TRUBBIANI, Valeriano
Scultore e incisore, nato a Macerata il 2 dicembre 1937. Conseguito (1956) il diploma all'Istituto d'arte di Macerata, venne a Roma dove frequentò l'Accademia di Belle Arti (1959-60) e prese contatto, tra gli altri, con E. Mannucci, G. Marotta, ed esponenti del Gruppo 58 di Napoli, quali G. Biasi e L. Del Pezzo. Tornato a Villapotenza, presso Macerata (1960), realizza i suoi lavori scultorei nell'officina del padre (fabbro ferraio specializzato nel riparare attrezzi agricoli), un luogo significativo per T. sia per le esperienze tecnico-artigianali sia per la forza evocatrice di antiche memorie. Trasferitosi ad Ancona (1968) e a Candia (1976), in una casa da lui progettata, dopo essere stato sino al 1972 titolare della cattedra di Arte dei metalli all'Istituto d'arte di Ancona, ha insegnato Scultura all'Accademia di Belle Arti di Macerata sino al 1983. Iniziata alla fine degli anni Cinquanta, la sua attività espositiva è stata intensa a livello sia di rassegne internazionali (Biennale dei giovani artisti a Parigi, 1963; Biennale di San Paolo del Brasile, 1965; Biennale di Venezia, 1966, 1972 con sala personale, 1976; Triennale europea di scultura a Parigi, 1978, ecc.), sia di mostre personali (di particolare ampiezza l'antologica organizzata dal comune di Ancona nel 1979; quella dedicata alla grafica nel Palazzo del Capitano del Popolo a Reggio Emilia nel 1985; la manifestazione Laudibus Leopardi a Recanati nel 1987). Nel 1988 T. ha partecipato con una Colonnapapera in pietra serena e rame al percorso architettonico di sculture Campo del sole a Tuoro sul Trasimeno. Tra i riconoscimenti si segnalano i premi alla Biennale del metallo a Gubbio (1967) e alla Biennale di Alessandria d'Egitto (1970); il premio Bolaffi 1974 e la nomina ad Accademico di San Luca nel 1989. Alle varie edizioni di cartelle di grafica e di illustrazioni di libri T. ha affiancato le realizzazioni di film e la collaborazione alla scenografia di E la nave va di F. Fellini.
Dopo un esordio come pittore di estrazione espressionista-surreale, già alla fine degli anni Cinquanta T. si orienta verso la scultura: con accidentati filamenti e spessori più consistenti di ferro, lavorati a fuoco e saldati, delinea esili parvenze figurali di matrice segnico-materica; con altri materiali metallici, anche di recupero, compone personaggi grotteschi o immagini insolite (Embrioni, Radici), tra evidenze organiche e ricordi di attrezzi arcaici. Attraverso un processo di smontaggio e modifica di relitti e di elementi preesistenti e attraverso un crescente uso contaminatorio di oggetti ready-made, di calchi e di pezzi direttamente modellati, trova soluzioni di ''nuova figurazione'' con intenti estranianti. Dopo le macchine belliche, allarmanti strumenti di tortura, e dopo strutture di complessa presenza iconica, dalla fine degli anni Sessanta T. invade lo spazio con installazioni di ossessivo impatto visivo e di ''agghiacciante'' fissità pure nella sequenza narrativa (riproposte spesso nel tempo con notevoli varianti anche in ambienti aperti), che insistono su tematiche quali Ludi funeralia, Le morte stagioni, Stato d'assedio, Ractus-ractus: stato d'assedio, Silenzio del giorno. Il ciclo espresso dal suo emblematico Bestiario (gabbiani, anatre, gufi, tucani, rane, topi, pipistrelli a volte in strani connubi, bloccati da uncini, corde, trappole, catene, ruote dentate e talora con occhi di bambola dalle lunghe ciglia) costituisce un allucinante repertorio di vittime e carnefici e di inesorabili supplizi. Negli anni Ottanta seguiranno ulteriori paradossali e surreali racconti di mare, racconti di terra, città turrite, ecc., in un assemblaggio evocativo di memorie disparate, di sinistri presagi e partecipe della "crudeltà della creazione" di cui s'intende indagare il senso. Combinando con "inverosimile verosimiglianza" cose ed esseri della realtà naturale tra passato e presente con fantasia visionaria, T. crea immagini ''artificiose'' con plurime valenze simboliche. Come denuncia dei mali della società (dai miti meccanico-tecnologici, ai disagi dell'alienazione, alla violenza della sopraffazione) T. rappresenta una metafora visiva, talora enigmatica o di ambigua interpretazione, del destino dell'uomo gravemente incombente. Vedi tav. f.t.
Bibl.: E. Crispolti, E. Sanguineti, Valeriano Trubbiani, Roma 1963; G. Marchiori, Becchi ghigliottine peccatori, Sassoferrato 1967; G.C. Argan, Valeriano Trubbiani, Galleria Forni, Amsterdam 1975; AA.VV., Valeriano Trubbiani, Ancona 1976; Valeriano Trubbiani: mostra antologica 1958-1979, a cura di F. De Santi, Palazzo Bosdari ad Ancona, Bologna 1979; E. Di Martino, Valeriano Trubbiani: mostra antologica dell'opera grafica (1965-1985), Palazzo del Capitano del Popolo, Reggio Emilia 1985; R. Bossaglia, Trubbiani ''insula felix'', Galleria La Margherita, Roma 1986; R. Minore, V. Apuleo, Laudibus Leopardi, 1970-1987 opere leopardiane di Trubbiani, Palazzo municipale, Recanati 1987; C. Bo, A. Borioni, V. Trubbiani, Leopardi figurato da Trubbiani, ivi 1987; E. Crispolti, Trubbiani, 2 voll., Bologna 1990 (con bibl.).