoscritta, dal Calvi (1781), la stesura autografa della prima parte di quel trattato della Militia alla cui preparazione aveva dedicato lunghe fatiche e spese, per sua stessa trasparente ammissione, ingentissime, ma al quale confidava la memoria di sé ai posteri.
S'ignora quando il C. abbia posto mano al lavoro. V'è però ragione di credere che sia stato di lontano, visto che nel 1572 una redazione dello scritto "dottissimo" già circolava (Angiolelli) e che il Palladio, dissertando "delle legioni, dell'armi et dell'ordinanze de' Romani" (Magrini, 1845; Hale, 1977), riconosce il suo debito agli studi intorno "l'antica disciplina militare" praticati, con esiti di "perfettione", dal C. ("maggior Capitano de' nostri tempi") e ai quali, sottolineandone la lunga storia, non meno che la "dottrina" e dichiarando il profitto trattone, si richiama pure F. Pigafetta (1586 e Milano, Bibl. Ambrosiana, cod. S. 98 sup., c. 100r). L'opera non sarà mai pubblicata (per le vicende dell'autografo del C., finito a Berlino [nel 1843: Bibl. Reale, Ms. Ital. fol. 1] e distrutto durante l'ultimo conflitto, si vedano Milano, Bibl. Ambrosiana, cod. S 99 sup. cc. 153r-155r; Arnaldi, 1765; Calvi, 1778; Cicogna, 1842; Fulin, 1872).
Del manoscritto del C. è pervenuta la minuta autografa preparatoria della redazione affidata al figlio. Essa è conservata nella Biblioteca Correr di Venezia, contiene la lettera a Scipione del 21 ott. 1574 (c. 88v), si presenta ricca di pentimenti, cancellature, giunte a margine, schizzi, e costituisce - assai più che un'altra versione conservata nella Biblioteca arcivescovile di Udine, e da ritener copia relativamente tarda e abbastanza incompleta del testo princeps (inoltre, le illustrazioni non vi appaiono ricopiate, e mancano i capp. 66, 67 e 72); e di un'ultima conservata presso la Biblioteca Bertoliana di Vicenza - la referenza più autorevole e significativa per uno studio sulla teoria dell'arte militare del C., il quale a tutt'oggi manca, ed è auspicabile. In effetti, il trattato, lungi dall'esaurirsi in una archeologica riesumazione della struttura della falange e della legione, rappresenta un tentativo, suffragato dal peso di un'amplissima esperienza concreta e di ampio respiro, di "attualizzare", financo in esplicita e articolata polemica col Machiavelli (cap. 68), l'esperienza degli antichi, nella realtà delle esigenze contemporanee della scienza militare, e s'allinea coerentemente agli esiti del pensiero di Giangiacomo Leonardi in tema di fortificazioni (Hale, 1977). È verosimile, del resto, che il C. avesse in animo il progetto di completare il discorso sugli ordini della Militia con una seconda parte, che non sarà - per ciò che si può credere - neppure abbozzata, sul tema appunto della fortificazioni.
Giunto a Creta nel novembre del 1574, il C., "magnificus eques et illustrissimus colonnellus, serenissimi Dominii", s'applicava, con la completa dedizione del suo "ingegno... meraviglioso", con i dottrina et esperienza" (Cornaro) e con pieno successo, ai compiti affidatigli. Debilitato dai disagi del soggiorno e dagli sforzi prodigati, nel 1576 (e non 1575, come indicato dal Marzari, e generalmente ripetuto nonostante la rettifica del Bruzzo, 1893), il 5 agosto, colpito da febbre maligna, vi perdeva la vita. Trovò sepoltura nella cattedrale di S. Tito a Candia (oggi scomparsa e sostituita dalla moschea di Fazie Āḥmed Pascià), in un deposito marmoreo pel quale il cugino F. Pigafetta, presente in quei giorni nell'isola, dettava una commossa epigrafe riprodotta nel codice citato (D 34 inf., c. 41v) della Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Il Calvi (1778), riferendosi alla testimonianza del Magagnò e a un testo da questo edito (1563-1584), che coinvolgono e alludono a un Valerio Chiericati esponente vivace di una brigata di poeti rustici col soprannome di "Chiavellin", esclude trattarsi del C. e ipotizza un'identificazione con un omonimo (figlio di Girolamo, committente del celebre palazzo vicentino di Palladio), che il Mantese (1974), riproponendo, la congettura, documenta tra i vivi sino al 1609. In verità, si tratta di questione da risolvere proprio a vantaggio del C. visto non solo che frequenti richiami del Magagnò, in connessione con lui, alla villa di Soella suggerirebbero di non accantonare troppo frettolosamente l'eventualità di una scanzonata attività di verseggiatore vernacolo da parte del futuro colonnello della Serenissima durante quelle giovanili stagioni di ozi in villa, evocate dal Pigafetta, ma che, nella Quarta parte delle rime rustiche (1610), si trova un sonetto di "Canzon nevo' de Magagnò" in morte del "Segnor Colonnello Chieregato... ditto da nú boari Chiavellin".
Gli scritti del C. reperiti sono: Arch. di Stato di Venezia, Miscell. Codici: Scritture antiche per fortificazioni e sistemi militari 1571; Ibid., Senato,Lettere,Capi di Guerra, 25 maggio 1573: relazione sulla missione in Friuli, Trevigiano e Feltrino; Udine, Bibl. arcivescovile, ms. 104 (Ital. fol. 1): copia incompleta della Militia; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 883 (minuta autografa della Militia); Ibid., Cod. Donà 31 (copia delle scritture sulla Dalmatia, "li 5 mazo 1574"); Vicenza, Bibl. Bertoliana, Mss. Gonz. 30.7.2 (196) (copia tarda della Militia). Non è del C. la lettera della Bibl. Bertoliana di Vicenza, Autografi, G.5.1.4 (b. E 145, n. 53), erroneamente attribuitagli da P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 291, ma spettante a un avo omonimo e datata 1509.
Fonti e Bibl.: Oltre alle indicazioni fornite nel testo vedi: Venezia, Bibl. naz. Marciana, Cod. It., VI 286 e VII 1566: A. Cornaro, Storia di Candia, l. XVI, ad a. 1574; Vicenza, Biblioteca Bertoliana, Mss. Gonzati, 21.11.2: B. Ziggiotti, Memorie dell'Accademia Olimpica, c. 7; Ibid., ibid., ms.3389: G. Da Schio, I Memorabili, c. 207; Fausto da Longiano, Dialogo del modo de lo tradurre d'una in altra lingua segondo le regole mostrate da Cicerone, Venezia 1556, pp. 3v, 4v; A. M. Angiolelli, La Lidia..., Brescia 1561 (lettera ad A. Pigafetta); Magagnò [G. B. Maganza], Seconda parte de le rime, Venetia 1563, pp. 72r-76r (trattasi di un componim. in lingua pavana, attribuito al "boaro di Chiavellini" e, perciò, secondo ogni probabilità, spettante al C.); A. M. Angiolelli, Oratione funerale sopra alla morte dell'ill. sig. conte Hippolito Porto, Venezia 1572, p. 25; Magagnò [G. B. Maganza], La terza parte de le rime, Venetia 1584, pp. n.n.; F. Pigafetta, Documenti d'arte milit. di Leone Imperatore, Venezia 1586, Dedica; G. Marzari, La Historia di Vicenza, Venetia 1591, l.II, p. 198; F. Pigafetta, Relat. dell'assedio di Parigi, Bologna 1591, p. 15; Id., Descrittione del Territorio et Contado di Vicenza (1580-1581 o 1584-1585), in A. Ortelio, Il Teatro del Mondo [1606], Vicenza 1974, p. 46; Magagnò [G. B. Maganza], La quarta parte delle rime, Venetia 1610, p. 120; L. Arnaldi, Delle lodi del seren. doge Marco Foscarini, Venezia 1765; Angiolgabriello di Santa Maria [P. Calvi], Bibl. e storia di... scrittori... di Vicenza, Vicenza 1778-1779, IV, pp. 137-146; T. Gar, I codici della Collez. Foscarini conservata nella Imperial Biblioteca di Vienna, in Arch. stor. ital., t. V (1843), p. 420; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, V, Venezia 1842 ss., pp. 334-336; A. Magrini, Memorie intorno la vita e le opere di Andrea Palladio, Padova 1845, p. 116; App., pp. 39-40 (per la scrittura del Palladio; appunti mss. del Magrini sul C. trovansi a Vicenza, Bibl. Bertoliana, Mss. Gonz. 26.4.5. [35] =3314); R. Fulin, Origine della Biblioteca di Emmanuele Antonio Cicogna, in Archivio veneto, IV (1872), 1, pp. 110-111; F. Lampertico, Scritti storici e letterari, I, Firenze 1882, p. 160; G. Bruzzo, V. C. soldato e scrittore del secolo XVI, in Nuovo Archivio veneto, VI (1893), pp. 219-232; G. G. Zorzi, Le opere pubbliche e i palazzi privati di Andrea Palladio, Vicenza 1965, p. 171; Id., Le ville e i teatri di Andrea Palladio, Vicenza 1969, p. 269; G. Mantese, La famiglia Thiene e la riforma protestante a Vicenza nella seconda metà del sec. XVI, in Odeo Olimpico, VIII (1969-1970), pp. 81 s., 99; L. Puppi, Scrittori vicentini d'archit. del sec. XVI, Vicenza 1973, pp. 49 s., 55 s., 62 s., 67, 71 s.; A. Da Schio, La vita e le opere di F. Pigafetta, in F. Pigafetta, La descrizione del Territ. e del Contado di Vicenza, Vicenza 1974, pp. 12, 14; G. Mantese, Mem. stor. della Chiesa vicentina, IV, 1, Vicenza 1974, pp. 676 s., 741, 964 s., 973; J. R. Hale, Andrea Palladio,Polybius and Julius Caesar, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XL(1977), pp. 245-246 (254-255 per la scrittura di A. Palladio).