CALDERINI, Valerio
CALDERINI (da Calderina, Calderinus, de Carderinis, Calendina, Calendini, Carderina), Valerio (Giovanni Valerio,
Valeriano). - Definito "Ianuensis patriae" - e, cioè, genericamente "ligure" - da alcuni scrittori suoi contemporanei, il C. sarebbe nato, secondo alcuni eruditi dell'Ottocento, a Calderina nella Valle di Diano, in diocesi di Albenga (G. B. Spotorno, Storia letteraria della Liguria, II, Genova 1824, p. 138: la notizia è stata ripresa dal Semeria). In realtà, ignoriamo tutto circa le origini del C., né possiamo dire se abbia avuto rapporti di parentela - il che appare peraltro assai poco probabile - con l'omonima e più famosa famiglia bolognese. è certo che fu "doctor" - lo ebbe lui stesso ad affermare; e fu verosimilmente, secondo l'ipotesi avanzata dallo Schiaffino, "decretorum doctor", anche se ignoriamo dove e quando egli abbia frequentato i corsi universitari e conseguito il titolo accademico.
Del C. abbiamo notizie sicure solo a partire dalla primavera del 1438, quando il papa Eugenio IV lo creò vescovo di Ajaccio (26 maggio). Non doveva aver ricevuto ancora la consacrazione episcopale quando, circa due mesi dopo, nell'agosto, venne trasferito alla diocesi corsa di Sagona, dove succedette a Lorenzo de Cardi da poco defunto. Scarse le informazioni relative all'attività pastorale del C. nei primi anni di episcopato; sappiamo tuttavia che egli, data la povertà della Chiesa sagonese, aveva ottenuto di poter versare alla Camera apostolica una parte soltanto dei "servitia communia" cui sarebbe stato tenuto, e che era riuscito inoltre ad avere il condono della differenza della somma dovuta. Trasferito il 6 febbr. 1443alla diocesi di Savona, il C. ricevette alla medesima data la commenda della prepositura di S. Siro a San Romolo in diocesi di Albenga, e la commenda dei redditi di alcuni "luoghi" del debito pubblico genovese di proprietà del monastero cisterciense di S. Maria di Casanova in diocesi di Torino. Sede senza dubbio migliore della precedente, quella di Savona era infatti pur sempre assai povera: i redditi della mensa vescovile non superavano la somma annua di 140 fiorini di camera. Nel gennaio del 1444 il C. risulta anche commendatario del monastero cisterciense di S. Maria di Peravallo, in diocesi diGenova. Forse in tal modo si era intesa compensare la fedele e intelligente collaborazione che egli sembra aver prestato a Eugenio IV, in un momento difficile per quel pontefice, per risolvere un problema particolarmente delicato. Nel luglio del 1443 il C. era stato infatti incaricato di compiere la visita pastorale "in capitibus et membris" di tutti i luoghi consacrati - esenti e non esenti - della città e diocesi di Siena, visita che il titolare, vecchio e malato, non era in grado di affrontare. Il visitatore doveva dunque correggere nella sua missione storture ed abusi insorti per incuria, negligenza, "ac aliis diversis occasionibus". Divenuto "continuo commensale" del pontefice, nel marzo del 1444 il C. ottenne da Eugenio IV un salvacondotto che lo autorizzava a recarsi "per diversas mundi partes" a sbrigare affari suoi personali, o del pontefice o della Chiesa. Da allora i viaggi, che egli compì e che ebbero sempre come punto di riferimento Roma, lo portarono spesso anche in Liguria, come nel 1445, quando a Genova presenziò all'insediamento del nuovo abate di S. Siro: infatti, anche se il C. svolse la maggior parte della sua attività a Roma e nei territori di dominio pontificio, i suoi interessi sembrano tuttavia gravitare sempre verso la Liguria.
Nominato, fin dal maggio 1447, da Niccolò V governatore della città e del territorio di Todi, il C. "difese con valorose scritture i diritti del Comune" (Semeria). Non sappiamo quando venne sollevato dal suo incarico nella città umbra, dove si trovava ancora nel dicembre del 1451; è certo che il 2 ag. 1453 il C. si trovava a Genova, quando Paolo di Campofregoso, da poco creato amministratore di quella arcidiocesi, gli delegò l'esercizio delle proprie funzioni. Da allora il C., investito di ampi poteri amministrativi e giurisdizionali, ebbe modo di pronunciare giudizi e di dirimere complesse e spesso lunghe vertenze in cui si trovarono coinvolti personaggi particolarmente potenti e che investivano interessi materiali di notevole rilievo. Tra l'altro, il papa gli affidò la soluzione di una vertenza riguardante il lebbrosario di Genova, sottraendola alla competenza della Curia romana. A Genova il C. rimase almeno sino al 1456, anno in cui nel giorno di Pentecoste ordinò sacerdote Paolo di Campofregoso, e ne ricevette il giuramento arcivescovile.
In questi anni, da Genova, il C. continuò a curare anche l'amministrazione e gli interessi della sua diocesi la cui situazione richiedeva interventi decisi e coerenti: Urbano VI aveva privato la mensa episcopale di Savona di beni immobili e di diritti signorili, trasferiti al Comune di Genova in cambio di alcuni servizi resi alla Sede apostolica; il palazzo vescovile, semidistrutto in seguito alle lunghe guerre, era divenuto inabitabile. Per far fronte alle spese necessarie alle opere di riattamento e di ampliamento dell'edificio dell'episcopio, il C. non esitò ad intraprendere una azione tenace per estromettere i fraticelli "qui se Pauperes apostolos nominant" ed annetterne le case, che erano contigue al diruto palazzo episcopale. Per rinsanguare le risorse finanziarie della mensa vescovile, si orientò verso una sistematica sostituzione delle terre improduttive con altre più redditizie; e non trascurò neppure investimenti più sicuri o più allettanti, come quelli delle compere genovesi e savonesi. Né dimenticò la sua situazione personale: la commenda di S. Maria di Peravallo venne sostituita - fin dal 1448 - con quella del priorato di S. Michele in Genova, alla quale si aggiunse, sempre a Genova, nel 1457, quella dell'altro e più ricco priorato di S. Vittore. Nel 1458, in cambio delle terre assegnate alla sede vescovile di Noli, sollecitò per la Chiesa di Savona l'abbazia cisterciente di S. Andrea di Sestri, una delle più ricche della zona, di notevole importanza strategica. La stessa sollecitudine di rinnovamento e di riforma il C. manifestò anche nel campo strettamente religioso e pastorale. Nel corso del suo pontificato impose nuove costituzioni al clero savonese, decretò la perdita dei benefici per i non residenti, pubblicò le indulgenze per la difesa di Caffa (e nella sola sua diocesi si raccolsero ben 12.000 libbre), allontanò i "poveri fraticelli" e favorì gli osservanti di Lombardia.
Quali siano state le tendenze e le posizioni politiche del C., ignoriamo. Una sua lettera del maggio 1465 inviata a Francesco Sforza allora signore di Genova attesta al massimo una certa duttilità, che non deve essere stata estranea al suo successo nel mondo della Curia romana. Ed "in Curi", "in papali palatio" il C. si trovò di nuovo a partire dal 1460: in questi anni egli dovette rinsaldare i suoilegami con il futuro papa Paolo II. Il vescovo di Savona viene infatti ricordato fra i "viri doctrina virtuteque omni probatissimi", che furono familiari e maestri di questo pontefice. Ma il C. riteneva di poter contare anche sull'appoggio dello stesso Sforza, sollecitato a sua volta a raccomandare il presule ligure a Roma, e in forme non elusive. "Profecto integerrimus et humillimus inter episcopos solet haberi, vero eius res angusta domi multis virtutibus obstat", lasciò scritto di lui Gaspare da Verona, forse non senza malizia.
Nominato da Paolo II governatore di Orvieto il 10 dic. 1465, e trasferito alla diocesi di Albenga il 5 nov. 1466, dove succedette a Napoleone Fieschi morto in quell'anno, il C. rimase ad Orvieto fino all'estate del 1471, e cioè sino alla morte del pontefice che lo aveva innalzato all'importante carica. Ad Albenga morì nel gennaio del 1472.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Notaio Andrea de Cairo, IX, passim; Notaio Giovanni Loggia, I, passim;Arch. di Stato di Milano, Sezione storica, Autografi, cart. 49, fasc. 6a; Arch. Segr. Vat., Reg. Vat. 367, cc. 188, 282v; 376, c. 51; 420, c. 34; 428, c. 134v; 432, c. 38; 441, c. 118v; 450, c. 178; 455, c. 304v; 473, c. 53; 475, c. 228; 476, c. 41; 542, c. 95; 544, c. 145v; Reg. Later. 392, c. 55; 395, c. 9; 448, c. 1; 503, c. 306; 504, c. 182; 508, c. 49; 532, c. 105; 543, c. 93v; 648, c. 72; 697, c. 5v; Introitus et Exitus 408, c. 7v; 410, c. 33; 419, c. 32; Obligationes et Solutiones 63, c. 74; 64, cc. 297v, 353; 77, c. 42v; 82, c. 34; 83, c. 15; Collectorie 71, c. 32v; Arm.XXXIX, n. 12, c. 15v; n. 14, c. 222; Platinae Liber de vita Christi et omnium pontificum, in Rerum Italic. Script., 2. ediz., III, 1, a cura di G. Gaida, p. 364;M. Canensi, De vita et pontificatu Pauli II, ibid., III, 16, a cura di G. Zippel, p. 79;Gaspare da Verona, De gestis Pauli II, ibid., a cura di G. Zippel, p. 141. Bibl. Apost. Vat., Vat. lat.2963: G. M.Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, f. 164r;Genova, Bibl. universitaria: A. Schiaffino, Annali ecclesiastici della Liguria (ms. sec. XVIII), III, cc. 495, 678; C. Cartari, Advocatorum sacri concistorii Syllabum, Romae 1656, p. 282;A. Oldoini, Athenaeum ligusticum, Perusiae 1680, pp. 524-525; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, cc. 740, 920; G. B. Semeria, I secoli cristiani della Liguria, Torino 1843, Il, pp. 226, 397; G. Rossi, Storia della città e diocesi di Albenga, Albenga 1870, pp. 205-206; G. V. Verzellino, Delle memorie particolari e specialmente degli uomini illustri della città di Savona, Savona 1885, I, pp. 305-307, 318, 321, 601-602; P. M. De La Foata, Recherches et notes diverses sur l'histoire de l'Eglise corse, Bastia 1895, p. 80; G. Pardi, Serie dei supremi magistrati e reggitori di Orvieto dal Principio delle libertà comunali all'anno 1500, in Bull. della Soc. umbra di storia patria, I (1895), p. 413; B. Trifone, Documenti tudertini, in Boll. della R. Deputaz. di storia patria per l'Umbria, XVI (1910), p. 444; L. v. Pastor, Storia dei papi, Roma 1910, I, p. 667;G. E. Bazzano, La sede vescovile di Savona e i vescovi della diocesi, in Atti della Soc. savonese di storia patria, VIII (1925), pp. 83-84; I. Scovazzi-F. Noberasco, Storia di Savona, Savona 1927, II, p. 290; G. B. Casanova, Histoire de l'Eglise corse, Ajaccio 1931, I, pp. 57, 63; I. Ranieri, I vescovi della Corsica, in Archivio storico di Corsica, VII (1931), pp. 49-67; V. Poggi, Cronotassi dei principali magistrati che ressero e amministrarono il Comune di Savona (a. 1421-1470), in Atti della Soc. savonese di storia patria, XVII (1935), pp. 66, 80, 81, 132.