Imperatore romano d'Occidente (Ravenna 419 - Roma 455). Figlio di Costanzo III e Galla Placidia, nel 425 succedette a Onorio. Durante il suo regno il dilagare delle popolazioni barbariche raggiunse l'apice, sancendo il declino dell'Impero. Dopo che ebbe ucciso per invidia Ezio, l'ultimo grande generale romano, l'odio verso la viltà di V. armò la mano di alcuni congiurati, che lo uccisero.
Nato da Costanzo III e da Galla Placidia, sorella di Onorio, fu da questi designato alla successione nel 421. Fuggito a Costantinopoli con la madre per un contrasto sorto tra questa e l'imperatore, dopo la morte di Onorio ottenne la successione al trono imperiale. Fu nominato Cesare (424) e incoronato solennemente a Roma, dopo che l'effimera usurpazione di Giovanni fu abbattuta da Aspar e Ardabur, generali dell'imperatore Teodosio II (425). L'impero d'Occidente sotto V. giunse alla sua crisi definitiva: gran parte delle regioni di questo erano quasi in mano dei barbari e anche l'Africa settentr. fu perduta, conquistata in breve tempo dai Vandali. In Italia si acuirono le rivalità tra Ezio e Bonifacio, favorite dalla leggerezza della madre dell'imperatore. Ezio, vincitore del rivale, fu guida abile per il giovane imperatore e rinsaldò l'amicizia di Roma coi popoli stanziati entro i confini dell'Impero, rendendo in questo modo possibile sostenere l'impeto degli Unni; egli riportò infatti su Attila la grande vittoria dei Campi Catalaunici (451). L'inetto e debole imperatore si lasciò però influenzare dai nemici del grande generale: lo prese in odio, e un giorno lo colpì a morte con le proprie mani (454). L'atto inconsulto acuì l'odio che già V. aveva suscitato con la sua vita licenziosa; l'imperatore fu ucciso da congiurati sulla Via Prenestina. A V. si può riconoscere un certo impegno sul piano legislativo; con Teodosio II egli concordò la validità reciproca, in Occidente e in Oriente, delle norme del Codice Teodosiano, pubblicato nel 438.