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VALERIANO imperatore

di Gastone M. Bersanetti - Enciclopedia Italiana (1937)
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VALERIANO imperatore (P. Licinius Valerianus)

Gastone M. Bersanetti

Era di nobile origine. Scarse o malsicure le notizie sulla sua vita e specialmente sul periodo precedente a quello dell'impero. Rivestì il I consolato prima del 238. Non è chiaro quale parte avesse nel 238 durante la sollevazione dei Gordiani. Sotto Decio dovette occupare un posto importantissimo nel governo dell'impero, per quanto sia da respingere la notizia della Storia Augusta che ne fa un censore con estesi poteri, scelto dal senato per invito di Decio: il compito che l'imperatore gli affidò sembra essere stato quello di sostituirlo all'interno e di curare particolarmente l'esecuzione delle misure contro i cristiani, mentre egli era occupato alla frontiera a tenere testa ai barbari. Nel 253 (o 252) V. si trovava nella Rezia, esercitando funzioni la cui natura ed estensione è difficile precisare ed era incaricato da Treboniano Gallo di radunare milizie per combattere l'usurpatore Emiliano. Avvenuta la morte di Treboniano, prima che V. potesse intervenire, le truppe ai suoi ordini nella Rezia, lo acclamarono imperatore. Alla notizia dell'avanzarsi di V. i soldati uccisero Emiliano e passarono a V. Il senato lo riconobbe volentieri e con le migliori speranze (253). V. prese subito come correggente il figlio Gallieno. Data la situazione militare difficilissima, perché i nemici premevano sulle frontiere nei punti più distanti, dall'Africa al Danubio, dal Reno all'Eufrate, V., ritenendo impossibile di tenere da solo il comando supremo, decise di dividere col figlio il compito della difesa dell'impero, affidandogli la condotta della guerra in Occidente, mentre egli si riservava la direzione delle operazioni nelle provincie orientali. Qui i Persiani di Sapore I invadevano la Siria e pare occupassero temporaneamente Antiochia nel 255 o 256. Recatosi in Oriente, V. si preoccupò anzitutto di ristabilire la situazione nella Siria, dove andò personalmente, ponendo il quartiere generale ad Antiochia, e si valse della collaborazione di Successiano, che richiamò da Pityus sul Ponto, da lui difesa vittoriosamente contro l'attacco dei Borani. Riportò sui Persiani dei successi, celebrati sulle monete, dove appare anche esaltato come Restitutor Orientis. Avvenuta l'invasione dei Goti nell'Asia Minore, V. inviò a Bisanzio, perché provvedesse alla difesa, un generale Felice non meglio conosciuto e in persona si avanzò con l'esercito da Antiochia nella Cappadocia, per ritornare però indietro subito dopo, giacché i nemici erano in ritirata alla volta delle loro sedi. Ma Sapore, ripresa l'offensiva, stringeva d'assedio Edessa. V., il cui esercito era stato colpito da una pestilenza che vi aveva fatto strage, dapprima esitò ad andare in soccorso della città, poi vi si decise, e questo provocò la catastrofe per cui un imperatore romano cadde nelle mani dei Persiani e finì la sua vita in prigionia. Come avvenne la cattura di V. non è chiaro. Quale data dell'avvenimento comunemente si indica il 260, qualcuno però pone in quest'anno la morte di V., nel 259 la sua cattura; è stato fatto anche il tentativo di porre questa nel 257, ma a torto, perché documenti e avvenimenti impediscono di risalire al di là del 259. Ad ogni modo si può far finire con certezza il periodo dell'impero di V. col 260.

Sulla politica interna di V. scarse in generale o poco attendibili sono le notizie. È lecito tuttavia affermare che essa fu ispirata a un indirizzo conservatore e al buon accordo col senato: questo si può dedurre dalla politica di Gallieno che fu del tutto in contrasto con quella del padre e dall'unica misura di V. su cui siamo esattamente informati, la persecuzione contro i cristiani. Dopo essere stato per alcuni anni tollerante verso il cristianesimo, V. riprese con maggior vigore la politica di restaurazione religiosa di Decio, promulgando nel 257 un primo editto con cui esigeva dai cristiani l'osservanza delle cerimonie del culto statale, vietava loro di riunirsi in assemblea e di entrare nei cimiteri, che confiscò insieme con tutti i beni dei cristiani. Ben più duro il secondo editto emanato nel 258 con cui puniva con la morte i vescovi, i preti, i diaconi e anche i senatori, i cavalieri e gli alti funzionarî dello stato che dopo la perdita della loro dignità continuassero a professare la fede cristiana; per altri disponeva l'esilio, la confisca dei beni e i lavori forzati. Sull'esecuzione del II editto nelle varie provincie non molte le notizie, ma ce ne sono abbastanza particolareggiate per Roma, l'Africa e la Spagna Tarraconese. Le vittime più illustri furono a Roma S. Sisto II e S. Lorenzo, in Africa S. Cipriano.

Bibl.: L. Wickert, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, coll. 488-495 (con la bibl. precedente); H. M. D. Parker, A History of the Roman World from a. D. 138 to 337, Londra [1935], pp. 158, 159, 166-171. Cfr. P. H. Webb, The Roman Imperial Coinage, V, i, Londra 1927, pp. 27-62; M. Besnier, La Censure de Valérien, in Mélanges Glotz, I, Parigi 1932, pp. 85-91; E. Stein, Die kaiserlichen Beamten und Truppenkörper im römischen Deutschland unter dem Prinzipat, Vienna 1932, p. 118; E. Kornemann, Doppelprinzipat und Reichsteilung im Imperium Romanum, Lipsia-Berlino 1930, p. 102; J. Carcopino, L'insurrection de 253, ecc., in Revue Africaine, LX (1919), p. 365 segg.; A. R. Bellinger, in The Excavations at Dura-Europos, IV (1931), p. 260 segg.; VI (1936), p. 470 segg.; A. Podebard, La trace de Rome dans le désert de Syrie. Texte, Parigi 1934, pp. 52, 72; L. Schmidt, Geschichte der deutschen Stämme. Die Ostgermanen, Monaco 1934, pp. 209-214; A. Schenk von Stauffenberg, Die römische Kaisergeschichte bei Malalas, Stoccarda 1931, pp. 366-76; M. Rostovzev, Storia economica e sociale dell'Impero Romano, ediz. ital., Firenze 1933, pp. 318, n. 515, 516, 555; id., Città carovaniere, Bari 1934, pp. 106, 108, 197; St. Bolin, Die Chronologie der gallischen Kaiser, Lund 1932; H. Mattingly, Tribunicia Potest., in Journal of Roman Studies, XX (1930), pp. 88-91; id., The Reign of Aemilian, ibid., XXV (1935), pp. 55-58; P. J. Healy, The Valerian Persecution, Boston-New York 1905; A. Manaresi, L'Impero Romano e il cristianesimo, Torino 1914, pp. 387-402; E. Caspar, Geschichte des Papsttums, I, Tubinga 1930, pp. 70-72, 74, 84-85.

Vedi anche
Gallièno Gallièno (lat. P. Licinius Egnatius Gallienus). - Imperatore romano (218 circa - 268 d. C.), figlio dell'imperatore Valeriano, regnò insieme col padre dal 253 al 260, esplicando un'attività esclusivamente militare. Liberò la Gallia dall'invasione degli Alamanni e forse anche da quella dei Franchi; batté ... Sisto II papa, santo. - Successore (m. Roma 258) di Stefano I. Greco di origine, eletto papa (257), ereditò dal predecessore una situazione piuttosto tesa con le Chiese africane e orientali per la questione battesimale e cercò di realizzare l'accordo, riprendendo i rapporti con la Chiesa di Cartagine. Subì il ... Cipriano ‹-i-à-›. - Nome di alcuni santi. 1. Cipriano di Cartagine (lat. Caecilius Cyprianus qui est Thascius). - Vescovo di Cartagine e padre della Chiesa (Cartagine 205 circa - ivi 258). Retore, convertito circa quarantenne al cristianesimo, fu presto ordinato sacerdote e vescovo (249). Scoppiata (250) la persecuzione ... detto il Gotico Clàudio II imperatore Clàudio II imperatore, detto il Gotico (lat. M. Aurelius Claudius Augustus). - Nato in Dalmazia nel 219 d. Claudio II imperatore, detto il Gotico, fu imperatore romano dal 268 al 270. Affermatosi presto come valente ufficiale, ricevé importanti incarichi militari e fu poi valido collaboratore di Valeriano ...
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Vocabolario
imperatóre
imperatore imperatóre (ant. e poet. imperadóre) s. m. [dal lat. imperator -oris, der. di imperare «esercitare il supremo potere, comandare»]. – 1. a. Nell’antica Roma, denominazione che originariamente indicava chi era investito di una...
valerico
valerico valèrico agg. [tratto da valer(ian)ico]. – Acido v., lo stesso che acido valerianico.
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