VALENZA
Chimica. - La valenza di un elemento indica il numero di atomi d'idrogeno con cui un atomo dell'elemento si può combinare. Così per esempio, nei composti idrogenati HCl, H2O, NH3, CH4, il cloro è monovalente, l'ossigeno bivalente, l'azoto trivalente, il carbonio tetravalente.
Qualora l'elemento non si combini con l'idrogeno, la sua valenza può essere dedotta dal numero di atomi di elementi monovalenti con cui un suo atomo si combina. Così, ad esempio, nei composti KCl, BaCl2, AlCl3, TiCl4, il potassio è monovalente, il bario bivalente, l'alluminio trivalente, il titanio tetravalente.
La valenza così definita viene anche chiamata valenza formale, per distinguerla dalla valenza elettrochimica o elettrovalenza, che è uguale al numero di cariche elettriche che spettano ad ogni atomo dell'elemento nei varî composti. Come unità di carica, s'intende quella posseduta da un grammo ione idrogeno: essa è uguale a 96.490 coulomb, e si chiama faraday. (Un singolo ione idrogeno avrà invece una carica
unità elettrostatiche assolute).
A seconda che gli atomi di un elemento siano provvisti, nei composti, di carica positiva o negativa, si parla di elettrovalenza positiva o negativa. Essa si misura col numero di faraday che sono necessarî per liberare un grammoatomo dell'elemento dalla molecola di cui fa parte. Così, per esempio, per poter separare un grammoatomo di cromo da una soluzione di cromato, sono necessarî sei faraday, e perciò il cromo si dice esavalente.
Se due elementi che hanno la stessa valenza si uniscono per formare una molecola, la loro unione avverrà atomo per atomo. Così si ha H−Cl, H−H, Mg=O, O=O, N⊄N, Si⊄C.
Se essi hanno valenza diversa e la valenza di un elemento è multipla di quella dell'altro, l'atomo a valenza superiore si combinerà con un numero di atomi a valenza inferiore corrispondente al rapporto delle valenze. Così, si ha: BaIICl2, NIIIH3, CIVH4, PVCl5, SiIVO2, CIVO2, ecc.
Se il rapporto delle loro valenze è un numero non intero allora si divide il prodotto delle valenze per quella di ciascun atomo, e si ottiene così il numero di atomi di ogni elemento che entra a far parte del composto.
Così si ha: As2IIIO3, As2VO5, P2VO5, Cl2VIIO7.
Dagli esempî sopra riportati, si vede che alcuni elementi non mostrano sempre nei varî composti la stessa valenza; dobbiamo anzi aggiungere che la maggior parte degli elementi presenta diversi gradi di valenza. Così il ferro è bivalente in FeCl2, trivalente in FeCl3; lo stagno è bivalente in SnCl2, tetravalente in SnCl4; lo zolfo è bivalente in H2S, esavalente in SO3; il cloro è monovalente in HCl ed eptavalente in Cl2O7.
Non è sempre possibile dedurre la valenza di un elemento conoscendo soltanto la formula del composto di cui fa parte; così, ad esempio, nei due composti
il piombo e il bario sono rispettivamente tetravalente e bivalente. In questo caso, per dedurre la valenza, occorre tener presente la formula di costituzione o di struttura, alla quale si giunge attraverso la conoscenza delle proprietà dei composti. In altri casi le formule si possono rappresentare in modo che la valenza può essere facilmente dedotta. Così, ad es., nell'acido fosforico H3PO4 la valenza del fosforo si può dedurre scrivendo le formule dei suoi costituenti: 2H3PO4=3H2O + P2O5. Si vede subito che il fosforo nell'anidride fosforica è pentavalente. Così nel nitrato d'argento AgNO3 si può dedurre la valenza dell'azoto ricordando che AgNO3 si può considerare costituito da un ossido basico Ag2O, e un ossido acido o anidride, N2O5, secondo lo schema: 2AgNO3=Ag2O + N2O5. Si vede allora subito che l'argento è monovalente e l'azoto è pentavalente.
La valenza e il sistema periodico degli elementi. - Una sistematica delle relazioni di valenza fra gli elementi si ha nel sistema periodico (v.). Se si ammette con D. Mendeleev che nei composti con l'ossigeno gli elementi mostrano la loro massima valenza, si può vedere che questa in genere coincide col numero del gruppo a cui ciascun elemento appartiene. Se si considera invece il potere di combinazione degli elementi verso l'idrogeno, si vede che la valenza massima cresce fino al quarto gruppo, e poi diminuisce.
La valenza massima degli elementi dipende perciò dalla natura degli elementi con cui essi entrano in combinazione. I tipi di composti che vengono formati dagli elementi dei varî gruppi del sistema periodico con l'idrogeno e l'ossigeno sono rappresentati nella tabella che segue:
Questa regola presenta due eccezioni: gli elementi oro e rame del primo gruppo possono mostrare valenza maggiore di 1 e fra gli elementi del gruppo ottavo soltanto rutenio e osmio formano ossidi del tipo RO4, mentre le valenze più comuni sono 2 e 3 per ferro e cobalto, rutenio, osmio e iridio; 2 e 4 per palladio e platino.
È interessante osservare che, quando un elemento presenta diversi gradi di valenza, per ciascun grado si comporta in maniera analoga agli elementi del gruppo del sistema periodico che hanno come valenza massima quella che l'elemento possiede nelle condizioni che si considerano.
Così, per es., il ferro bivalente ha molte analogie col magnesio, e lo sostituisce per isomorfismo in molti composti; il ferro trivalente è analogo all'alluminio, e lo sostituisce negli ossidi e negli allumi.
Numerose sono le teorie che hanno cercato di spiegare la valenza; la prima, che risale a Berzelius (1812), ammette che le forze che agiscono fra gli atomi siano esclusivamente elettrostatiche. Secondo tale teoria, la molecola di cloruro sodico (NaCl) è tenuta insieme dall'attrazione di una carica positiva del sodio con una carica negativa del cloro. Questa teoria fu abbandonata, perché non riusciva a spiegare molti fenomeni della chimica organica, e fu sostituita più tardi da quelle di Dumas, Werner, Thomson, Drude. Soltanto quando fu stabilito il significato del numero atomico e ne fu determinato il valore per ogni elemento, furono emesse le teorie di W. Kossel e di Lewis-Langmuir, le quali, pur basandosi sopra un modello atomico statico (avente cioè gli elettroni in posizioni fisse e perciò oggi non più accettabile), sono giunte a risultati notevoli, che coincidono con quelli ottenuti dall'applicazione della meccanica ondulatoria.
L' affinità chimica, e quindi il potere di combinazione, dipendono essenzialmente dalla struttura dell'atomo degli elementi, e più precisamente dalla distribuzione degli elettroni in diversi livelli energetici (v. atomo; nucleo; omopolari ed eteropolari, legami; quanti, teoria dei).
Gli elettroni dello strato esterno sono infatti quelli che determinano le proprietà chimiche e caratterizzano la valenza: così l'idrogeno è monovalente, e monovalente è il litio, mentre l'elio, che ha una configurazione elettronica caratterizzata da una particolare stabilità, è zerovalente.
Il berillio ha due elettroni sull'orbita monoquantica e due sull'orbita biquantica: è perciò bivalente; il boro, con tre elettroni sull'orbita biquantica, è trivalente, ecc. Sulla stessa orbita biquantica possono trovar posto al massimo otto elettroni e l'elemento che li possiede è il neo che ha perciò le stesse proprietà dell'elio. Il sodio, che segue immediatamente al neo, ha il suo undicesimo elettrone sull'orbita triquantica, ed è perciò monovalente come il litio; il magnesio ha sulla stessa orbita due elettroni di valenza ed è perciò analogo al berillio; l'alluminio è trivalente come il boro, e così via. Si spiega così perché gli elementi del 1° gruppo del sistema periodico sono monovalenti, quelli del 2° gruppo bivalenti, i gas nobili zerovalenti; e si può anche comprendere come la periodicità che si osserva nella distribuzione degli elettroni esterni col crescere del numero atomico degli elementi, importi una variazione regolare e periodica della valenza degli elementi.
La configurazione elettronica delle orbite esterne rende conto inoltre dell'analogia di comportamento degli elementi del gruppo 8° e degli elementi del gruppo delle terre rare che sono compresi fra i numeri d'ordine 57 e 71. Per gli elementi delle terre rare è noto infatti che, a mano mano che cresce il numero atomico, il nuovo elettrone non si dispone nello strato esterno, bensì precipita in un'orbita interna, senza perciò che ne risulti modificata sensibilmente la valenza.
Si spiega infine come alcuni elementi, quali azoto, rame, ferro, arsenico, fosforo, possono mostrare nei loro composti gradi di valenza differenti, corrispondentemente alla perdita o all'acquisto di un diverso numero di elettroni.
Teorie di Kossel e Lewis-Langmuir. - Secondo W. Kossel e N. Lewis, tutti gli atomi, quando si combinano per formare un composto, tendono ad assumere una configurazione elettronica dell'orbita esterna corrispondente a quella dei gas inerti. Consideriamo infatti, col Kossel, un gruppo di 5 elementi, due da ogni lato di un gas inerte. Il numero degli elettroni da essi posseduto e la loro valenza vengono rappresentati nel seguente specchietto:
Il neo ha 10 elettroni, di cui 2 su una prima, e 8 su una seconda orbita. Degli altri elementi, ossigeno e fluoro hanno due elettroni sulla prima orbita e rispettivamente 6 e 7 sulla seconda; il sodio e il magnesio hanno 2 elettroni sulla prima, 8 sulla seconda, e rispettivamente 1 e 2 elettroni sulla terza orbita. La configurazione del neo può quindi essere raggiunta dal fluoro e dall'ossigeno mediante l'acquisto di 1 o 2 elettroni; sodio e magnesio invece possono acquistare la configurazione stabile, perdendo rispettivamente 1 o 2 elettroni.
Ne consegue perciò che l'ossigeno tende a guadagnare 2 elettroni e a formare quindi un ione negativo bivalente; il fluoro uno ione monovalente; il sodio e il magnesio invece tendono a perdere elettroni, e a formare ioni positivi, o cationi, rispettivamente mono e bivalenti.
L'elemento che ha tendeza a cedere elettroni, diventando catione, si chiama elettropositivo; quello che ha tendenza ad assumere elettroni, si chiama elettronegativo. La tendenza a formare ioni positivi o negativi in generale si chiama elettroaffinità. Per alcuni elementi, l'elettroaffinità è così piccola, che la formazione di ioni ha luogo difficilmente, come per boro, carbonio e azoto. Composti i quali risultano costituiti da particelle manifestamente provviste di carica opposta, si chiamano eteropolari; quelli invece per i quali non risulta evidente la distinzione fra le due cariche opposte si chiamano omeopolari (v. omopolari ed eteropolari, legami).
Nella combinazione di un elemento elettronegativo con uno elettropositivo, p. es., fluoro e sodio, il primo può facilmente prendere l'elettrone che il secondo cede, e si forma così il fluoruro sodico stabile:
Nello schema segnato, i puntini rappresentano gli elettroni di valenza esterni.
La valenza di un elemento si può definire, secondo Kossel, come il numero di elettroni che esso deve perdere, se elettropositivo, o acquistare, se elettronegativo, per raggiungere la stessa configurazione elettronica di un gas inerte. E però se il sodio può cedere un elettrone, esso può raggiungere egualmente la configurazione elettronica di un gas nobile, acquistandone 7; così il calcio può assumere la configurazione stabile, o cedendo 2 elettroni, o acquistandone 6. Perciò il numero di elettroni di valenza che si possono cedere o acquistare perché l'elemento assuma la configurazione stabile, è rappresentato nella tabella che segue, per i varî gruppi del sistema periodico:
Occorre però far notare che la tendenza a completare lo strato esterno, si manifesta quando su detto strato preesiste almeno la metà degli elettroni. Se è presente un numero minore di elettroni, c'è tendenza a cederli. Così si spiega perché l'azoto forma con l'idrogeno un composto NH3, l'ossigeno OH2, il fluoro HF.
Una posizione particolare possiede l'idrogeno. Esso infatti può conseguire una configurazione elettronica stabile, sia perdendo un elettrone, e trasformandosi in protone, come succede nell'HCl, sia assumendo un elettrone, e raggiungendo così la configurazione stabile dell'elio come negl'idruri.
Lo specchietto sopra riportato rende conto del classico postulato di Abegg, che la somma delle valenze positive e negative di un elemento è uguale a 8.
La teoria di Kossel si riferisce essenzialmente alle combinazioni polari o ioniche che s'incontrano ordinariamente nei composti minerali. Vi sono però molecole, come SO2, CO2, H2, O2, Cl2, N2, nelle quali non è possibile ritenere che vi sia cessione di elettroni tra gli atomi che le compongono. La natura dei legami che intervengono in questo caso è stata chiarita da Lewis. Egli ha ammesso che la combinazione chimica è provocata dalla tendenza che hanno gli elettroni extranucleari a distribuirsi fra gli atomi, in modo da formare configurazioni stabili del tipo dei gas inerti; ma, mentre per i composti ionici questo si verifica mediante un trasferimento di elettroni da un elemento elettropositivo (per es., sodio) a uno elettronegativo (per es., fluoro), in queste combinazioni si ammette che la saturazione reciproca possa avvenire senza che gli elettroni si trasferiscono da un elemento all'altro. Così, per es., il fluoro ha 7 elettroni periferici, mentre ne occorrono 8 per avere una configurazione stabile: due atomi di fluoro si scambiano un elettrone e formano la molecola F2 secondo lo schema seguente:
Ogni atomo di fluoro pertanto completa il proprio strato esterno di 8 elettroni (o "ottetto" di elettroni) pur avendo in questo caso un numero di elettroni periferico inferiore a 8.
Langmuir chiamò elettrovalenza il primo tipo di combinazione, covalenza il secondo. Quest'ultimo interessa generalmente, sebbene non sempre, elementi elettronegativi.
Come si vede dagli esempî riportati, ogni coppia di elettroni scambiati corrisponde al legame ordinario di valenza. Così ad esempio l'azoto, con 7 elettroni, di cui 5 nello strato esterno, ha bisogno di 3 elettroni per completare il suo ottetto. L'atomo d'idrogeno invece ha un solo elettrone, e l'orbita più stabile che gli compete è quella dell'elio, cioè quella con 2 elettroni. I due atomi si uniscono perciò per completare i loro strati esterni, secondo lo schema seguente:
Un legame omeopolare semplice corrisponde a un doppietto elettronico. Allo stesso modo, se due atomi sono uniti da un doppio legame, scambiano fra loro due coppie di elettroni: così, per la molecola dell'ossigeno si ha:
Nel triplo legame si ha scambio di tre doppietti, es.
Di molecole biatomiche costituite da atomi tetravalenti non si conoscono esempî, perché questo caso importerebbe una disposizione di 8 elettroni su un unico piano. Si conoscono molecole tetravalenti, ma queste contengono un numero enorme di atomi, come, per es., il carbonio nel diamante.
Il significato fisico del doppietto elettronico è stato spiegato dalla meccanica ondulatoria, grazie alle ricerche di London e Heitler. Quando due atomi d'idrogeno si avvicinano l'uno all'altro, le atmosfere elettroniche possono fondersi in una sola, e i due elettroni, fisicamente indistinguibili, possono scambiarsi i loro posti e passare da un'orbita all'altra: ciò avviene però soltanto se i due atomi posseggono due elettroni a spin antiparalleli, perché, secondo London, due elettroni a spin paralleli si respingono. Si avrà quindi la possibilità di un legame omeopolare solo quando vi sono elettroni a spin non compensati; e il numero di valenze omeopolari che l'atomo può mettere in gioco è dato dal numero di spin non compensati che esso possiede.
Oltre a questi due tipi di valenza, se ne conosce un altro, cioè la valenza di coordinazione; di questa ci occuperemo in seguito. Le forze che assicurano la coesione nei reticoli metallici e che intervengono nella formazione delle leghe costituiscono infine il legame metallico e sono considerate a parte nella voce metalli.
Proprietà dei composti elettrovalenti. - Un criterio per stabilire se gli elementi che costituiscono un cristallo sono tenuti o no insieme da elettrovalenze è lo studio della struttura di esso mediante i raggi X. L'intensità dei raggi X diffratti o assorbiti dagli atomi di un composto cristallino dipende essenzialmente dal numero degli elettroni esterni posseduti da ogni atomo. Si può calcolare l'intensità delle righe d'interferenza corrispondenti ai varî piani dell'individuo cristallino, nel caso che essi siano occupati da ioni o da atomi, e confrontarla coi risultati sperimentali. Studî di questo genere hanno consentito di stabilire che, accanto a cristalli costituiti da reticoli ionici, o, come anche si chiamano, polari, se ne trovano altri costituiti da reticoli atomici, i quali non mostrano alcuna polarità. I composti con reticolo di questo tipo si chiamano apolari.
Quando due atomi sono uniti fra loro da un'elettrovalenza, come, ad esempio, nel caso del fluoruro di sodio, l'individuo chimico che ne risulta è costituito non più dagli atomi iniziali, bensì dagli ioni di carica opposta, i quali sono attratti da forze di natura elettrostatica o coulombiana. Così nel cloruro di sodio solido gli elementi costitutivi del cristallo non sono molecole NaCl, ma ioni Na+ e ioni Cl-. La struttura ionica rende conto, di conseguenza, dell'isomorfismo del fluoruro sodico con l'ossido di magnesio. Gli ioni Na+ e Mg++ hanno numeri eguali di elettroni periferici; e lo stesso si verifica per gli ioni F- ed O=. Altrettanto succede per CaCl2 e K2S: perciò nell'edificio cristallino lo S= costituisce il Ca++ e il K+ il Cl-.
Elettrovalenza e sistema periodico. - Per stabilire il carattere polare di un composto, molte volte si presta anche la misura della conducibilità elettrica allo stato fuso (Biltz e Klemm, Zeit. an. Che., CLII, 1926, pag. 267). Se, per es., si studiano le conducibilità dei cloruri fusi, si vede che essi si possono dividere in due gruppi: quelli che hanno conducibilità elevata, e quelli che hanno conducibilità bassa (fig.1). I primi sono composti polari, gli altri apolari. La differenza di conducibilità fra i due gruppi si spiega tenendo presente che, quando un cristallo a reticolo ionico si trasforma in un liquido, gli ioni diventano capaci di muoversi più liberamente sotto l'influenza di un campo elettrico; nei liquidi invece, risultanti da composti apolari, non sono presenti ioni liberamente movibili, capaci di condurre la corrente.
Lavoro di ionizzazione e affinità per l'elettrone. Finora abbiamo detto che alcuni atomi hanno tendenza ad acquistare, altri a cedere elettroni. Questa tendenza si può esprimere per gli elementi elettropositivi, mediante il lavoro di ionizzazione; per quelli elettronegativi, con l'affinità per l'elettrone.
Nel grafico in figura 2 viene riportato il lavoro di ionizzazione espresso in grandi calorie per gli elementi dall'idrogeno all'ittrio. Le curve I, II, III, IV, V indicano la diminuzione di energia che si ha per l'allontanamento di 1, 2, 3, ecc., elettroni da un atomo dell'elemento in esame, il quale così diventa monovalente, bivalente, trivalente.
Per quel che riguarda l'affinità per l'elettrone, anche questa può essere espressa in grandi calorie e corrisponde alla diminuzione di energia che si ha quando un atomo di un elemento elettronegativo si combina con un elettrone. Riportiamo il valore di quest'affinità per gli alogeni, l'ossigeno e lo zolfo:
Una volta noti questi due valori, si può calcolare anche l'energia che entra in giuoco nella formazione d'un composto polare. Così, ad es., per la formazione del cloruro di potassio entrano in giuoco il lavoro di ionizzazione del potassio, l'affinità del cloro per l'elettrone e inoltre l'energia che risulta dall'attrazione coulombiana dei due ioni. Si calcola così un calore di formazione di circa 94 cal. e sperimentalmente si trova 104 cal.; per il cloruro sodico, si calcolano 87,5 cal. e si trova 99; si ha, come si vede, un accordo abbastanza soddisfacente, dato il semplicismo del calcolo.
Sulle proprietà dei composti polari, ha enorme importanza il grado di valenza degli elementi con cui un atomo entra in combinazione. Un esempio si ha nei tre composti idrogenati HF, H2O, NH3, in cui l'idrogeno è combinato con un elemento monovalente F, bivalente O, trivalente N. Mentre in HF l'idrogeno è legato al fluoro non fortemente, esso è più fortemente legato all'ossigeno nell'acqua, e nell'ammoniaca è legato così fortemente all'azoto, che nella soluzione di quest'ultima non si trovano più quantità apprezzabili di ioni idrogeno. Anzi, NH3 si combina con gli ioni idrogeno dell'acqua, per formare NH4, lasciando liberi gli ossidrili provenienti dalla dissociazione dell'acqua.
Anche il raggio dello ione ha importanza per le proprietà delle sostanze polari. Basta considerare la serie H2O, H2S, H2Se, H2Te. Il raggio dello ione cresce dall'ossigeno al tellurio, e perciò lo ione idrogeno è legato più fortemente all'ossigeno, e in seguito sempre più debolmente agli altri elementi, a mano a mano che ne aumenta il raggio. Ciò risulta chiaramente dalla costante di dissociazione elettrolitica di questi composti, che per l'acqua è 10-14, per H2S è 1 × 10-7, per H2Se 1,7 × 10-4, per H2Te 10-2.
Un esempio che mostra contemporaneamente l'influenza del raggio e della carica degli ioni è dato dai composti NaOH, Mg (OH)2, Al(OH)3, Si (OH)4, PO(OH)3, SO2(OH)2, ClO3OH. In questi composti si può avere formazione di ioni OH- come in NaOH, Mg(OH)2, oppure formazione di ioni H+ come in H3PO4, H2SO4, HClO4. Questo diverso comportamento è legato all'entità della carica e alle dimensioni relative degli atomi fra i quali si stabiliscono i legami. Così in NaOH l'ossigeno è legato sia al sodio sia all'idrogeno; ma, essendo il raggio dello ione Na+ maggiore di quello dello ione H+, allorquando un dielettrico come l'acqua s'interpone tra gli atomi per allentarne i legami, si ha rottura tra il sodio e l'ossigeno, e appaiono in soluzione ioni Na+ e ioni OH-.
In Mg(OH)2 il magnesio è legato a due ioni ossidrili; ma poiché lo ione Mg++ ha una carica doppia di quella dello ione Na+, la rottura dei legami Mg − O avviene più difficilmente, e l'idrossido ha un carattere basico meno energico di NaOH.
In Al(OH)3 lo ione Al+++ che ha una carica tripla di quella del sodio è legato a tre ossidrili; ma poiché le dimensioni dell'Al+++ sono più piccole di quelle dello ione Mg++ e la carica è maggiore, l'ossigeno ri-sulta legato all'atomo centrale di alluminio più fortemente di quanto non sia legato al magnesio in Mg(OH)2; l'idrossido di alluminio può presentare pertanto una scissione sia nel legame Al-O sia nel legame O-H: esso si comporta cioè come elettrolita anfotero.
Nella fig. 3 sono rappresentate graficamente con linee tratteggiate le zone dove si verifica la rottura dei legami che uniscono gli atomi nella molecola dei composti in esame.
La tendenza a dare ioni H+ in soluzione cresce col crescere della carica e col diminuire del raggio dello ione centrale, e così H3PO4, H2SO4, HClO4 dànno in soluzione soltanto ioni H+.
Calore di formazione. - Gli elementi possono il più delle volte dare origine a composti in cui manifestano valenze diverse. È possibile stabilire in varî modi la capacità di esistenza di composti corrispondenti a gradi di valenza inferiori al massimo, calcolando ad esempio, il loro calore di formazione, in quanto sono capaci di esistenza solo i composti che hanno un valore positivo del calore di formazione allo zero assoluto.
Il grafico in fig. 4 rappresenta i calori di formazione di alcuni cloruri di elementi elettropositivi con diverso grado di valenza, calcolati nell'ipotesi che i composti abbiano carattere nettamente polare. Esso mostra che i cloruri più stabili di sodio, magnesio e alluminio sono NaCl, MgCl2, AlCl3; che le combinazioni NeCl, NaCl2, MgCl3, AlCl4. avrebbero calori di formazione negativi; e che inoltre le combinazioni MgCl, AlCl, AlCl2 corrisponderebbero a calori di formazione tanto piccoli, che la loro esistenza sembra poco probabile. Le combinazioni MgCl2 e AlCl3 corrispondono invece rispettivamente a calori di formazione di 151 e 165 cal.
Covalenza. Il principio di Pauli e la molecola dell'idrogeno. - Mentre dei legami elettrovalenti ci si può dare ragione senza fare ipotesi particolari sulla struttura dell'atomo, il legame covalente può essere spiegato soltanto in base al principio di esclusione di Pauli.
Il caso più semplice che si può considerare è la molecola dell'idrogeno. Per il principio di Pauli già enunciato, i due elettroni periferici della molecola dell'idrogeno debbono avere almeno uno dei quattro numeri quantici differente.
Ora, i due elettroni percorrono la stessa orbita, e quindi i tre numeri quantici che la definiscono sono identici; perciò i due elettroni debbono differire per il terzo numero quantico corrispondente al momento di spin, che per uno è uguale a +1/2 e per l'altro a −1/2.
Nella formazione di molecole più complesse, la saturazione delle valenze è sempre regolata dal principio di Pauli. Le proprietà della configurazione elettronica infatti rimangono sempre le stesse, qualunque sia il numero dei nuclei che costituiscono le molecole.
Così può spiegarsi come esistano aggruppamenti di atomi, detti radicali, che sono mono-, bi-, trivalenti, come atomi singoli.
Un atomo di carbonio, ad esempio, se si combina con uno d'idrogeno, che gli dà un elettrone, forma il radicale CH, con la stessa valenza dell'azoto; combinandosi con due atomi d'idrogeno, forma il radicale CH2, con la stessa valenza dell'ossigeno; combinandosi con tre atomi d'idrogeno, forma il radicale CH3, con la stessa valenza del fluoro, e con quattro atomi forma CH4 che ha la configurazione elettronica di un gas nobile (fig 5).
Anche molti radicali, o aggruppamenti di atomi, con proprietà analoghe agli alogeni, e che perciò si chiamano pseudoalogeni, hanno come questi un numero uguale di elettroni esterni, cioè 7. Ricordiamo, ad esempio, i radicali OCN, CNS, CNSe, CNTe, N3, CN. Orbene, essi hanno tutti un numero di elettroni uguale a un multiplo di 8 più 7; così, nel radicale azotidrico N3, ogni atomo di azoto ha 5 elettroni esterni. Tutti e tre avranno perciò 15 (8+ 7) elettroni esterni; nel radicale CNO si ha un numero di elettroni esterni = 4 + 5 + 6 = 15 = 8 + 7.
Il carbonio tetraedrico. - La covalenza implica un legame direzionale, da cui derivano la stereoisomeria, e molte altre proprietà che si riscontrano nei composti organici. Essa ci rende anche conto della equivalenza delle quattro valenze del carbonio e della loro orientazione tetraedrica, concezione che è alla base della chimica organica. Infatti l'atomo di carbonio isolato non ha la forma di un tetraedro, e sono le perturbazioni dovute alle forze elettriche provenienti dagli atomi vicini, che determinano un'orientazione tetraedrica delle quattro coppie di elettroni corrispondenti alla tetravalenza del carbonio.
Il meccanismo di deformazione che porta all'orientazione tetraedrica si può comprendere, immaginando che nell'ottetto di un gas inerte i punti corrispondenti ai centri elettrici degli elettroni si trovino distribuiti su una sfera.
Se gli elettroni sono distribuiti per coppie, la disposizione si deforma; e perché ne risulti una disposizione simmetrica di quattro coppie, occorre ammettere che esse corrispondano esattamente ai vertici di un tetraedro regolare.
La teoria elettronica della valenza rende conto anche della somiglianza fra alcuni composti, apparentemente diversi, come, ad esempio, N2O e CO2. Questi due composti hanno le strutture rappresentate nei due schemi seguenti:
La somma delle cariche nucleari che entrano in giuoco è identica nei due casi, e le proprietà fisiche sono anche molto vicine. Il Langmuir ha chiamato questi composti isoteri.
Doppio legame semipolare. - Uno speciale tipo di covalenza si ha quando tutti e due gli elettroni formanti un legame semplice sono forniti da uno solo dei due atomi o gruppi atomici in esame. Un esempio di questo genere si ha nel cloruro di fosforo; in esso il fosforo ha l'ottetto completo, ma possiede due elettroni che non divide con altri atomi; può cedere perciò due elettroni, ad esempio, a un atomo di ossigeno che completa così il suo ottetto. Si ha così l'ossicloruro di fosforo:
Il composto che prende origine contiene tre legami omeopolari, ed uno eteropolare.
Lo stesso tipo di legame posseggono gli ossidi delle ammine terziarie
che si formano. con un meccanismo di scambio di elettroni analogo a quello dell'ossicloruro di fosforo.
Gli ossiacidi. - Interessante è il tipo di legame che si ritrova negli ossiacidi. Il meccanismo di formazione si può immaginare nel modo seguente: l'atomo di cloro, azoto, zolfo, fosforo, carbonio cede i proprî elettroni agli atomi di ossigeno, ma, perché ne risulti una configurazione elettronica corrispondente a quella del gas nobile, sono necessarî ancora altri elettroni, che possono esser dati da atomi elettropositivi, come idrogeno negli acidi liberi e metalli nei sali. Ne risulta quindi uno ione a più atomi, il quale, a seconda della carica dell'atomo centrale, sarà mono-, bi-, o trivalente.
Le forze di attrazione fra l'atomo centrale e gli atomi di ossigeno che lo circondano sono essenzialmente di natura elettrostatica, perché gli atomi di ossigeno si raggruppano simmetricamente intorno all'atomo centrale. Lo schema che segue rappresenta la valenza di questi ioni, e lo scambio di elettroni fra gli atomi che li costituiscono. Gli elettroni ceduti all'ossigeno, per completare la configurazione elettronica, sono indicati con 0.
Il radicale ammonio. - La configurazione elettronica spiega anche le relazioni tra azoto trivalente e azoto pentavalente, e la struttura del radicale NH4. L'azoto ha 5 elettroni di valenza, e completa il suo ottetto, prendendo tre elettroni da tre atomi d'idrogeno. Ne risulta così un ottetto che presenta tre coppie di elettroni scambiate, e una non scambiata:
Se si addiziona un altro atomo d'idrogeno, questo porta con sé un altro elettrone, e allora gli elettroni di valenza diventeranno 2 + 8 + 1 = 11, come per un metallo alcalino. Il radicale NH4 che così risulta è instabile, si comporta come un metallo monovalente, e perde facilmente un elettrone in presenza di un atomo che lo possa ricevere, formando così lo ione ammonio:
Si spiega così perché la quinta valenza dell'azoto pentavalente deve essere sempre un'elettrovalenza. L'azoto tetracovalente invece si comporta come il carbonio, e la rassomiglianza con questo si estende alle posizioni dei quattro gruppi attaccati nello spazio. Come nel carbonio tetravalente, i quattro idrogeni dello ione ammonio sono posti ai vertici di un tetraedro, e possono dar luogo a composti otticamente attivi. Invece l'anione legato con la quinta valenza non è attaccato all'azoto in una posizione fissa, ma è attratto dall'insieme del gruppo NH4+.
I composti di ordine superiore e la teoria di Werner. - I composti come HCl, CaCl2, CaO s'indicano di solito col nome di composti di prim'ordine. Quando molecole del prim'ordine si uniscono fra loro per formare nuovi composti, questi prendono il nome di composti di ordine superiore. Esempî di questi composti sono gl'idrati, gli ammoniacati, i sali doppî, come KCl • MgCl26H2O, e infine i sali complessi, come, p. es., KBF4 = KF + BF3.
Nei complessi propriamente detti, molte delle proprietà che si trovavano nei sali di prim'ordine qualche volta scompaiono; così, mentre il fluoruro di potassio KF manda in soluzione ioni fluoro, il fluoborato potassico KBF4 non dà ioni fluoro in soluzione e si dissocia invece secondo lo schema: KBF4 = K+ + BF4-.
Il tipo particolare di valenza su cui si basa la formazione di composti di ordine superiore prende il nome di valenza coordinata. Tale formazione si spiega, ammettendo che un atomo, che prende il nome di atomo centrale, sia capace di, coordinare intorno a sé un certo numero di atomi, molecole e radicali, per formare uno ione complesso. Questo numero si chiama numero di coordinazione. Nel fluoborato di potassio il boro costituisce l'atomo centrale del complesso e ha numero di coordinazione 4. La teoria di questi composti è stata sviluppata da Werner ed è di notevole importanza per tutto un vasto campo della chimica inorganica.
Si era dapprima creduto di poter applicare ai composti del tipo del fluoborato potassico le stesse regole di valenza che si applicano ai composti del prim'ordine; e così per l'acido fluoborico si dava la formula
ma si vide subito che questa formula non era esatta, perché supponeva il fluoro bivalente. D'altronde, Werner stesso aveva potuto stabilire che, ad es., nel fluoborato potassico, il potassio non è legato in maniera particolare solo a un atomo del sale, come al fluoro o al boro, ma a tutto il complesso fluoborico. Egli riteneva che i 4 atomi di fluoro fossero legati al boro mediante valenze secondarie, e il potassio al gruppo BF4 mediante valenza principale.
La teoria elettronica fornisce una felice interpretazione della teoria di Werner. Infatti, se immaginiamo che il boro sia l'atomo elettropositivo del composto BF3 e supponiamo che un atomo di fluoro si avvicini alla molecola BF3, quest'atomo viene attratto, per formare uno ione complesso BF4-. E se ammettiamo con Kossel-Magnus che le forze di attrazione siano quelle coulombiane, trascuriamo la polarizzazione degli ioni e supponiamo che la costante dielettrica del mezzo interposto sia uguale a 1, possiamo dedurre dal calcolo che l'energia di formazione del gruppo [BF4]-è 5,11 • 108 • e2 erg.; l'energia di formazione della molecola BF3 è invece 4,71 • 108 • e2 erg; per lo ione [BF5]″ sarà 4,53 • 108 • e2 erg e per [BF6]‴ sarà 4,27 • 108 • e2 erg. Si vede perciò che l'energia di formazione dello ione [BF4], in base alla teoria di Kossel-Magnus è di gran lunga superiore a quella che si calcola per gli altri ioni. Si dimostra, che nel caso dei fluosilicati lo ione più stabile è (SiF6)″, mentre si può dimostrare che non può esistere uno ione analogo [CF6]″.
Per quel che riguarda lo scambio degli elettroni, in BF3 il boro cede un elettrone ad ogni atomo di alogeno, e da ognuno di questi ne prende uno:
Gli atomi di fluoro completano così i loro ottetti, mentre il boro ha soltanto 6 elettroni scambiati. Questa però è una condizione instabile, e atomi con ottetti incompleti tendono sempre a completarli. Pertanto, se il boro prende un altro elettrone, esso sarà ancora capace di combinarsi con un quarto gruppo; avrà 4 elettroni di valenza come il carbonio, e però la sua quarta valenza sarà negativa. Si avrà cioè lo ione
corrispondente a NH4 con gli ottetti di tutti gli atomi completi.
Una spiegazione analoga si può dare nel caso del cloruro di platinammina [Pt++(NH3)4]Cl2. In esso il platino ha un numero di coordinazione 4 mentre la sua valenza principale è 2. Nel complesso vi sono 4 molecole di ammoniaca, ognuna delle quali possiede una coppia libera di elettroni, che cede allo ione Pt++, sicché risulta in definitiva lo ione
La carica risultante positiva resta invariata, perché gli otto elettroni ceduti dalle quattro molecole di ammoniaca non la modificano, e perciò viene conservata la bivalenza del Pt++.
Nei complessi ha interesse conoscere il numero elettronico effettivo, che risulta dalla somma algebrica di tutti gli elettroni che vengono ceduti o acquistati dagli atomi che fanno parte del complesso. Nel nostro caso, siccome il Pt ha in origine 78 elettroni, e due vengono ceduti nella formazione dello ione Pt++, e 8 vengono dati dall'ammoniaca, si ha come numero atomico effettivo 76+8=84, vicino cioè a quello del gas nobile emanazione, che ne ha 86.
Nel complesso [Co++(NH3)Cl](NO3)2 invece si ha N = 27 + 1 + (2 × 5) − 2 = 36. Questo numero corrisponde al numero atomico del Kripto e in tal caso è interessante notare che il complesso, pur contenendo un elemento paramagnetico come il cobalto, non è più tale. Anche i complessi del rodio con l'etilendiammina hanno un numero atomico 54, pari a quello dello Xeno sono diamagnetici, e i complessi dell'iridio e del platino che giungono a un numero elettronico effettivo di 86 pari a quello dell'emanazione, sono diamagnetici.
Composti molecolari. - Un importante tipo di coordinazione si ha infine nei composti che risultano dall'unione di due molecole capaci di esistenza singola, e aventi due ottetti completi. Questi composti sono noti in chimica organica e costituiscono i cosiddetti composti molecolari. Così ad es. CCl4 forma composti con l'acetone, l'acetato di etile, e l'etere; il cloroformio si combina con CH3OH e con l'etere. Secondo Lowry e Bennett è molto probabile che in questi casi uno dei componenti agisca come datore e l'altro come accettore, fomiandosi un legame coordinato. Negli eteri, ad esempio, l'atomo di ossigeno ha due coppie di elettroni; sotto l'influenza dei gruppi che nella stessa molecola tendono ad allontanare gli elettroni, questi possono essere dati a un conveniente accettore. Gli atomi di cloro in CHCl3 e CCl4 possono comportarsi come accettori, probabilmente perché gli alogeni hanno tendenza ad aumentare anche oltre otto i loro gruppi esterni di elettroni. I composti che si ottengono hanno una formula del tipo:
In molti casi vi può essere passaggio continuo dal tipo di legame elettrovalente a quello covalente, e soltanto quando uno dei due tipi predomina nettamente, si può assegnare alla combinazione un carattere definito; cosicché HCl, HBr, HI sono allo stato gassoso o liquido praticamente non polari, mentre in soluzione si comportano come composti tipicamente polari.
Per maggiori notizie su queste transizioni da un tipo di legame all'altro, v. omopolari ed eteropolari, legami.
Bibl.: S. Glasstone, Recent Advances in Physical Chemistry, Londra 1931; Sidgwick, The Electronic Theory of Valency, ivi 1929; Remy, Lehrbuch der anorganischen Chemie, Lipsia 1931; Riesenfeld, Lehrbuch der anorganischen Chemie, ivi 1934; Eucken, Grundriss der physikalischen Chemie, 4ª ed., ivi 1934; Rolla, Lez. di chim. gen. e inorg., Roma 1933; N. Parravano, Lez. di chim. gen. e inorg., ivi 1935; Ephraim, Chemische Valenz und Bindungslehre, Lipsia 1928; Dupont, Sur la covalence, in Bulletin Soc. Ch. de France, IL; Croze, La structure électronique des atomes, ibid., XLVII; Allard, La théorie de Kossel-Magnus, ibid., XLVII; Bauer, Théorie quantique de la valence. Les liaisons homéopolaires, ibid., s. 5ª, I (1934); Mazza, Corso di chimica, 1936.