GHIGLIA, Valentino
Primogenito del pittore Oscar e di Isa Morandini, nacque a Maiano di Fiesole, presso Firenze, il 19 luglio 1903. Insieme con suo fratello Paulo, di due anni più giovane, seguì le orme paterne e si dedicò alla pittura mentre i loro fratelli Erasmo, Emilio e Benedetto si diedero alla musica.
Nella bella casa di Maiano, sulla collina tra Fiesole e Firenze, il G. ebbe modo di frequentare gli amici del padre, come G. Papini, B. Cicognani, E. Sacchetti, L. Andreotti, il musicista P. Pichi con la moglie violinista, presenze, queste, che accompagnano la crescita dei figli anche nel periodo che, tra il 1920 e il 1927, vede la famiglia trasferirsi in via del Salviatino a Firenze.
Pur risentendo della caratteristica cifra stilistica del padre, che impostava con sobrietà di disegno composizioni cariche di colore denso e acceso, steso a scaglie di ricordo cézanniano, i due fratelli si orientarono verso ricerche diverse: il G. amava confrontarsi con il paesaggio, studiava la natura, si alzava sovente alle prime luci dell'alba, vagando per le colline sopra Firenze, e tornando con abbozzi di paesaggio o con nature morte di rami di pesco, di melo, di mandorlo, isolati e stagliati su fondi di cielo cobalto; ricerche, queste, che si evidenziano nei dipinti Tralcio di melo del 1925, Le pesche di Rosano e La finestra del 1927, o in quadri dei pieni anni Trenta quali Girasoli e Balle di brace, lavori conservati in collezioni private e pubblicati nel catalogo della retrospettiva del 1975.
Frattanto sia il G. sia Paulo maturarono un sentimento di acuta conflittualità con il padre, dalla cui personalità si sentivano soffocati, nonostante che alcuni amici di Oscar, come i pittori M. Puccini, L. Lloyd e i collezionisti M. Galli ed E. Checcucci, incoraggiassero i due giovani pittori a proseguire nella ricerca artistica: questi contrasti si acuirono negli anni Venti, quando U. Ojetti avanzò la proposta di una piccola pubblicazione sull'opera del G. che venne apertamente ostacolata dal diniego paterno (Paloscia).
Incoraggiato da Checcucci, che acquistò e commissionò varie opere ai due fratelli, il G. partecipò nel 1928 alla I Mostra regionale d'arte toscana di Firenze (vi prese parte anche Paulo) e nel 1929 espose insieme con il padre e con il fratello alla galleria Pesaro di Milano, presentati da E. Somarè. A questa esposizione, conclusasi con un buon successo di pubblico e di critica e con un insperato incasso che superava le 30.000 lire, fecero seguito, nell'autunno del 1930, una personale alla galleria Leonardo di Firenze e, quasi contemporaneamente, un'altra a Livorno, presso la storica Bottega d'arte; allo stesso periodo risalgono inoltre la mostra viareggina al Lido, la personale romana organizzata dalla Camerata degli artisti, fino alla personale genovese del 1941, tenuta presso la galleria Rotta.
A questo periodo di successi e incoraggiamenti, che arrivano agli anni Quaranta, corrisponde una ricerca pittorica per certi versi ancora legata all'impronta del padre. Simile appare la stesura pittorica, densa e come scheggiata, a lamelle di colore; talvolta appaiono perfino alcuni dettagli o oggetti della casa, già ricorrenti nelle nature morte del padre. Tuttavia si intuisce che l'approccio all'immagine e al tema nel G. è più moderno, così pure il taglio della composizione e il gusto della forma: anziché rimandare al sapore dell'interno domestico, avvolgente e rassicurato dall'intimismo di piccole cose senza valore venale, ma di vibrante liricità, come nelle composte fermissime nature morte del padre, le scelte del G. appaiono riferirsi a un'altra sensibilità, piuttosto vicine al realismo del B.M. Bacci contemporaneo, nel periodo che vede affermarsi a Firenze il gruppo del Nuovo Umanesimo. Un contorno inciso, serrato, chiude in muto isolamento i frammenti di nature morte d'orto o di giardino, composte con tagli particolari di gusto fotografico, con l'effetto di decontestualizzare brani particolari di un ramo, di un grappolo di frutti, di balle di brace, come nei tralci di vite o nei ramoscelli di quercia autunnale, la cui forma rimanda all'amore dell'artista per le stampe giapponesi. Queste esperienze dimostrano il G. interessato ad aggiornare l'esempio paterno, a vantaggio di un più accentuato interesse per la forma nella sua autonomia, come traspare in Pesche dei primi anni Trenta o in certe opere più tarde, quale Cardi selvatici del 1953 (entrambi i dipinti sono riprodotti nel catalogo del 1975).
Nel dopoguerra il G. confermò il proprio interesse per la veduta: dipinse paesaggi di Rosano, del Casentino, dell'isola del Giglio e dell'Elba, ma anche di Parigi, dove l'artista allestì due personali alla galleria Weil, in avenue Matignon, nell'ottobre del 1955 e nel gennaio del 1956.
In questa seconda stagione la pittura del G. perde gli spessori materici e la fermezza di visione del periodo precedente, a vantaggio di immagini più rapide nella stesura pittorica ma spesso più obsolete nel taglio compositivo, meno pregnanti dunque e più corsive nella fattura; come si nota nei paesaggi Marina ad Abu Wraech del 1955, o Cinqueterre e Portovenere del 1956 (catal. Farsetti, Prato, ottobre-novembre 1998).
Negli anni Cinquanta allestì personali a Milano, presso la galleria Ranzini (1951) e presso la Cairoli (1959); a Roma, alla galleria Giosi (1954) e al Camino (1959); e nuovamente alla galleria Rotta di Genova (1955 e 1956). Nel 1952 prese inoltre parte alla Quadriennale nazionale di Roma e vinse il premio Città di Belluno.
Il G. morì a Firenze il 25 ag. 1960.
La sua attività appare lontana dalla sperimentazione nazionale e internazionale del dopoguerra, e rimase relegata in esperienze che, sia nella scelta dei temi sia nell'impegno stilistico, rimasero radicate a un gusto limitatamente provinciale e tradizionale.
Suo fratello Paulo, nato a Firenze nel 1905 e morto a Roma nel 1979, fu soprattutto ritrattista, particolarmente attento all'interpretazione psicologica dei modelli, come già si manifesta nei due Autoritratti giovanili (Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti) o nel Ritratto di Maria Fanfani del 1927 (già collezione Enzo Fanfani, Firenze: catal. Farsetti, Prato, ottobre-novembre 1998). Egli soggiornò spesso alla Verna, luogo incontaminato dove ritornava dopo più mondani ed effervescenti periodi di lavoro a Roma e a Los Angeles. Negli Stati Uniti, dove soggiornò per sei anni, era stato condotto dalla fama di ritrattista che si era costruito durante il soggiorno romano, come si ricava dal catalogo dell'antologica di Roma del 1973 dove sono citati i ritratti di Ida Einaudi, di Giovanni Gronchi e di Maria CelesteRuspoli.
Fonti e Bibl.: C. Giachetti, V. G., in La Nazione, 23 dic. 1929; M. Biancale, V. G., in Il Popolo di Roma, 27 nov. 1930; A. Del Massa, V. G., in La Nazione, 18 nov. 1939; Personale di V. G. (catal., Galleria d'arte), Firenze 1942; M. Biancale, P. G. pittore, Roma 1945; M. Torelli, V. G. pittore nuovo, in Corriere del Tirreno (Livorno), 22 ott. 1942; V. G. alla galleria Spinetti (catal.), Firenze 1957; Mostra antologica di P. G. (catal.), Roma 1973; V. G. (catal., galleria Spinetti), a cura di R. La Capria - T. Paloscia, Firenze 1975; P. G. alla Verna (catal.), a cura di T. Paloscia, Chiusi della Verna 1986; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori…, III, Milano 1972, s.v. (anche per Paulo).